RIFLESSIONI AD UN ANNO DI DISTANZA:
Torniamo ai ragazzi…
Bisogna smettere di attendere che le cose tornino come prima, altrimenti rischiamo di andare in blackout emotivo e si possono cronicizzare stati quali: la paura, l’ansia, la preoccupazione. Essi possono portarci a vivere in una condizione di allarme che può diventare disturbo d’ansia e dell’adattamento. Non fare sta diventando la normalità. A lungo andare diventa un processo che spegne.
Non avere più niente da attendere potrebbe significare non sperare. La speranza è quel movimento interiore che ci spinge ad andare avanti, ad andare incontro a situazioni che speriamo possano verificarsi, ci porta ad agire, al contrario di quello che oggi fanno i giovani, gli adolescenti: vivono in una sorta di limbo, carico di incertezza, che a sua volta blocca la progettazione.
Emerge la necessità di controllo, ma quello che non possiamo controllare ci scombussola.
Il tempo ha cambiato connotazione: lo sentiamo scorrere secondo per secondo, ci mette nella difficoltà di poterlo ingannare, ci porta la noia, che invece di essere foriera di creatività, ci spegne la progettualità e porta apatia.
“A mancare non è l’aperitivo, ma il senso dell’aperitivo: la birra con l’amico è quel momento di condivisione e di distacco, in cui faccio qualcosa con un’altra persona. Un momento che mi arricchisce emotivamente, che rinforza un legame. Il confronto è crescita. Quando ci sono questi rinforzi positivi vengono rilasciate una serie di sostanze che vanno a riattivare delle aree cerebrali che generano il benessere. Vivere in una relazione sociale significa affrontare se stessi quotidianamente. La piccola sfida ci attiva a livello cerebrale, ci spinge ad andare oltre” (cit.)
Molti giovani hanno reagito, adattandosi, modificando le relazioni. Molti altri però non hanno accettato il cambiamento, trovandolo ingiusto e finendo per subirlo: sono quelli che la pagheranno di più, con conseguenze psichiche a lungo termine.
Tutto questo non durerà il tempo di una pandemia.
Bisogna intervenire oggi, prima che sia troppo tardi.
Dr.ssa Mazzucato