Sanremo 2024, il trionfo dei "poteri forti"

Sanremo 2024, il trionfo dei "poteri forti"

Amare sono le conclusioni ora che, come un’amatissima Cenerentola, Amadeus ha rotto l’incantesimo del Festival allontanandosi a bordo di una romantica carrozza: a Sanremo 2024 non ha trionfato la musica.

Il terremoto c’è stato, l’Ariston è andato metaforicamente distrutto e scavando ora tra le macerie, tra i primi resti emersi ci sono le profonde contraddizioni dell’evento stesso, le disparate criticità dai bassi quanto mai potenti e soprattutto capaci di ridimensionare quella flebile Noia vincitrice, già ridotta a musica d’ambiente.

A volerlo salvare questo Sanremo ormai concluso, altra via d’uscita non c’è se non spostare plasticamente l’attenzione dall’appannaggio della vincitrice al vero vincitore, Amadeus. 

Figli di Fai rumore, di Zitti e Buoni, di Brividi e Due Vite, La Noia di Angelina godeva di un destino scritto ancor prima che il “sistema” deviasse il naturale corso del fiume come una diga: essere una bella canzone da Sanremo, non LA canzone di Sanremo. Senza nulla togliere ad una giovane ragazza dalle grandissime potenzialità e dal futuro senza dubbio splendente, la vittoria reca con sé il sapor d’essere oggi conturbante espressione di un Festival molto poco evento popolare e molto spettacolo televisivo, apparentemente di tutti ma in mano a pochi. 

Scomodiamole letteralmente quelle odorose pantere, i celebri “poteri forti”: centinaia di voti che, per regolamento, hanno pesato più del voto di milioni. Escludiamo Angelina ed escludiamo anche Geolier dal discorso in senso stretto: agli atti rimane l’arroganza, un non troppo elegante anasyrma, la falsa illusione di aver “riportato ordine" pena l'aver seminato un po' di odio e un po' di zizzania qua e là. Sempre agli atti oggi rimane la prepotenza di chi anziché edificare sulle domande ha preferito al contrario partire dalle risposte, restituendo al pubblico una narrazione delle più pericolose sulla base di un “sospetto”. 

Temo che ricorderemo questo Sanremo per l'erezione di un muro, lo stesso che Amadeus aveva faticosamente abbattuto in 5 anni di polemiche, scelte dapprima impopolari e discutibili ma rivelatesi poi coerenti, giovani e vincenti. 

Un muro obsoleto, figlio di quel “deserto chiamato pace”, motivo d'orgoglio per un “sistema” superato, maleodorante e che eppure è ancora in essere e che non funziona diversamente da un bastone dimenato di tanto in tanto per ricordare al popolo che è libero, ma all’interno del recinto.

Sempre funzionale al “sistema” è stato anche tutto quello che è successo dopo l’erezione del muro, quando diverse fazioni si sono ritrovate a gridarsi improvvisamente contro l’un l’altra, amici e poi nemici. Nemmeno la vittoria finale ha stemperato il clima, i malumori diffusi e peggiori conseguenze ha avuto l’armatura valoriale che si è deciso di cucire addosso alla vincitrice, un'armatura che anziché proteggerla rischia di soffocarla a colpi di titoli che continuano a trattare con sorpresa e stupore il fatto che una donna, dopo 10 anni, sia stata capace di vincere. Qui è il caso di dirlo: CHE NOIA, TOTAL. 

Al vecchio e macho "sistema" però piace così, stupirsi se vince una donna e indignarsi se si parla di “cessate il fuoco”. Da Ghali a Geolier, c’è stata la rivoluzione sul palco dell’Ariston, un moto di cui Amadeus è stato complice nel suo aver saputo interpretare la contemporaneità lavorando ad un dialogo non tanto tra passato e presente ma tra passato e futuro. Cade allora la maschera del Festival di Sanremo che sembra pagare il prezzo di chi si è dimenticato di essere prima di tutto un prodotto commerciale, una macchina che conosce il linguaggio dei soldi e della pubblicità. 

Cosa resta da fare ora alla Rai per rimediare? Evitare di convincersi che il problema sia necessariamente fuori dal sistema e tornare postulante ai piedi di Amadeus in cerca di un disperato sesto Sanremo. Diversamente, avoglia a scriverne di comunicati che impongano il silenzio di fronte a discriminazioni e guerre del presente che nemmeno la stampa sa più leggere né raccontare. 

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