Spiritualismo e Illuminismo

Che cos’è l’Illuminismo? La domanda percorre tutta la

filosofia moderna, a partire da Kant, che lo risolse con una

formula (“l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui

egli stesso è colpevole”) che, tutto sommato, ha poco a che

fare con l’illuminismo francese vero e proprio a cui lo

stesso filosofo di Koenigsberg faceva riferimento, poi

occupa a Hegel e si pone fino a Schopenhauer, perfetto

illuminista ma, proprio lui, del tutto alieno dalla più

superficiale moda dei lumi che caratterizzava la cultura

tedesca di quegli anni.


Potremmo dire che la filosofia illuminista è troppo varia

per essere unificata in una sola tipologia concettuale.


Come invece accade proprio oggi.


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Si va da Rousseau, nemico degli illuministi in quanto

polemico contro la “civiltà” che distrugge i costumi

primitivi e nemico della sapienza che è correlata, secondo

lo stesso Rousseau, per ogni scienza positiva, a un vizio e a

un difetto degli uomini e delle società, fino a Voltaire, che

invece idealizza la Ragione e esalta il progresso materiale e,

quindi, la liberazione degli uomini dalle “belle fole”

religiose e mistiche.


Un tratto tipico dell’illuminismo è l’oscillazione tra deismo

e ateismo, laddove il deismo è sempre riferibile ad un Dio

Unico che non si occupa delle attività degli uomini, ma li

remunera indefettibilmente secondo i loro meriti.


L’ateismo illuminista è invece caratterizzato dall’odio

verso tutte le religioni rivelate e dall’idea che l’uomo e la


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natura siano spiegabili solo scientificamente e in modo del

tutto materialistico.


Ecco, un ulteriore tratto comune dell’Illuminismo è quello

della messa tra parentesi di tutta la tradizione ricevuta, della

“storia” o della valutazione soggettiva dei fatti e dei dati.


La misura di tutte le cose è sempre il giudizio del singolo

secondo la illuministica “retta ragione”, che è un criterio

etico e sociale che imita il procedimento sperimentale delle

scienze fisiche.


Ma qui arriva il primo problema storiografico.


La “Ragione” come noi la intendiamo, ancora oggi, è il

frutto di un processo culturale che però non ha tutte quelle

interruzioni che l’Illuminismo pretende di stabilire con le

sue assunzioni di principio.


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La razionalità nasce dalla lunga e mai conclusa storia del

pensiero filosofico e scientifico, da Aristotele come da

Pascal fino ad oggi e nel prossimo futuro.


Nessuna razionalità è fuori dalla continua storia della

ragione umana, ma l’Illuminismo ha sempre preteso di

imporre il proprio modello di Ragione, che è ricalcato, in

Voltaire come in molti altri illuministi, dalla scienza

newtoniana.


La specifica razionalità di Cartesio, “massima superbia

della filosofia”, come la definì Paul Valéry in una sua

biografia di Descartes, nasce dalla seconda scolastica di

Oxford, con Ruggero Bacone e il primato dell’esperienza.


Senza la logica dei francescani oxoniensi, non vi sarebbe la

possibilità di descrivere completamente il reale in un

paradigma concettuale unico.


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E, senza la teorica del nota notae est nota rei ipsius,

laddove il segno rappresenta integralmente il suo

significato, non avremmo la scienza galileiana e l’analisi

matematica dello stesso Cartesio.


Sul piano della teoria della logica, la regola della scolastica

oxoniense che “nota notae est nota rei ipsius” permette

infatti di trasferire nel simbolismo logico tutte le regole dei

fenomeni reali.


In Cartesio, inoltre, la pura meccanicità del mondo e la

separatezza assoluta tra Mente e Realtà ci ricordano la

Gnosi e le tradizioni eretiche dei Catari e dei manichei,

secondo i quali Cristo ha ci ha insegnato a rifiutare il

mondo della carne e, quindi, il mondo, che è dominato dalle

forze maligne, anch’esse creature di Dio.


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Temi dell’esoterismo rinascimentale e del cristianesimo

eretico e minoritario sono sempre presenti nelle teorie

illuministe, dal rifiuto della SS. Trinità, tipico della filosofia

di Newton, ala teoria degli “infiniti mondi” di Bruno, che il

Nolano riprende da Pitagora e dall’esoterismo orientale.


Newton era un mago, un indagatore delle numerologie

occulte della Bibbia, non era certo uno scienziato

illuminista come viene disegnato da Voltaire e dai teisti.


Nella teoria cartesiana, lo ricordiamo, ogni dato ha un suo

riferimento esatto nella cartografia concettuale e linguistica

della scienza.


Il mondo reale può essere ricostruito integralmente nel

Pensiero e, quindi, vale unicamente la Mente e non la

Realtà che, da sola, è solo caos primigenio.


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Senza Descartes non vi è illuminismo, ma senza

l’illuminismo non si realizza quel particolare passaggio

occulto tra tradizioni sapienziali medievali e rinascimentali

e il mondo moderno o, per meglio dire, il suo mito della

scientificità oggettiva.


Non a caso è Descartes che scopre o, per meglio dire,

inventa, l’analisi matematica, in cui ogni punto dello spazio

è identificato su due assi, le ascisse e le ordinate.


Cartesio va in pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto,

non è un ateo.


Non lo è nemmeno Rousseau, che litigherà con gli

illuministi britannici, ambiguamente atei, non è ateo

Montesqieu, che nel suo “Spirito delle Leggi” riterrà la

religione come un elemento di base, tra gli altri, sui cui

modellare le norme pubbliche.


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Sono invece del tutto atei La Mettrie e d’Holbach, per

esempio, o Helvetiùs; e qui l’ateismo ha la funzione

specifica di supporto alla scoperta della vera natura

materiale dell’uomo, della natura e del cosmo.


E’ un misticismo materialista, in effetti, la trasposizione in

termini oggettivistici dell’universalismo pitagorico.


Sempre per fare riferimento a Cartesio, vi è tutta una lunga

bibliografia lo identificherà, non sappiamo con quale

fondamento, “fratello Rosa+Croce”.


Tra riti iniziatici di natura massonica, tipici di gran parte

dell’intellettualità illuminista, a tradizioni occultiste che

caratterizzano anche l’esperienza cartesiana, con i rituali

alchemici ai quali talvolta egli si concedeva, alla morte

terribile e ambigua dello stesso Newton fino ai riti di tipo

satanista di Karl Marx, tutto ciò che noi chiamiamo


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illuminismo è preda di una serie di tradizioni nascoste ma

fortissime, di riti che passano dalle sette medievali e

rinascimentali alla “scienza ufficiale”.


E’ come se ciò che prima era palese, la magia dei circoli

fiorentini, quella di Maria de’ Medici alla corte di Francia,

le pratiche esoteriche di Keplero, figlio di una donna

condannata per stregoneria, il mesmerismo terapeutico delle

corti europee, le apparizioni di Swedenborg, di cui si

occuperà ironicamente Kant, ciò che è appunto palese

diviene occulto, mascherato dalla “piena luce dell’Oriente”


illuministico.


Ed ecco un primo indizio, ovvero la presenza di una faglia

di athei detecti nell’Illuminismo europeo.


Da Helvetiùs a D’Holbach, dall’abate Meslier fino a La

Mettrie, una parte notevole dell’Illuminismo è ateo nella


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misura in cui prevede l’”uomo pianta” e l’”uomo

macchina”; ovvero l’uomo perfettamente ridotto a servo

senza anima alcuna e senza identità propria.


L’”uomo macchina” è, oltre che una ipotesi ingenuamente

scientista, un desiderio di dominio su quello che Nietzsche

definirà come “il gregge”.


Però la Rivoluzione Francese non è affatto atea, anzi, è

teista; e si regge su una metafisica di tipo newtoniano,

ovvero legata all’ipotesi di un Dio Unico, non separato (e

unito) in Tre Persone.


L’illuminismo politico, nella fase rivoluzionaria, si basa

sul diritto naturale, che presuppone logicamente una natura

divina e irriducibile presente in ogni essere umano.


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E’ questa la povera e semplice metafisica di Voltaire, e il

mito illuminista si basa sul fatto che le leggi terrene devono

essere semplici come quelle metafisiche.


Un Dio unico, con pochi comandamenti, e nessun culto

specifico.


Un Dio lontano, che si manifesta nella razionalità umana,

non nella sensibilità e nello Spirito e che si riflette nelle

buone opere, nell’etica pubblica, nel buongoverno.


E la spiritualità? Da un lato, essa si risolve nel futuro della

specie, ovvero dell’Umanità, ovvero ancora della Nazione.


Dall’altro, la spiritualità diviene, nella mitologia

illuminista, la parte non risolta dell’uomo, il fondo oscuro

da cui fuggire, la tenebra che avvolge la luce della Ragione

dispiegata e, insieme, il ritorno del passato mitologico,

religioso, autoritario.


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Il fondamento dell’Illuminismo è il rifiuto di ogni

trascendenza, da quella specificamente cristiana alla

metafisica classica precristiana, che pure è stata assorbita,

da San Tommaso in poi con Aristotele, nella tradizione

filosofica dell’Occidente.


Per gli illuministi, il Reale è Finito, l’Uomo è solo “anima

razionale”, lo Spirito è pura immaginazione.


Ed infatti è proprio a partire dalla filosofia del Lumi che il

Romanticismo si caratterizzerà con le immagini più

fantasiose, i voli della fantasia più arditi, una complessità

dei sentimenti e delle sensazioni mai prima provata.


Ma la spiritualità sarà, proprio per questo, indistinta e

relegata nella sfera del soggetto, non sarà più possibile una

tradizione spirituale sociale, storicamente attiva e


condivisa.


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Tutto viene ridotto a rapporti oggettivi e reali, niente è più

carico di futuro e nulla rimane imprevedibile.


La Razionalità si è impadronita della storia e della società,

quindi tutto diventa schematico, ripetitivo, eterno e

semplice.


La comunità umana viene ridotta a quello che Marx e

Engels definiranno “la nuda oggettività del dominio”.


Nella nuova filosofia illuminista, che caratterizzerà tutta la

modernità occidentale, lo Spirito è un indistinto, un

freudiano “perturbante” da allontanare da sé, il ritorno del

rimosso, ciò che è alieno da ogni legge o regola.


Si pensi, qui, alla differenza, che viene notata proprio

dagli illuministi, tra lo Spirito Unico che caratterizza le

religioni rivelate di tradizione mosaica e il politeismo


antico.


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Il “rimosso” panteistico, come accade in alcuni racconti di

Heinrich Heine, è utilizzato in polemica contro il Dio

Unico, Padre e Padrone autoritario delle anime, mentre gli

dei degli antichi, che divengono agenti del Maligno, si

trasformano in modelli positivi di eros, passione, gioco,

amore carnale.


La filosofia dei Lumi non annulla la metafisica e la

spiritualità, ne cambia semplicemente il segno.


Dall’Illuminismo sorgerà anche il misticismo moderno,

come quello dei Positivisti di Comte e di Saint Simon, dove

i Santi sono sostituiti dagli scienziati e la Santa Vergine è

concepita nelle fattezze di Clotilde De Vaux, l’amore non

corrisposto dello stesso Auguste Comte.


Se lo Spirito è l’Eterno, lo spiritualismo positivista (che si

ritrova già in molti illuministi) in Comte, erede dei Lumi,


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diventa Progresso, ovvero Futuro, futuro inteso come

estensione dei principi scientifici del presente.


La teoria dei Lumi è una filosofia del tutto antitradizionale,

una teoria che ipotizza uno “stato di natura”, un inizio del

Mondo in ogni uomo e in tutte le epoche storiche, quindi

non vi è necessità di Tradizione, di trasferimento di notizie,

di sapienza, di costumi da una fase all’altra della storia


umana.


Se andiamo quindi a studiare i miti che muoveranno la

rivolta del 1789, troveremo una congerie di piccoli

fanatismi di massa che, come ci ha spiegato Robert

Darnton, sono legati alla letteratura popolare: romanzi che

parlano degli scandali sessuali nei conventi, delle pratiche

erotiche dei sacerdoti, dei vizi nascosti dei “potenti”.


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La Rivoluzione Francese non è figlia di Rousseau o di

Voltaire, ma della fanatizzazione materialistica delle masse,

impoverite dai costi della guerra in America e da una

aspettativa carnascialesca di piaceri della carne e dello

stomaco.


Nulla di più, nulla di meno.


Quindi, l’Illuminismo è una filosofia incompleta, ingenua

talvolta, spesso rapsodica e molto differenziata al proprio


interno.


Più una accolita di grandi e spiritosi scrittori, direi quasi

dei bravi giornalisti, piuttosto che un gruppo di brillanti

filosofi.


E’ con l’Illuminismo che finisce la vera storia della

filosofia occidentale, che è manifestazione dello Spirito e,

come ci ha insegnato Giorgio Colli, lo specifico passaggio


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dalla “sapienza” greca dei presocratici, strumenti diretti

dello Spirito, al logos visibile, alla apparente spiegazione di

una visione originaria.


Come ha vinto, la filosofia dei Lumi, almeno fino ad oggi?

Semplice.


Perché essa ha camminato sopra un processo di

industrializzazione e di laicizzazione della società che in

parte ha causato, in parte è risultata come un effetto.


Il limite è chiaro: sono le masse popolari.


Che rimangono largamente estranee alla artificiale teoria

della Ragione, che peraltro mai ha dominato la Storia,

mentre l’illuminismo si caratterizza come filosofia o,

meglio, visione del mondo di alcuni settori delle classi

dirigenti, e nemmeno in questo caso la filosofia dei Lumi li

caratterizza in modo omogeneo.


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Quando Napoleone I decide di mandare al macero gli

“idéologues” sta infatti programmando l’accordo con la

Chiesa Cattolica.


L’Imperatore si è stufato degli Ideologi che credono di

aver creato una “scienza delle idee”, che permette di

costruirne di nuove sulla base di un meccanismo

combinatorio, Napoleone è un uomo d’azione come pochi,

e “lo spirito del mondo a cavallo”, come lo definirà Hegel,

vuole l’appoggio delle masse, non il sostegno costoso delle


élites.


Il Concordato del 1801 tra l’Imperatore dei Francesi e il

Papa Pio VII, che peraltro implicava il ritorno alla Chiesa

del simulacro di Nostra Signora di Loreto, è il punto di

svolta tra Illuminismo e Spiritualità, almeno quella

tradizionale, pre-rivoluzionaria, che è stata offesa dalle


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stragi dei sacerdoti “refrattari”, a decine di migliaia, fino

alle conversioni obbligatorie dei regimi post-1789.


Diremmo che l’Illuminismo è una vera “contro-

iniziazione”, per usare le categorie di Guénon, una teologia


rovesciata che cerca di annullare le categorie naturali dello

Spirito sostituendole con concetti astratti e inusitati.


Di qui, la storia della spiritualità moderna.


Da un lato, la ricerca dello spazio oscuro dell’anima, basti

qui pensare a Baudelaire e, soprattutto, a Huysmans, o alla

imprevedibilità della natura profonda dell’uomo, come in

Dostoevsky, dall’altro la costruzione, attraverso vecchie

tradizioni magiche orientali e occidentali, di una spiritualità

specifica dei Lumi, una metafisica soggettiva.


E’ con il positivismo che ritorna lo spiritismo, riprendono

le apparizioni degli spettri, a cui si dedica Conan Doyle, il


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creatore di Sherlock Holmes, le pratiche magiche, la

metempsicosi, le evocazioni delle “presenze”.


Distrutta la metafisica e la spiritualità vere e tradizionali,

l’Illuminismo vittorioso cerca di tranquillizzare gli uomini

con i vecchi sottoprodotti della magia.


E questo lo vedremo all’opera nel nazismo, che avrà una

faccia visibile tecnocratica e materialista-positivista e una,

invisibile, esoterica e maligna, con la tecnocrazia

democratica, che proporrà spiritualismi da Età

dell’Acquario e “viaggi” psichedelici, addirittura nel

bolscevismo, con i “costruttori di Dio” di Lunaciarsky e il

“cosmismo” mistico che farà da sfondo alle avventure

scientifiche dei sovietici nello spazio.


Impossibilità di distruggere la spiritualità da parte

dell’illuminismo, ma evidente capacità, da parte dei Lumi,


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di trasformare, deformare, invertire il segno dello Spirito,

trasformando la Sapienza in una semplice tecnica.


Ed è proprio questo che farà perdere la filosofia dei Lumi,

alla fine.


Giancarlo Elia Valori

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