Storie ai margini (della strada)
Roma, Centocelle per caso. Poesia sul muro

Storie ai margini (della strada)

“Che c’avete da guarda'? Signori, andate via. E tu torna indietro, vai pure contromano, vai”. I poliziotti guardano l’auto ribaltata sui binari del tram e aspettano i vigili del fuoco. Anche l’autambulanza li aspetta, anche noi, chi in strada, chi dal balcone. 

La scorsa notte c’è stato un incidente sotto casa. Nel sonno di un venerdì sera ancora da coprifuoco, pure se ritardato di un’ora, il fischio delle gomme e il botto secco di lamiera contro un albero hanno fatto più paura, sono entrati dentro le intimità e quelle si sono sentite chiamate a uscire, a partecipare

“Mi senti, oh, ci sei? Ci senti?” Un uomo e poi gli altri chiamano la persona alla guida senza avere risposta, chissà come e dove sta. Non sono curiosi, non fanno pubblico, siamo parte della scena estrema. Le storie sono questa roba qui: lembi di un lenzuolo che fino a qualche minuto prima tiravi solo nel letto e dopo qualche secondo ci trovi sotto altri, finiti dentro lo stesso fatto. Non è curiosità, quello è un impulso e dura poco, non è capannello per noia perché sono pochi stavolta quelli accorti, è presenza fino al sospiro di sollievo, fino a scoprire chi è l’assassino, fino alla musica che irrompe e chiude le scene. Fino all’arrivo del pompiere coi suoi strumenti di lavoro. E’ bisogno di stare nel gruppo e fare circolo, perché soprattutto nelle storie di paura sapere che nel buio c’è una mano che conosci, una mascherina che t’aspetta non è da poco. E’ bisogno di comunità.

E la storia non finisce qui, i lembi del lenzuolo vanno riportati a casa e la mattina dopo bisogna rifare il letto per bene. Proprio come nella bellissima scena del cavalluccio rosso con Riccardo Pazzaglia in Così parlo Bellavista, di Luciano De Crescenzo: successo il fatto se ne parla e se ne riparla. E ognuno aggiunge qualcosa.

Dice uno che l’ha saputo dalla barista, che però non abita qui e allora qualcun altro gliel’ha detto. E’ il portiere Roberto, presente sul posto. Dice un altro che qui ne sono successe sempre tante. Ricordo che il ragazzino cinese del piano di sopra una volta decise di andare dai vigili urbani portando il tablet in cui aveva registrato gli ultimi incidenti al grande incrocio e il tempo di regolazione dei quattro semafori: non sappiamo come finì ma gli incidenti diminuirono. Vedi che basta poco per entrare nella storia, in quella raccontata e in quella del quartiere?

Dice il negoziante che evidentemente correva troppo, l’uomo alla guida, ed è un po’ come quando correvi, magari cadevi e ti facevi male e tua madre intimava: “Se non la smetti ti do il resto”. E magari te lo dava, perché i teaser non le sono mai piaciuti. Chiede la ragazza che fine abbia fatto la persona alla guida, è viva? Qualcun altro si fa perito, consulente, avvocato, qualcun altro chiede un altro cornetto e lo mangia seduto al sole, vicino ai rottami dell’auto che ancora sono tracce, e chissà per quanto, della brutta storia della notte.

Puoi dire che non ti piacciono le storie, e già questa è una bestemmia, ma nelle storie ci stai dentro, magari preferisci dormire, tenere le finestre chiuse, non essere disturbato ma certi suoni entrano lo stesso e lì allora scegli: mi giro dall’altra parte, oppure..?

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