5 punti chiave per la valutazione del rischio di violenza e molestie sul lavoro

5 punti chiave per la valutazione del rischio di violenza e molestie sul lavoro


Fino ad alcuni anni fa erano poche le organizzazioni che valutavano il rischio di violenza e molestie sul lavoro. Limitarsi al solo rischio stress consentiva di restare nella comfort zone, ed era quanto bastava per superare ispezioni e audit vari.

Credo di avere fatto le prime valutazioni del rischio violenze 7 o 8 anni fa, presso organizzazioni molto virtuose come HYDAC Italia / Italy e Infineum Italia, in quel periodo come estensione del rischio stress, ma con protocollo autonomo.

Dopo la ratifica della Convenzione ILO 190 (Legge 4/21), la ISO 45003 sui fattori di rischio psicosociale, è però la UNI PdR 125 sulla certificazione di genere a costituire il driver principale in base al quale le organizzazioni mi chiedono oggi di effettuare queste valutazioni. Tuttavia oggi si trova anche chi opera esplicitamente all'interno del perimetro del Decreto Lgs. 81/08, e in numero minore all'interno di un sistema sulla gestione delle diversità (ISO 30415).

I diversi approcci organizzativi al tema

Se mi è permessa una semplificazione direi che il posizionamento delle organizzazioni rispetto al tema delle violenze sul lavoro tende a essere, secondo il mio osservatorio, classificabile in:

  • Approccio reattivo: "Abbiamo un canale di segnalazione (whistleblowing) per intercettare gli eventi che accadono e dare risposte". In genere ci si basa su canali che nascono per altri tipi di problemi con l'illusione che possano funzionare anche per questo tema. Chi se ne occupa spesso è l'ufficio legale o HR.
  • Approccio umanistico: "Facciamo incontri di sensibilizzazione e informazione sul tema delle violenze sul lavoro; facciamo una periodica analisi di clima e di soddisfazione". Di solito è la funzione HR a portare avanti questo tipo di iniziative, qualche volta intrecciandole con azioni nel campo diversity and inclusion.
  • Approccio tecnico: "Facciamo una valutazione del rischio e gestiamo questo tema in prospettiva sicurezza e salute". Spesso è la funzione HSE o chi si occupa di sistemi di gestione a proporre il tema delle violenze in ottica di risk management.

Ovviamente questi tre approcci possono essere integrati, ma non lo sono quasi mai; l'approccio prevalente in un'organizzazione dipende dalla micro-politica interna e dai rapporti di forza e di sinergia tra funzioni. Talvolta vengono fatte cose quasi identiche da parte di funzioni diverse, senza che le iniziative parallele siano in contatto.

Alcuni punti per fare una buona valutazione di questi rischi

Una valutazione ben fatta dovrebbe avere alcune caratteristiche.

  1. Distinguere la valutazione delle violenze di origine interna da quelle derivanti da relazioni con terze parti (es. pubblico, appaltatori). Se gli effetti sulle persone esposte al rischio sono pressoché identici (ma non del tutto), dal punto di vista tecnico la valutazione del rischio dovrebbe prendere in considerazione variabili diverse, e le prassi di prevenzione tendono a essere in gran parte diverse.
  2. Individuare i gruppi di personale omogeneamente esposto (ad es. chi lavora al call center, chi gestisce reclami, ecc.) e descrivere le categorie in condizione di maggiore vulnerabilità (ad es. le donne, secondo quanto richiesto dalla ILO 190; ma anche i migranti, le persone in formazione, ecc.)
  3. Procedere a un'analisi del rischio raccogliendo con i metodi opportuni e con un appropriato livello di partecipazione i dati necessari a comprendere il contesto, i fattori di incertezza, i possibili danni, la presenza di fattori che aumentino la probabilità di danno, la presenza di fattori di mitigazione del rischio.
  4. Utilizzare una scala o una matrice per la valutazione del rischio. Personalmente utilizzo per le valutazioni di primo livello ("preliminari") una matrice di rischio qualitativa che include due variabili: vulnerabilità e esposizione, basate su dati organizzativi. Oppure per analisi più approfondite utilizzo matrici semi-quantitative per una valutazione parametrica basata sul confronto con dati statistici internazionali; in questo caso le matrici sono differenziate per i diversi tipi di episodio (es. violenze verbali, molestie fisiche, ecc.).Per inciso, non posso fornire qui la matrice poiché è in corso di pubblicazione un articolo che la presenta, e che uscirà a breve (articolo scritto insieme a Rita Somma ).
  5. Fornire indicazioni per azioni di riduzione del rischio, individuando il giusto mix di interventi di tipo primario, secondario o terziario secondo le necessità e le circostanze, in accordo con le indicazioni della gerarchia delle misure contenuta nella ISO 45003.

Sinergie con il rischio stress?

Come sostengo da anni (si veda ad esempio il libro "Psicologia per la sicurezza sul lavoro") i diversi fattori psicosociali hanno collegamenti molto stretti fra di loro e con le altre categorie di rischi.

Sebbene la valutazione del rischio stress e quella del rischio di violenza e molestie siano diverse, si prestano a essere integrate.

Nella valutazione del rischio stress, ad esempio, ho integrato alcuni aspetti che riguardano una valutazione del rischio violenze. E viceversa nel protocollo per la valutazione del rischio violenze (approfondita) rientra l'esame di alcuni fattori di stress. Mentre il protocollo più ampio che riguarda tutti i fattori psicosociali secondo la ISO 45003 vede coperti in modo esaustivo e completo i fattori di stress, di violenza e molestie, di discriminazioni e gestione delle diversità.

Per la certificazione di genere è sufficiente una valutazione del solo rischio violenza e molestie.


Materiale a libero uso con citazione della fonte

Carlo Bisio ha realizzato negli ultimi 20 anni progetti in più di 250 organizzazioni, tra cui aziende o società di consulenza leader mondiali nel campo della sicurezza. E' stato docente a contratto presso l'Università di Milano Bicocca e altri atenei. Psicologo delle Organizzazioni, ha acquisito il NEBOSH International Diploma in Occupational Health and Safety (IDip), il Master biennale in Ergonomia presso il CNAM di Parigi. E' ergonomo europeo registrato (Eur.Erg.). E' Graduate Member of IOSH, socio AIAS, socio SIE. E' autore di più di 60 scritti scientifici o professionali (con più di 150 citazioni da parte di altri autori, verificabile su Academia.edu). Consulente, formatore, ghost writer.

Sul tema delle violenze sul lavoro ha curato il Dossier Ambiente La gestione del rischio di violenze sul luogo di lavoro e altri scritti. Ha realizzato interventi di formazione e di valutazione del rischio violenze presso numerose organizzazioni di servizi (commercio, banche, sanità, enti pubblici, corrieri, ecc.) e industriali in diversi settori.

www.carlobisio.com

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Carlo Bisio

Safety Expert, Ergonomist (Eur.Erg.), Organisational Psychologist. IdipNEBOSH, Mindfulness Certified Professional

1y

C'è ancora ovviamente chi pensa che non sia un rischio valutabile, sulla base del fatto che se una persona tiene un comportamento aggressivo o molesto ne risponde in proprio, e "come azienda non posso farci nulla". La visione moderna delle violenze e molestie sul lavoro è un po' diversa...

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