ALITALIA: UN ALTRO DISASTRO CHE PAGHIAMO NOI
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Alitalia è di nuovo a un passo dal fallimento. Non sono bastati quasi 8 miliardi di euro di soldi pubblici versati negli anni per rimettere in sesto la nostra compagnia di bandiera, un tempo statale ma da una ventina d'anni ceduta progressivamente ai privati. Anzi, adesso, per mantenere l'operatività e proseguire per altri sei mesi, il tempo necessario per cercare un acquirente (che la acquisterà a prezzo stracciato: Lufthansa è già in prima fila) o per procedere alla liquidazione, dovremo sborsare altre centinaia di milioni.
Forse adesso questo "prestito ponte" (la Ue non consente interventi pubblici a fondo perduto) è inevitabile ma, mi chiedo, in tutti questi decenni che senso ha avuto iniettare risorse delle nostre tasche per un asset che non era più pubblico?
O si decide che la compagnia di bandiera è strategica, e allora deve rimanere pubblica, o si decide che non la è... e allora deve essere ceduta al miglior offerente con il piano industriale più efficace (e non agli amici degli amici). E, una volta ceduta, deve camminare con le sue gambe e non con i soldi dello Stato.
Ma la cosa che mi lascia più perplesso è che nel consiglio di amministrazione figurano personaggi che non possono certo annoverare grandi successi imprenditoriali e che solo un anno fa garantivano sulla compagnia. I quali, però, vengono "puniti" dei loro errori con altri incarichi ed altre promozioni.
Può funzionare bene un Paese così?
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