Una cosa che è successa ieri (e che non c'entra con il Green Pass)
La perseveranza con cui si spendono soldi per Alitalia (ora ITA Airways) è incomprensibile, visto che mancano presupposti economici, strategici e "di bandiera".
Presupposti economici
In tanti settori il mercato italiano è stato asfittico negli ultimi anni. Quello aereo fa eccezione, visto che dal 1997 al 2019 è triplicato in termini di numero di passeggeri. Il problema è che tutte le fette della torta che di anno in anno si ingrandiva se lo sono preso i competitor di Alitalia, Ryanair in particolare, che oggi è il leader del mercato interno.
Ammesso che ITA Airways assorba la quota di mercato attuale di Alitalia, abbiamo speso quasi 1 miliardo e mezzo per un'azienda che ha l'8% della quota di mercato dei traffici di passeggeri da e verso il proprio paese. Cioè, 92 passeggeri stranieri su 100 arrivano in Italia con altri vettori.
Numeri diversi sul mercato interno, in cui ha il 18%, che però nel 2019 era il 28%, eroso in questo biennio dai competitor. Sì perché sarebbe facile dare la colpa alla crisi del Covid, che si è mangiata un quarto della torta, ma allora perché nello stesso periodo Ryanair ha perso meno del 2% mentre Volotea ha guadagnato il 9% e Wizzair ha quasi triplicato le proprie quote?
Tra prestiti per mancanza di liquidità, aumenti di capitale e ingresso di nuovi soci "pubblici" (Poste in particolare), Alitalia è costata ai contribuenti poco più di 4 miliardi dal 2008 a oggi. Ma gli ultimi 13 anni sono stati solo il capitolo più brutto: nei 74 anni di attività, Alitalia ha chiuso per 71 volte i propri bilanci in perdita. Ma se in passato queste spese quantomeno servivano a portare in Italia turisti e viaggiatori che con le loro spese "pareggiavano" i conti, oggi non è più così. Le modalità con cui è stata gestita l'ennesima crisi poi, è quella già usata nel 2008, con gli esiti che conosciamo. Lasciare in una bad company da liquidare i debiti e gli asset improduttivi, porterà ulteriori spese a carico del contribuente.
Dopo aver poi speso soldi per il nuovo logo ITA (bruttino, a mio parere), le livree degli aerei a breve saranno nuovamente caratterizzate dal logo Alitalia. I primi 90 milioni sono infatti stati spesi per comprare il logo dalla vecchia società, con una procedura su cui la Commissione europea probabilmente avrà qualcosa da dire. Il piano di salvataggio era stato approvato dalla Commissione a patto che ci fosse piena discontinuità con la precedente gestione e che il logo andasse in asta. Base d'asta stimata dalla Commissione: 110 milioni. Per timore di vederselo portare via (Ryanair aveva mostrato forte interesse), la base d'asta è stata fissata a 290 milioni e l'asta è andata deserta. Ci si aspettava una seconda asta con valori di partenza più bassi e invece il logo è stato assegnato in modo diretto a ITA per 90 milioni.
Presupposti strategici
Magari abbiamo speso 1 miliardo e 350 milioni per un'azienda che ha un brutto passato ma un futuro luminoso. Pare di no.
ITA ad oggi ha 52 aerei, di cui solo 7 per le tratte a lungo raggio, quelle più redditizie. Per dare un ordine di grandezza, Lufthansa ne ha 267, British Airways 263, Air France 214, Iberia 71.
Il business plan identifica il 2025 come l'anno di consacrazione: la flotta sarà più che raddoppiata (105 aerei) e si arriverà ad un EBIT stellare di 200 milioni, numeri a cui mai s è arrivati in passato e che oggi sembrano ottimismo allo stato puro. Primo: il mercato italiano, su cui la quota detenuta è rispettabile, è in contrazione e Alitalia perde quote rispetto ai concorrenti. Secondo: su quello internazionale sarà difficile competere partendo da una quota insignificante, migliaia di biglietti sospesi e competitor enormemente più grandi e strutturati. Terzo, gli investimenti per acquisire o noleggiare un numero di aerei (81) per arrivare al target previsto sono ingentissimi. Se verranno acquistati o noleggiati dalla vecchia Alitalia, il numero di aerei per le lunghe tratte rimane esiguo.
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Fonte: bloomberg.com
Il presidente esecutivo di ITA Alfredo Altavilla ha dichiarato che questo percorso è volto all'obiettivo di mettere ITA in sicurezza e portarla ad essere appetibile per altri vettori, con cui siglare una "partnership". Se con questo termine di intende un'alleanza, a me sembra ci si trovi di fronte ad un percorso difficoltoso per arrivare ad un obiettivo modesto.
Se invece si intende una fusione o cessione…ancora peggio. I partner potrebbero essere di 2 tipi, vettori UE o vettori extra UE. I primi potrebbero acquisire fino al 100% di ITA, ma a quel punto che senso avrebbe avuto fare questo percorso di depurazione, quando potevamo vendere l'intera Alitalia, compresi i debiti? Nei fatti sarebbe un regalo a spese del contribuente, che si fa carico della bad company. Senza contare che la rosa dei possibili acquirenti è limitata a 2: Air France e Lufthansa. E se si trattasse di un vettore extra UE? Anche in quel caso vale il ragionamento appena fatto sulla bad company. Ma in questo caso si aggiunge anche il fatto che in base alle regole UE sul trasporto aereo, un vettore extra UE non potrebbe acquisire più del 49% di ITA, con tutto ciò che questo comporta in una società italiana a trazione pubblica e con manager nominati dalla politica. Dopo l'esperienza Etihad chi si prenderebbe questo rischio?
A questo punto non era meglio farsi carico di un prestito ponte di 400 milioni mentre si impostava una trattativa con Lufthansa, che si era dichiarata disponibile a comprare good e bad company già nel 2018?
Presupposti "di bandiera"
Riepilogando: siamo diventati proprietari di un'azienda che opera su tratte poco redditizie, su cui ci sono competitor molto più forti, esperti, efficienti e capaci, che ha una strategia che zoppica e che per giunta ha lo stesso logo di quella vecchia, di cui ci siamo accollati i debiti.
Però avremo la nostra compagnia "di bandiera" e almeno avremo salvaguardato l'occupazione. La risposta, anche qui, è no. I tagli al personale per creare ITA Airways sono ben più alti rispetto alle proposte di KLM nel 2000, di Air France del 2008 e a quella tentata dall'amministrazione congiunta con Etihad nel 2017, rifiutata dai sindacati con il 67% di voti negativi. Anche quella di Lufthansa del 2018 era migliore dell'attuale assetto ITA (4.000 esuberi vs 6.000).
Avere una compagnia "di bandiera" significa però garantire specifiche tratte che potrebbero non esserlo in caso di cessione a vettori esteri. E questo è indiscutibile. Invece, da quanto successo nelle ultime settimane, sembra che non sia così e che vettori esteri siano anche in grado di fare meglio.
Una delle prime mosse di ITA è stata partecipare alla gara per i collegamenti aerei con la Sardegna e l'ha persa. Quindi la "compagnia di bandiera" italiana, non collegherà una delle sue regioni, ma lo farà Volotea, compagnia spagnola, che invece ha dimostrato di avere i requisiti minimi richiesti dal bando in termini di numero di aerei disponibili. E qui torniamo alle dimensioni dell'azienda che abbiamo comprato per 1 miliardo e 350 milioni.
Con questi presupposti, arrivare al 2025 con i numeri espressi nel business plan sarà un'impresa epica. Peccato che il rischio di insuccesso sia tutto sulle spalle dei contribuenti.
Supporto i miei clienti nell'acquisto di materie prime per i settori della ceramica, del vetro e della chimica.
3 anniGrazie Davide per aver condiviso l'articolo. Certe decisioni a mio avviso sono scandalose.