Elogio dell'imperfezionismo
Leggendo la definizione di perfezionismo presente sul vocabolario, trovo “aspirazione a raggiungere, nella propria attività, un ideale di perfezione”. In termini di sinonimi ecco che compaiono nell’ordine meticolosità, precisione, scrupolosità, pignoleria.
Ciò che colpisce la mia attenzione sono i termini usati per descrivere gli opposti del perfezionismo. Qui m’imbatto in parole come faciloneria, imprecisione, pressappochismo, sciatteria.
Da persona che tende al perfezionismo, so quanto sia scomodo e limitante, so cosa voglia dire lavorare per scrollarsi di dosso l’ideale di perfezione e mi chiedo spesso, tra i due poli opposti, tra la perfezione e la sciatteria, cosa c’è?
Approfondendo il tema mi sono imbattuta in un concetto coniato di recente, che a mio avviso riempie quello spazio intermedio che sta tra la perfezione e la faciloneria, parlo dell’imperfezionismo.
La prima volta che l’ho sentito la mia espressione è stata di sorpresa, mista alla perplessità per aver sentito un termine dal suono quasi fastidioso. Poi ho iniziato a prendere confidenza con l’imperfezionismo e adesso lo ammetto, mi piace!!
Alla base dell’imperfezionismo c’è la possibilità di provare soddisfazione per qualcosa che facciamo, anche se la facciamo in modo imperfetto.
L’imperfezionismo è l’antidoto alla perfezione. Come detto in un articolo precedente, la tendenza al perfezionismo ha degli aspetti sani, perché ci sprona a fissare obiettivi importanti, a essere meticolosi, a migliorare di fronte a un errore.
L’imperfezionismo è, a essere precisi, l’antidoto agli aspetti patologici del perfezionismo, perché depotenzia la paura di sbagliare, di ricevere critiche, di non essere all’altezza.
L’imperfezionismo ci porta sulla via del realismo. Realismo come possibilità di fissare obiettivi per noi raggiungibili. Ci porta ad avere una vita sostenibile, nel lavoro, nelle relazioni sociali, in relazione a noi stessi.
L’imperfezionismo si mette in pratica facendo atti di gentilezza, verso noi stessi e poi verso gli altri, gentilezza nell’accogliere gli errori, le sbavature, le mancanze. Questo è possibile se ci diamo la possibilità, quando sbagliamo, di porre rimedio e usare l’errore per imparare e migliorarci.
Sto parlando di un modo di essere che ci permette di accogliere quello che avviene, per osservarlo senza giudicarlo né giudicarci, per usarlo in modo utile per noi.
Si tratta di imparare a guardarci con occhi nuovi, soprattutto a modificare l’idea che abbiamo dell’errore.
Se ci poniamo un obiettivo, raggiungibile e allo stesso tempo impegnativo, sarà impostante guardare all’errore in modo propositivo. Gli errori e i fallimenti sono gradini che uniscono il punto di partenza a quello di arrivo, all’obiettivo.
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Se inizio a guardare agli errori come step verso il successo, come tentativi che via via mi avvicinano all’obiettivo, le sensazioni negative che accompagnano un insuccesso perdono di potenza.
La via dell’imperfezionismo è quindi lastricata di flessibilità, gentilezza, apertura alle critiche (se costruttive), consapevolezza, accettazione dei propri limiti.
E come fare ad allenarsi all’imperfezionismo?
A piccoli passi, nella nostra quotidianità.
Se mi piace lasciare casa in ordine prima di uscire e questo mi comporta un sovraccarico mattutino, decido, quando incontro un oggetto fuori posto, di pormi una domanda “è necessario che in questo momento lo metta a posto?”
Se mi piace invitare gli amici a cena e cucinare per loro, se un piatto riesce in modo “imperfetto”, m’impegno a portare la mia attenzione su ciò che è riuscito del piatto, anziché fissare tutto il mio pensiero sull’imperfezione. E faccio tesoro dell’errore, per migliorare l’esecuzione per l’occasione successiva.
Approcciare gli eventi con “occhiali” perfezionisti o imperfezionisti può fare la differenza nel nostro modo di vivere.
Spesso nella nostra mente, conoscendo il nostro potenziale, fantastichiamo su cose che vorremmo e potremmo fare e poi, all’atto pratico, rimandiamo per paura di fallire.
Il perfezionismo è legato a doppio filo alla procrastinazione. Rimandiamo cose per noi importanti perché il nostro bisogno di perfezione le schiaccia sotto il peso della paura di fallire.
Se mi concedo l’imperfezionismo allora posso mettermi all’opera.
Elizabeth Gilbert afferma che “un piano eseguito in modo imperfetto ora è meglio di un piano meticolosamente mai eseguito”.
Questa citazione rende molto bene l’idea di come il meglio sia nemico del buono e allora…
…sii imperfetto, perché ricorda, nella vita è meglio fatto che perfetto!
CTO @ WeGlad
2 anni"Approcciare gli eventi con “occhiali” perfezionisti o imperfezionisti può fare la differenza nel nostro modo di vivere." assolutamente d'accordo. Grazie per l'articolo, Serena
Life & Business coach, Counselor, Speaker Radiofonico, Project manager, Formatore
2 anniBellissimo articolo! Per me L'IMPERFEZIONISMO rappresenta libertà, leggerezza, autenticità. Al contrario, il PERFEZIONISMO (quello stressante) rappresenta un vero e proprio freno a mano verso la felicità. La strada è lunga e faticosa, ma credo possa regalare grandi soddisfazioni.