Ingegno e virtù
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Ingegno e virtù


"Non cambiare mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta". (Richard Buckminster Fuller)

La necessità aguzza l'ingegno.

Di necessità virtù.

Se mi chiedessero quali proverbi potrebbero rappresentarmi al meglio, risponderei certamente con questi due, apparentemente molto simili tra loro, ma in realtà marcati da differenze sostanziali.

Il primo proverbio, almeno nella mia interpretazione, è di tipo più operativo e fa riferimento alla capacità di trovare soluzioni a problemi solitamente di tipo estemporaneo e pratici. Come si suol dire riuscire a “mettere una pezza a colore”. Tale modalità di agire può essere associata alla capacità di problem solving.

Il secondo implica maggiormente un cambiamento personale, interiore, emozionale e caratteriale, qualcosa, quindi, che poi resta nel profondo e che smuove dentro, portando all'autoriflessione ed all’interiorizzazione di quanto appreso. Il concetto prevalente in questo caso è quello di capacità di adattamento, un processo per niente semplice che avviene per fasi, a volte anche dolorose, in cui può prevalere la disperazione e la voglia di rinuncia. Il rischio che si corre è quello di farsi trascinare in un vortice di arrendevolezza, paura e stress.

Questi due proverbi riescono a sintetizzare quello che vivo da un paio di anni ormai. In vari aspetti della mia vita mi sono ritrovata a dover fronteggiare situazioni difficili, molto spesso da sola. Quasi sempre, il primo impatto è stato di tipo pratico, per cui ho dovuto ingegnarmi e trovare escamotage per risolvere problemi per i quali in precedenza avevo aiuto o, per fortuna, con i quali non mi ero mai scontrata prima. Quindi, ho cercato di superare tali difficoltà al meglio.

Siccome tali problematiche si ripresentavano spesso, ho necessariamente dovuto inventare tecniche e metodi alternativi affrontarle, per i quali tutti si stupivano. La mia mente ha elaborato la capacità di ragionare in modo alternativo e vedere i problemi da altri punti di vista, adeguandosi alla nuova situazione (pensiero laterale). Solo in questo modo sono riuscita ad affrontare tutti i problemi che mi si presentavano a mano a mano, riuscendo ad adattare le varie soluzioni scoperte a problematiche differenti.

Ho sviluppato quella che in psicologia è definita resilienza, potendo contare sulle mie forze, la mia ostinazione e, soprattutto, il mio forte attaccamento alla vita e la voglia di andare avanti nel migliore dei modi.

Ogni individuo durante la propria vita si trova a dover gestire momenti difficili, di stress, ostacoli, traumi, e a dover riprendere le redini della propria esistenza, trasformandosi e superando quelle difficoltà senza farsi abbattere. Anzi, proprio quegli eventi negativi spesso – se gestiti in maniera ottimale – possono diventare opportunità e rendere l’individuo più forte di fronte a nuove sfide ed al cambiamento.

Secondo Susanna Kobasa, psicologa dell’università di Chicago, le persone più resilienti sono dotate di tre tratti di personalità:

l’impegno;

• il controllo;

• il gusto per le sfide.

L' impegno è inteso come la tendenza a lasciarsi coinvolgere nelle attività. La persona con questo tratto si dà da fare, è attiva, non è spaventata dalla fatica; non abbandona facilmente il campo; è attenta e vigile, ma non ansiosa; valuta le difficoltà realisticamente. Tali caratteristiche sono guidate da una forte motivazione.

Per controllo s’intende la convinzione di non essere in balia degli eventi. La persona, per riuscire a dominare le diverse situazioni, è pronta a modificare anche radicalmente la strategia da adottare, per esempio, agendo con grande tempestività.

Il gusto per le sfide fa riferimento alla disposizione ad accettare i cambiamenti. La persona con questo tratto vede gli aspetti positivi delle trasformazioni e minimizza quelli negativi. Il cambiamento viene vissuto più come incentivo a crescere che come difficoltà da evitare a tutti i costi, e le sfide vengono considerate stimolanti piuttosto che minacciose. La persona è aperta e flessibile.

Impegno, controllo e gusto per le sfide sono tratti di personalità di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati.

La resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone invece comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque.

La resilienza è, quindi, la capacità reattiva delle persone alle avversità.

Seneca affermava che «le difficoltà rafforzano la mente, così come il lavoro irrobustisce il corpo». 

Non ho raccontato tutto ciò per arroganza ed esaltare me stessa, non è parte del mio carattere, ma solo perché credo che anche le aziende potrebbero e dovrebbero agire con tale mentalità e modalità per poter crescere ed andare avanti in un'ottica di sviluppo e resistenza nel mercato. 

In ambito organizzativo la resilienza si esprime come “la capacità di un’organizzazione di anticipare, prepararsi, rispondere e adattarsi al cambiamento incrementale e a inconvenienti improvvisi, con l’obiettivo di sopravvivere e prosperare.” 

In questa azione di resistenza e cambiamento al contempo, il ruolo principale è giocato dai manager che non si devono limitare alla mera gestione del rischio, ma mirare a raggiungere una visione olistica della salute e del successo aziendale. Un’organizzazione resiliente è quella che non solo vive a lungo ma che prospera, superando le sfide del tempo. 

La resilienza organizzativa è un imperativo strategico per un’organizzazione che intende operare proficuamente nel mondo moderno, così dinamico e interconnesso. Non si tratta di una singola prestazione, ma di un obiettivo raggiunto con il tempo e a lungo termine. riuscire a sviluppare la resilienza organizzativa richiede l’adozione di ottime abitudini e best practice per raggiungere un miglioramento del business attraverso lo sviluppo di competenze e capacità in tutti gli aspetti dell’organizzazione. Ciò consente ai leader di affrontare rischi calcolati con sicurezza, sfruttando al massimo le opportunità che si presentano.

Tale mentalità, pertanto, non può prescindere dall'ispirazione e dalla visione offerta dai manager.

Un’organizzazione resiliente trae benefici da:

Adattabilità strategica, che garantisce l’abilità di governare con successo circostanze mutevoli, anche se ciò comporta un distanziamento dal proprio core business. 

Agilità della leadership, che consente di affrontare rischi calcolati con sicurezza e di rispondere tempestivamente e in modo appropriato ad opportunità e minacce.

Forza della governance, che risponde del proprio operato in tutte le strutture organizzative, sulla base di una cultura fondata su fiducia, trasparenza e innovazione, e allo stesso tempo si assicura di restare fedele alla propria visione e ai propri valori.

A conclusione, così come le persone, anche le aziende possono imparare e sviluppare la capacità di adattamento, fondamentale per resistere alle turbolenze di mercato, ma senza l'apertura mentale e la lungimiranza di manager e governance ciò diventa impossibile.


 


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