Il Lapisnauta: matite, tute blu e rapine
Una matita pubblicitaria mi fa entrare nel mondo del lavoro e mi riporta anche in Via Washington, a Milano, dove ho vissuto per la maggior parte dei miei anni.
Una premessa: non mi sono mai piaciute le divise! Non in se stesse ma per il significato che mi davano. In particolare l’idea che determinate persone dovessero vestirsi in un determinato modo per mostrare il proprio status, le proprie idee o il proprio lavoro.
Un esempio era l’armadio del mio ex suocero. Occupava una posizione importante in una Banca d’affari milanese. Per lavorare il suo armadio aveva solo vestiti grigi di tonalità leggermente diverse al grigio scuro. Per me anche quella era una divisa. Come l’Eskimo per chi era di sinistra o le Timberland per i paninari quando ero più giovane.
Una delle più vecchie distinzione di ruoli nel lavoro e indumenti è quella tra colletti bianchi e tute blu che inizia alla fine dell’Ottocento. I colletti bianchi erano gli impiegati mentre le tute blu gli operai.
La matita che mi fa iniziare questa storia è una matita Presbitero pubblicitaria del cotonificio Fossati di Monza.
Già all’inizio del Novecento la fabbrica di tessuti di Monza, la Fossati, commercializzava il tessuto per le tute da lavoro degli operai con il nome di tessuto “Florida”. Era un tessuto colorato per indumenti da lavoro che veniva commercializzato anche in Sud America e in America Centrale.
Nel 1930 la fabbrica brevetta un nuovo tessuto e in onore delle conquiste italiane in Africa lo chiama “cotone Massaua”. Il successo arriva negli anni Cinquanta con il boom industriale. Il “Massaua Bleu 10 Sanfor” diventa il tessuto e la divisa degli operai italiani.
Il tessuto Massaua è caratterizzato dalla robustezza ma è con il trattamento (sanforizzazione) di compattazione combinata meccanica e termica che assume le caratteristiche (uniche) di questo materiale; un trattamento che avvicina il più possibile i fili della trama del tessuto. Il risultato è un capo di abbigliamento che non si riduce con il lavaggio.
Ma le tute blu non furono usate solo dagli operai!
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Nel febbraio del 1958 ci fu a Milano una rapina che fece storia. Fu uno dei rapinatori della famosa banda di via Osoppo che, ricordando che Stalin rapinava le Banche con compagni vestiti tutti uguali da guardie zariste, pensò che tutta la banda dovesse vestirsi con delle tute blu in modo da essere tutti uguali e non far capire quanti realmente fossero. Forse l’idea della famosa serie “La Casa di Carta” ha preso spunto proprio da questa rapina (lì le tute però erano rosse).
Infatti i giornali scrissero che una banda di non meno di dieci persone aveva assaltato il portavalori blindato sottraendo più di 500 milioni di lire. La paga di un operaio in quel febbraio del 1958 era di 50 mila lire. In realtà erano in sette e alla fine dei conti, buttati via assegni e titoli rimasero 15 milioni per ogni componente della banda.
Ma la rapina fece molto scalpore. Era la prima rapina ad un portavalori in Italia (e in Europa solo la banda dei marsigliesi ne aveva compiuta una fino ad allora) e la velocità e l’audacia furono messe in grande risalto così come l’importo rubato. Fu chiamata dai giornali “la rapina del secolo”.
La rapina durò effettivamente pochi minuti.
Poche persone capirono veramente quello che stava accadendo. Una signora tirò un vaso di fiori contro i banditi, mancandoli. Un’altra disse ai rapinatori “andate a lavorare!”, avendo subito la risposta da uno dei sette: “... e secondo lei cosa stiamo facendo?”.
Forse, se fossero riusciti a farla franca, non si sarebbero più vestiti con una tuta blu per tutta la vita.
Ma furono proprio quelle tute a farli catturare. Buttate in un canale che dall’Olona passava su quella che ora è via Roncaglia furono subito ritrovate, in quanto il canale fu asciugato per una pulizia, e collegate alla rapina.
All’angolo della via Roncaglia, in Via Washington lavorava e viveva come portinaia la madre di uno dei rapinatori. Questa traccia e il furto delle tute da una fabbrica di Modena portò agli arresti di tutti i componenti della Banda di Via Osoppo.
La matita Presbitero ci riporta a quei giorni; ci ricorda anche che ogni oggetto ha una storia da raccontare. Che si tratti di una matita, di una tuta o di un tessuto brevettato, ognuno di essi ha il potere di trasportarci indietro nel tempo, di farci riflettere sulle vite delle persone e sugli eventi che hanno contribuito a modellare il nostro presente.
Owner, AD PERSONAM®- public relations strategist - independent scholar - author
7 mesiLa scena del camion che blocca il furgone portavalori è stata ripresa nel film L'audace colpo dei soliti ignoti.
Marketing intnl Consultant
7 mesiRacconto bellissimo !!!
Coach | Trainer | Project Management Facilitator | Ingegnere Agile
7 mesiGrazie per questo bellissimo racconto,non avevo pensato alla associazione tra le tute blu e le tute rosse della casa di carta