Il mito del numero di click, detto anche sindrome del coltellino svizzero.

Il mito del numero di click, detto anche sindrome del coltellino svizzero.


Il design è, in generale, una attività complessa anche perché richiede un approccio olistico: le regole di buona progettazione non sono applicabili in modo non correlato le une dalle altre, gli interventi sono fortemente connessi tra di loro: dimenticarsene porta ai risultati spesso tragici che vediamo in alcune delle pagine che incontriamo.

Questa è cosa che il professionista del design dovrebbe ben sapere e la armonizzazione delle scelte è una delle sue più importanti capacità. Nelle slide del corso di ergonomia applicata alle interfacce che tengo al Politecnico di Milano all’ultimo anno della laurea magistrale una delle parole che appaiono più frequentemente parlando di una scelto di design è “dipende”.

Le scelte vanno fatte considerando situazioni, utenti e le altre scelte fatte nello stesso progetto e anche in altri sistemi utilizzati dalle stesse persone. 

Il desiderio di regole semplici

Avere regole di design semplici è bello e comodo: se parlo di colore affermare che non si deve mai identificare nulla con il solo colore perché una rilevante parte dei maschi europei è daltonica non solo è corretto, ma è anche molto facile da applicare.

Purtroppo le regole semplici, monolitiche e non collegate tra di loro nella fase di progettazione sono pochissime, per parafrasare Tonino CarotoneE’ un mondo dificile”.

Negli arnesi del progettista ci sono pochi “Si fa così!”, sono molti di più “Sarebbe meglio minimizzare questo” e “Massimizzando quest’altro le interfacce diventano più usabili”.

Del resto la cosa vale sempre quando si progetta qualche cosa. Per esempio anche in una altra importantissima branca del design, il food design meglio noto come gastronomia: ci sono poche regole assolute (mettere la panna sui tortellini è per esempio crimine contro l’umanità), ma tutto il resto è fatto di regole generali che opportunamente applicate e miscelate danno i risultati migliori.

La parola d’ordine, qui come altrove, è equilibrio.

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La panna nei tortellini: crimine contro l'umanità!

Il mito del numero di click

Una delle regole che sembrano essere spesso radicate nelle convinzioni di molti è quella del minimizzare a tutti i costi del numero di click necessari per condurre a termine una specifica operazione.

Se si pensa di poter analizzare e giudicare una interfaccia e la interazione uomo/macchina con un approccio monomodale, considerando cioè una cosa per volta, e non olistico come si dovrebbe la cosa può apparire corretta.

Si vanno a cercare operazioni che richiedono la pressione di un pulsante, per esempio un cambio di pagina, si ipotizza di fare una sola pagina con tutti i dati, si valuta in modo di solito molto approssimativo il tempo necessario a quella pressione, si moltiplica per il numero delle volte che gli operatori dovranno fare quella operazione e nelle grandi organizzazioni si arriva a numero impressionanti che possono fare affermare che togliere quel paio di secondi porterà un grande vantaggio in termini di utilizzo del tempo abbassando significativamente i costi aziendali.

Purtroppo le cose non sono così semplici.

La valutazione dei risparmi è di solito molto approssimativa anche solo perché spesso chi ragiona così non ha idee chiare sulla valutazione dei tempi di puntamento, probabilmente non ha mai incontrato sulla sua strada la legge di Fitts e le metodiche di disegno dei target, ma questo cambia poco: si tratta di un ragionamento banalmente e semplicemente sbagliato e fuorviante!

Intendiamoci non sto dicendo che nella revisione della interfaccia non sia possibile trovare una situazione nella quale eliminare un click dal cammino sia una scelta giusta, ma la cosa va capita  e decisa con ben altri più complessi ragionamenti.

La sindrome viene da lontano ed è una storia che vale la pena ricordare: Jeffrey Zeldman’s in un suo libro del 2001, “Taking Your Talent to the Web”, propose una regola euristica che nessuno aveva mai proposto: “tutte le pagine di un sito devono essere raggiungibili con un massimo di tre click!”.

L'idea fu istintivamente molto apprezzata e diffusa e qualcuno cominciò a metterla in pratica con risultati che spesso si rivelarono però devastanti per la usabilità delle pagine.  Per non scendere di livello il numero di elementi nei menù cresceva a dismisura come cresceva rapidamente il numero di TAB nelle strutture che usavano questa metafora andando a cozzare con la euristica, quella si consolidata e giustificata dai meccanismi di funzionamento della memoria, di mantenerne il numero massimo nell’intorno di 7.

La regola dei 3 click è stata oramai dimenticata dalla comunità dei progettisti, ma ci ha lasciato, sopratutto in quella  per esempio dei programmatori affetti dalla sindrome “siamo tutti web designer”, la tendenza a contestare tout court soluzioni che aggiungono un link alla navigazione senza tenere conto della usabilità nel suo complesso.

Il vero problema è che valutazioni che si concludono con frasi del tipo “se togliamo quel click moltiplicando la durata per il numero di operazioni risparmiamo in un anno un numero spesso molto grande di operatori” hanno molta presa su chi deve prendere le decisioni che non ha ne il tempo ne le competenze per controllare se la affermazione abbia senso.

Molti anni fa ero responsabile del design del sistema di sportello di una grande e importante banca. Subii un attacco da un capo dello sviluppo che era andato a contare i click secondo lui inutili e li aveva moltiplicati per il numero di operazioni condotte allora a termine ogni anno arrivando a un risparmio di personale non indifferente.

Il mio capo che doveva decidere era molto illuminato e propose di dargli retta, ma di legare per quell'anno il suo bonus al verificarsi del risparmio promesso.

Non se ne fece nulla!

Perché togliere un click non è sempre positivo?

Come detto la esperienza utente, la facilità di utilizzo di una interfaccia e di conseguenza il tempo che viene impiegato per portare a termine una certa operazione devono essere valutati e ancora meglio misurati in modo completo e formalmente corretto considerando anche altri parametri la cui valutazione è meno immediata come per esempio la tendenza a fare errori, la loro gravità e la facilità di porvi rimedio.

Le considerazioni principali sono comunque due:

  1. le azioni si effettuano con l’attraversamento di quelli che Norman, derivandoli dal sapere psicologico, chiama golfi che vengono via via ciclicamente percorsi
  2. togliendo profondità cresce spesso inevitabilmente a dismisura il numero di elementi che sono presenti nelle pagine con quella che possiamo definire Sindrome del coltellino svizzero

Considerare i golfi

La interazione con una pagina non è certo fatta solo da quel mitico click che alla fine è la cosa più veloce e immediata,

Come molto bene delineato nel modello di Norman, nato come detto da puntuali considerazioni derivate dalla psicologia, ogni azione è preceduta da una fase di valutazione e da una fase di decisione: i golfi appunto della VALUTAZIONE e della DECISIONE.

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Il click non è che uno dei possibili elementi finali del golfo della azione, toglierlo o aggiungerne uno può avere profonde conseguenze sugli altri elementi di questa copia di golfi e spesso dei quello adiacenti: nella decisione progettuale è vitale considerare il tutto nel suo insieme e ottimizzare l’effetto globale.

L’idea che togliendo quel link le cose andranno certamente meglio perché si risparmia il tempo necessario a eseguirlo è semplicemente molto ingenua!

La sindrome del coltellino svizzero

Una conseguenza della diminuzione dei livelli di approfondimento degli alberi di interfaccia a parità di processi è inevitabilmente l’aumento del numero di elementi contenuti in ogni pagina e la dimensione delle pagine con esasperazione degli scorrimenti verticali e, ancora peggio, orizzontali.

Sono oramai consolidate le considerazioni sull’effetto potenzialmente devastante dal punto di vista della usabilità insito nel mettere troppi elementi in una pagina, troppi campi in una form o troppi TAB in una struttura che utilizzi questa metafora.

La psicologia ci insegna che le cose vanno bene fino a sette elementi, ma cominciano a peggiorare dopo la aggiunta dell’ottavo.  Se è indispensabile superare questi numeri è estremamente importante adottare strategie di raggruppamenti semantici che rendano al nostro cervello più facile e immediato percepire, per esempio, i raggruppamenti, ma la suddivisione logica e la limitazione del numero di elementi nelle pagine resta l’intervento più importante ed efficace.

In una struttura basata su TAB per esempio il click necessario per passare da un TAB all’altro, se i raggruppamenti sono logici e ben disegnati, è certamente immensamente meno dannoso, in termini anche di tempo, rispetto allo sforzo inevitabilmente necessario  per capire la logica di cose troppo raggruppate.

L’effetto dell’evitare la suddivisione delle form per evitare il click aggiuntivo unito al grande numero di elementi nella pagina per evitare i click necessari per raggiungerli può essere destante: si vedono form di decine e decine di righe visualizzate a 4 righe per volta con necessità improponibili di scorrimento.

Chiamo questo fenomeno sindrome del coltellino svizzero perché l’effetto di pagine zeppe di elementi è molto simile: difficile trovare quello che si cerca e spesso difficile anche usarlo per i problemi della limitazione di spazio e della grande quantità di sollecitazioni da parte di elementi adiacenti che in quel momento non servono.

Il coltellino svizzero è bello perché ha dentro un poco di tutto, ma trovare quello che serve non è così agevole e sopratutto usarlo lo è spesso ancora meno per la mancanza per esempio della corretta impugnatura del cacciavite, va benissimo per le emergenze, ma non certo per l’uso di ogni giorno.

Mi è capitato di vedere pagine con 50 elementi eterogenei e messi solo perché “nel caso servissero” sono lì senza dovere fare un click in più e nella stessa inutilmente affollatissima pagina una form di più di settanta campi visualizzata a tre righe per volta, campi ed etichette compresi per banale e semplice eccessiva lunghezza a mancanza di spazio.  Mi chiedo se chi ha deciso di disegnare la form così lunga e di mettere insieme a lei nella pagina tanti altri elementi abbia mai fatto il calcolo, o meglio la misura, di quanto questo finisca per costare in termini di tempo dell’operatore…

Morale della favola

Forse sono un poco di parte in quanto ingegnere di quelli duri e puri come quelli chimici, ma la morale di questa breve storia sta in quello che dico ai miei studenti all'inizio del corso.

Siamo una scuola di design e il design è fatto anche di un approccio artistico alle cose, ma quando parliamo di usabilità ci dobbiamo mettere il cappello dell'ingegnere!

Nessun ingegnere meccanico sano di mente di fronte a un motore che si guasta, come mi dicono accada ultimamente spesso a quello delle Ferrari, si limita a migliorare l'elemento che si è rotto in modo che non si rompa più. L'approccio non può che essere sistemistico, il modo con cui noi ingegneri diciamo olistico, per evitare che la modifica di qualche cosa induca problemi in altri elementi del sistema.

Ovviamente la cosa vale anche per il software, ma paradossalmente quando ci si dedica a una cosa vitale come la usabilità della interfaccia viene troppo spesso dimenticata e si adottano interventi puntuali con risultati spesso devastanti.

Nulla di nuovo sotto il sole

Ho voluto scrivere questo pezzo perché ancora si incontrano persone innamorate della minimizzazione del numero di click.

Basta una veloce ricerca in rete per sapere che non c'è nulla di nuovo:

3-Click Rule: Debunking the Myth With Real-Life Examples & Tips

The 3-click rule: myth or fact?

Does the number of clicks matter on websites?

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