IL PROBLEMA DELLA GENTILEZZA

IL PROBLEMA DELLA GENTILEZZA

Analisi controcorrente, leggere a proprio rischio


Qui su LinkedIn ormai sembra che tutti siano gentili.

Un inno totale e costante alla gentilezza.

Lasciando perdere la mediocrità e superficialità delle analisi che leggo, mi piacerebbe offrire oggi un punto di vista diverso.


Partiamo dal fatto che sono pienamente d'accordo che essere gentili sia un bene.

Ne riconosco i vantaggi e la bellezza.

Da studioso del Dharma avvicino tale attitudine alla prima paramita: la generosità (anche detta disponibilità, Dana).

Quando posso, con tutte le immense difficoltà del caso, promuovo gentilezza sia verso gli altri che verso di me (cosa di cui si parla troppo poco).

È davvero dura, ma spesso ne vale la pena.

Tutto bello insomma.

Ma... c'è un ma.


1) ETIMOLOGIA della parola gentile: l’aggettivo gentile viene dal latino gentilis, che non significava quello che significa oggi. L’appartenenza alla gens determina il ceto in cui si rientra (si pensi alle più note, la gens Claudia, la gens Julia ecc.) e i gentiles erano quindi i nobili, gli aristocratici.

Gli appartenenti alla stessa gens avevano dei reciproci doveri di assistenza e difesa, oltre che il diritto di successione ereditaria in mancanza di parenti prossimi - e condividevano i luoghi di sepoltura. Così l’essere “gentili” implicava un comportamento più fraterno rispetto a quello tenuto con estranei di altre gentes, anche se magari, vista l’ampiezza di queste gentes, i gentili fra loro non si conoscevano nemmeno.

C'era molto di normativo e utilitaristico in tutto questo, pur all'apparenza fosse molto bello.

Mi chiedo allora quanto una certa gentilezza non stia anche oggi divenendo un semplice escamotage per ingraziarsi gli altri, quando sotto sotto magari ti vorrebbero polverizzare in un istante.


2) COMPLESSITÀ: professare la gentilezza come la causa di tutti i beni del mondo è oggi irrealistico.

Esistono infatti tutta una serie di altri approcci funzionali al mondo: la neutralità e il metodo, la passività, l'aggressività non violenta, la forza.

Mi spiego meglio: di base cerco sempre di essere gentile, nel lavoro mi viene piuttosto semplice.

Se però in molteplici situazioni lo fossi stato mi avrebbero mangiato vivo, cosa che nessuno si augura.

In alcune situazioni sarei uscito da una negoziazione con le ossa rotte. Metodo, disciplina, autostima e autoefficacia sono state ben più efficiaci. Persino la forza.


3) CONTESTO: forse il problema maggiore.

Non so se vene siete accorti, ma i contesti in cui siamo immersi sono progettati per far emergere tanti atteggiamenti e fra questi la gentilezza è forse uno degli ultimi.

Viviamo in una società ipercompetitiva, nevrotica ai limiti del patologico, iperaccelerata e individualista.

Far emergere la gentilezza in tutto questo è un'impresa titanica.

Tutti i messaggi che stiamo inviando alle persone sulla gentilezza rischiano di essere quanto più distante dal gentile: anzitutto perché non considerano quanto sia difficile farlo e inconsciamente promuovono sensi di colpa non banali.

Facciamo qualche esempio.

Lavorare 8 ore al giorno non corrisponde al modo in cui un essere umano è costruito. In realtà nessun animale è fatto per tutto questo.

Tutto questo promuove una gran richiesta di attivazione del sistema lento, analitico.

Se aveste letto "Pensieri lenti e veloci"di Kahneman dovreste sapere che questo sistema è energivoro, per cui a un certo punto della giornata difficilmente può ancora essere usato. Il sistema lento è lo stesso che serve a regolare le emozioni, per questo quando siamo molto stanchi facciamo molta più fatica a farlo.

Capite meglio ora?

Le organizzazioni professionali e il modo di pensare e vivere il lavoro stimolano atteggiamenti dove la gentilezza e la regolazione emotiva faticano a funzionare.

Pensate al traffico nelle ore peggiori. Ora ditemi: davvero pensate che contesti di questo tipo possano far emergere gentilezza?

Lavorare sulla gentilezza non può essere solo un compito individuale, ma anche organizzativo.


Per concludere voglio ribadire quanto la gentilezza, intesa come compassione, disponibilità autentica e sincera, sia ad oggi una risorsa inestimabile di cui dobbiamo disporci e per la quale dovremo allenarci e riporgrammarci non poco.

Altrettanto però vorrei che il discorso su di essa divenisse più critico, meno scanzonato e più complesso, come ogni cosa grande richiede di fare.

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