La percezione è una scelta
Nella vita pensiamo che come percepiamo le cose esse siano.
“Se vedo verde, è verde.” Fino a che non scopro di essere daltonico e scopro che i colori che percepisco io non sono gli stessi degli altri.
“Non mi ama più perché non mi risponde ai messaggi!” Fino a che non scopro che quando è al lavoro spegne il cellulare personale, tanto per le emergenze sanno come rintracciarlo.
La nostra percezione è una delle risorse che abbiamo disponibili per poter superare i nostri momenti negativi e la cosa fantastica è possiamo imparare a cambiare la nostra percezione.
Possiamo cambiare il nostro punto di vista sulle situazioni, sulle persone, il significato che diamo alle parole, il modo di esprimere le nostre emozioni.
Ci sono modi diversi di percepire le stesse cose a seconda della persona, del momento, delle convinzioni o delle convinzioni di chi ci ha cresciuto e che abbiamo accettato.
Come scegliamo di reagire agli avvenimenti dipende solo da noi: un cane che corre per qualcuno è un’aggressione, per altri è una festa.
Il significato delle parole che usiamo spesso è diverso non solo dall'originale da vocabolario, ma è diverso anche rispetto al senso che gli altri danno alla stessa parola o al significato che noi abbiamo dato nel tempo. Le parole sono simboli e in quanto tali possono avere significati plurimi.
Per due fidanzati decidere di "fare famiglia" può avere un valore profondamente diverso: per uno significa sposarsi e avere figli, per l’altro può contemplare il matrimonio ma non la nascita di figli. Questa diversità può portare a delusione e insoddisfazione e può sfociare in separazione.
Per un bambino guidare significa essere seduto in braccio al papà e provare a girare il volante, ma non avrà lo stesso significato quando, ormai adulto, salirà alla guida di un’auto per superare l’esame per la patente di guida.
Sono situazioni semplici ed esemplificative, ma ciascuno di noi può aggiungere ulteriori esempi portati dalla vita personale o lavorativa. Noi possiamo sempre spostare il punto di osservazione delle situazioni, o sostituire con il dialogo la rigidità delle nostre convinzioni.
Lo stesso vale per la modalità con cui esprimiamo le emozioni.
Come ci hanno insegnato a manifestarle?
La gioia era permessa o al primo grido di entusiasmo ci zittivano? Esprimere la curiosità attraverso le domande era permesso? La rabbia veniva espressa o piuttosto trattenuta?
In alcuni casi addirittura non si sa riconoscere le emozioni, non si sa dare loro un nome tanto sono state ignorate.
Questo non può che portare ad un cattivo rapporto con sé stessi e di conseguenza con gli altri: se non so distinguere tra rabbia e disgusto potrò esprimere tutte e due queste emozioni nello stesso modo creandomi situazioni di difficoltà interiori e con gli altri.
E’ con le nostre emozioni che scriviamo chi siamo.