Industria 4.0: Il Made in Italy se fosse un brand sarebbe il terzo al mondo dopo Visa e Coca Cola
A cura di Mauricio Espada Docente Esperto in Marketing e Comunicazione 4.0. Specialista in Cultura, Logistica e Trasformazione Aziendale in Impresa 4.0 maospada@hotmail.it
Il Made in Italy se fosse un brand sarebbe il terzo al mondo dopo Visa e Coca Cola. Quindi, bisogna lavorare tutti insieme per far si che diventi una realtà. Noi formatori siamo chiamati a promuovere l'idea quando ci confrontiamo con gli imprenditori, manager, funzionari pubblici e lavoratori.
Inoltre, i dirigenti avranno il compito di far moltiplicare l'idea condividendola e fissando una scadenza per iniziare a lavorare.
L’Industria 4.0 sarebbe un’ingrediente fondamentale per far diventare l’eccellenza del Bel Paese in un brand che andrebbe a scavalcare grandi marchi mondali, ma innanzitutto, l’obiettivo principale e quello di creare occupazione e valorizzare la produzione nazionale.
Il piano Industria 4.0, dice Confindustria, può accelerare la produttività fino al 50% e comprimere i costi fino al 30%, e, grazie all'internet of things comprimere fino al 100% i costi di manutenzione e quindi il fermo macchina.
Oggi questo asset che poggia sul Made in Italy, territorio, capacità di produzione di eccellenza e innovazione che si traduce in Industria 4.0 che vuol dire, per le imprese, 13 miliardi a disposizione per investimenti dal 2018.
In particolare, c'è il superammortamento che diventerà iperammortamento andando finalmente nella direzione giusta, favorendo chi vuole investire e vuole guardare al futuro.
Le aziende devono cogliere l'opportunità, devono trasformare l'eccellenza del Made in Italy in creazione di valore aggiunto.
Le Pmi italiane devono allinearsi ai livelli di competitività e produttività europei, sostenute da distretti e filiere riprogettate in ottica di ecosistemi digitali. Puntare a far sì che la manifattura, rinnovata e rivitalizzata in chiave Industria 4.0, passi dall’attuale 15% di contributo al Pil al 20%.
Non è un’operazione da poco. Per l’Italia, secondo la Ue, ci vogliono 6 miliardi all’anno. È una cura shock, ma è l’unica via possibile. Di questo oggi c’è, per fortuna, una consapevolezza abbastanza diffusa.