«Io vi dichiaro marito e moglie» alla faccia del covid
«Sposarsi con la mascherina? Distanziati? Senza baci e abbracci? Senza baldoria? Mai, piuttosto rinviamo». E così è stato per la gran parte dei promessi sposi ai tempi del coronavirus: cerimonie annullate e, con esse, stop forzato a tutto il business che ruota attorno al fatidico sì: location, catering, wedding planner, fotografi, sartorie. E’ la dura regola del covid. Ma come per ogni regola che si rispetti esiste un’eccezione che la conferma.
Questa eccezione ha due nomi: Valentina e Alessandro. Giovane insegnante di Podenzano lei, giovane infermiere di Pontenure lui, hanno deciso di sfrondare brutalmente quello che per tanti viene considerato prioritario e di andare dritti al punto: sposarsi. Se ne sono fregati del contorno, degli orpelli, della tradizione festaiola e hanno fatto quel che volevano fare, quel che avevano programmato di fare: consacrare il loro amore. Punto e stop. Per festeggiare c’è sempre occasione e si farà quando i tempi saranno migliori.
Detto, fatto: ieri pomeriggio, sabato 23 maggio 2020, Valentina Vacondio e Alessandro Arcari sono diventati i protagonisti del primo matrimonio piacentino ai tempi del coronavirus.
Scelta non facile: hanno dovuto rinunciare alla presenza fisica di tanti amici e i pochi ammessi nella chiesa degli Angeli custodi di Borgotrebbia, frazione di Piacenza, dovevano rispettare le regole ferree che tutti purtroppo abbiamo imparato a conoscere.
Eppure, contro ogni previsione, è stata una cerimonia stupenda. E lo dice chi scrive perché c’era, armato di fotocamera e di preconcetti; tutti sbriciolati dopo un solo istante di fronte ai primi invitati, giovani e anziani, arrivati a Borgotrebbia con gli occhi che sorridevano al posto delle bocche nascoste da mascherine ricamate per l’occasione: bellissimo.
Bellissimo nonostante tutto perché era chiara e netta la sensazione di assistere alla potenza del genere umano che, con i suoi sentimenti, i suoi desideri, le sue emozioni, trova comunque la forza di adattarsi, di trovare soluzioni, di andare avanti. C’è da coprirsi il volto? Bene, e noi ricamiamo le mascherine, le rendiamo eleganti, adeguate all’importanza del momento. C’è da evitare contagi in chiesa? Bene, al posto dell’acqua santa mettiamo un bel dispenser di gel igienizzante per le mani nell’acquasantiera; e non è da escludere che don Pietro Cesena, il parroco, l’avesse pure benedetto. C’è da evitare assembramenti limitando il numero degli invitati? Bene, siamo nel 2020 e ci attrezziamo con una diretta streaming sul canale YouTube della parrocchia e il gioco è fatto.
Del resto, per rimanere in tema cristianità seppur con tutte le debite proporzioni, la spinta a trovare soluzioni moderne e smart in pieno lockdown l’aveva già data Papa Francesco con la sua clamorosa indulgenza plenaria del 27 marzo destinata a passare alla storia: lui in piazza San Pietro, solo sotto il diluvio nel pieno rispetto delle prescrizioni a tutela della salute pubblica, eppure erano presenti, connessi via internet dalle loro case, quasi dieci milioni di italiani.