La centralità della Cultura Aziendale nelle dinamiche economiche
L’economia attuale sta sempre più lasciando il campo a fattori intangibili ed immateriali. L’avvento di internet ha fatto esplodere definitivamente questo nuovo modo di produrre ricchezza basato su fattori completamente diversi da quelli passati.
Viene infatti sempre più data importanza nei processi produttivi a qualcosa che non è fisico. Ad esempio:
· le idee
· il brand
· i brevetti
· la creatività
· la conoscenza
· la pubblicità
· il servizio al cliente
· la motivazione dei dipendenti
· le emozioni che scatenano i prodotti
La produzione oramai è sempre più dominata da questi fattori che stanno trasformando l’economia alla stregua di una rivoluzione che può essere paragonata a quella industriale per il cambiamento che sta portando nelle nostre vite.
Naturalmente, in questo scenario, il ruolo che giocano appunto i fattori che definiamo sovrastrutturali diventa sempre più importante. Se, durante la rivoluzione industriale, erano infatti dominanti i fattori produttivi materiali ora non si può non vedere l’enorme peso che ha la sovrastruttura nel determinare le stesse dinamiche materiali. Ad esempio le stesse speculazioni finanziarie possono essere considerate qualcosa di intangibile che però va a governare profondamente le dinamiche produttive.
Naturalmente in questo scenario la cultura Aziendale diventa il principale asset non fisico che determina il modo di produrre ricchezza. Nella cultura Aziendale si riassume principalmente infatti questo nuovo modo di creare ricchezza
Facciamo un esempio:
prendiamo due aziende che producono un oggetto relativamente semplice quali i bulloni. Quale sarà il fattore di vantaggio competitivo di un’azienda su un'altra se non il modo di pensare e quindi di comportarsi dei dipendenti all’interno dell’organizzazione stessa? La cultura tipica di una o dell’altra organizzazione sarà il vero elemento differenziante in un mercato sempre più competitivo dove il cliente si farà condizionare dal bullone stesso non in quanto commodity ma in quanto frutto di culture aziendali differenti.
Come pensano i dipendenti e come agiscono: è questo il nuovo asset che renderà diverso un’azienda da un’altra e quindi nel nostro caso un bullone dall’altro. Questo e non quel bullone sarà comperato perché conseguenza di una cultura aziendale che va a determinare come questo viene fatto, come viene consegnato, qual è il suo prezzo, quale è la sua qualità, quale è l’eventuale servizio che viene dato post vendita. In un piccolo oggetto fisico, quale è appunto un bullone, saranno contenuti paradossalmente più elementi immateriali che materiali che determineranno il suo vero valore d’uso per il cliente.
Per questo motivo diventerà sempre più necessario partire da un’analisi ed una conseguente gestione della cultura aziendale per creare imprese di successo che a loro volta creano economie di successo.
Fatta l’analisi si partirà infatti per consolidare, modificare o creare una cultura aziendale che sia funzionale al business. Dall’analisi infatti potrebbe venire fuori che:
1. la cultura aziendale è perfetta per l’organizzazione
2. la cultura aziendale pone alcuni limiti all’organizzazione ma per altri tratti è funzionale al business
3. la cultura aziendale è qualcosa di controproducente che nuoce all’organizzazione
Conseguentemente si andrà ad agire ad un grado differente per ogni livello, per avere una cultura aziendale che contribuisca profondamente al successo del business.
Quello che invece ci teniamo a sottolineare a questo punto è invece come
1) per far funzionare bene le aziende dobbiamo gestire la cultura aziendale
2) per gestire la cultura aziendale dobbiamo andare a lavorare sulle persone all’interno dell’organizzazione
3) per lavorare sulle persone dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sulla gestione delle risorse umane
Per cui la gestione delle risorse umane diventerà il fattore critico di successo più importante nelle aziende e conseguentemente nell’economia.
Il paradigma perciò viene spostato: le persone diventano l’elemento centrale dell’economia. Non sono più i mezzi della produzione ma ne diventano l’elemento fondante: le dinamiche dello sfruttamento lasciano lo spazio a quelle della valorizzazione.
Mentre il vecchio modello taylorista portava ad un utilizzo come valore d’uso del lavoratore, con questo cambiamento, abbiamo una vera rivalutazione del dipendente.
In questo passaggio dal vecchio al nuovo modello permangono tuttavia elementi antichi duri a morire. Il modello taylorista permane nelle organizzazioni moderne come una cattiva abitudine. Il cambiamento di paradigma è cioè avvenuto nella teoria ma è duro a morire nella pratica. I dipendenti sono infatti un elemento di vantaggio competitivo nell’economia ma spesso e volentieri sono trattati stupidamente secondo schemi antiquati.
Lavorare sulla cultura aziendale comporta pertanto riportare al centro del meccanismo produttivo la persona condividendo con questa modi di pensare ed agire funzionali al successo aziendale. Pertanto non si può non pensare che siano in procinto di cadere la vecchia divisione fra management e dipendenti con la contrapposizione fra proprietà e sindacati.
Nel nuovo modello valoriale queste contrapposizioni sono infatti, per forza di cose, destinate a saltare vedendo nell’azienda un unico agglomerato di dipendenti uniti dai valori.
I lavoratori pertanto dovranno subentrare alle mere logiche finanziarie pena il collasso del sistema capitalistico. Ciò non vuol dire che il profitto non rimanga alla base dell’attività economica ma solamente che ad esso ci si arriverà tramite le persone e non pena le persone stesse. Si arriverà pertanto all’equazione per cui valorizzazione del Capitale umano sarà uguale a valorizzazione del Capitale tout court. Verrà meno la idiosincrasia fra primo e secondo creando la terza via fra capitalismo e comunismo.
Il sistema metterà finalmente insieme valori che nel modello economico taylorista erano antitetici: profitto e solidarietà, surplus e valorizzazione del personale e vantaggio competitivo e responsabilità sociale d’impresa