La tecnologia inclusiva
C'è un video di Google che faccio sempre vedere ai miei studenti: c'è chi lo definisce "emotional", chi invece proprio si commuove. Lo trovi su YouTube digitando "Loretta Google" (ma lo metto anche qui, alla fine del paragrafo): in modo (quasi) del tutto inaspettato Google cambia la sua "solita" community di riferimento. Non parla più a noi digital addicted, non si rivolge alle generazioni più giovani, ma anzi associa il suo assistente vocale a un uomo decisamente in là con l'età che sfrutta lo strumento per essere compreso e per aiutare a ricordare l'amore della sua vita, Loretta.
Ho pensato molto a questo video negli ultimi giorni: mia figlia sta imparando a dire le sue prime parole oltre a quelle basiche. Il tramite tra il suo linguaggio e il mondo ora sono io: io capisco, in parte, lei e lei capisce, in parte, me. La strada che stiamo percorrendo è quella per cui un giorno lei potrà capire tutti e tutti potranno capire lei.
Ci penso spesso, dicevo, a quel video di Google perché la scorsa settimana ho seguito #MakeToCare l'iniziativa di Sanofi, in collaborazione con Maker Faire Rome, che cerca soluzioni innovative per migliorare la vita dei pazienti e dei loro care giver grazie a un utilizzo intelligente della tecnologia.
A vincere il contest quest'anno è stata l'app CapisciAMe, realizzata da Davide Mulfari, che dà la possibilità alle persone che come lui sono affette da disartria, un disturbo neuromotorio del linguaggio spesso associato a tetraparesi, SLA, esiti di ictus e altre tipologie di disturbi degenerativi, di poter parlare - ed essere comprese - dagli assistenti vocali. Integrando l'app con questi ultimi si rende quindi possibile a chi ne ha davvero bisogno di poter utilizzare degli strumenti che noi diamo ormai quasi per scontati e che spesso usiamo solo per svago, ma senza alcuna reale utilità (a meno che chiedere a Google di ascoltare le playlist di canzoni natalizie su Spotify non sia considerata una necessità primaria).
Quelli bravi questa cosa la chiamano Patient Innovation: è il paziente, ossia colui/colei che ha davvero necessità di sfruttare una (nuova) possibilità a crearsela, facendo leva sulle conoscenze della propria malattia/della propria disabilità e collaborando con chi invece l'innovazione è in grado di farla, indipendentemente da tutto.
C'è quel video di Google, appunto, al quale penso spesso: è stato un passo avanti e mi piacerebbe che fosse anche però il passo precedente prima di raggiungere un nuovo traguardo. Quella di una tecnologia che possa ritenersi (sempre) inclusiva per tutti, dando ragione quindi all'aggettivo che la definisce.
Tutto questo discorso non può non farmi tornare in mente un altro dei video che mostro sempre ai miei studenti (e anche qui, di solito, giù lacrime a profusione): un paio di anni fa Microsoft, sempre in occasione del Super Bowl, lancia una nuova controller, rendendo il gioco davvero il gioco l'attività più inclusiva e democratica che possa esserci.
Communication Strategist | Consulente di comunicazione
4 anniBellissima riflessione Raffaella e capolavori i video che segnali. Grazie! 🙂
DIGITAL PROJECT MANAGER • COMMUNICATION SPECIALIST
4 anniChe bello!