L’auto elettrica è davvero il futuro?
Il diesel inquina troppo. L’alimentazione elettrica è l’unica strada percorribile. Le automobili a batteria sono il futuro.
Ormai da qualche anno sentiamo e leggiamo considerazioni di questo tipo sui prossimi trend dell’industria automobilistica. Una comunicazione così massiva e pervasiva da convincerci che l’auto elettrica non sia un concetto così avveniristico, ma che possa diventare un bene di consumo nel prossimo futuro.
Ma è davvero così?
Ho letto qualche giorno fa un interessante articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore sulla tematica, in cui, dati alla mano, si mette in dubbio il futuro del mercato dell’auto elettrica. L’analisi sostenuta dal giornalista smentisce le ambizioni dei car makers: ai 225 miliardi di dollari di investimenti previsti da qui al 2023 che i costruttori di auto sarebbero pronti a sostenere a favore dell’elettrificazione dell’industria, non corrisponderebbe un riscontro positivo da parte degli utenti che, al momento, non sono disposti ad acquistare automobili totalmente elettriche.
Come mai?
Tra i motivi principali vi è senza dubbio l’assenza di un’infrastruttura, che deve coesistere e svilupparsi congiuntamente al mercato dell’auto elettrica (le colonnine di ricarica) e che oggi non è assolutamente adeguata. Bisogna necessariamente realizzare una struttura concreta e capillare per permettere al mercato dell’elettrico di crescere. E, al momento, non è così.
Certamente lottare contro l’inquinamento atmosferico e diminuire le emissioni di CO2 è un impegno di cui tutti – nessuno escluso – dobbiamo prenderci carico. Ma, realisticamente, la soluzione ecologica non è al momento quella di buttarsi a capofitto nell’elettrico.
Lavoro nel settore delle flotte da molto tempo e, così come i privati cittadini, anche le aziende sono tutt’ora scettiche sulla sostituzione del proprio parco auto aziendale a favore dell’auto totalmente elettrica. Le motivazioni sono le medesime dell’utente privato, e ancora più perentorie: un’azienda non può permettersi di possedere veicoli con un’autonomia ridotta, non sostenuta da un’adeguata infrastruttura.
Ritengo che, al momento, non esistano, almeno per le auto aziendali, alimentazioni alternative al gasolio. È necessario, dunque, trovare valide e concrete alternative alla lotta alla carbon footprint, come ad esempio, motori a diesel che, grazie agli investimenti previsti (la normativa Euro 6 D-TEMP ne è un esempio) stanno diventando sempre meno inquinanti.
Nel business c’è bisogno di maggiore solidità e concretezza per apportare un cambiamento radicale ed è importante possedere una maggiore consapevolezza della realtà per poterla cambiare.
E se vi dicessi che esiste un modo per abbattere le emissioni di flotta, guadagnando anche un certificato utile al bilancio sostenibile, senza dover cambiare radicalmente la car list? Se vi dicessi che si può avere una flotta ad impatto zero nei confronti dell’ambiente, semplicemente ragionando sul tema da un diverso punto di osservazione? Ci credereste?
Chiudo questo mio articolo con una citazione che in me ha sempre generato riflessioni: L’illusione più fatale è il punto di vista stabile, dato che la vita è crescita e movimento, un punto di vista fisso uccide chiunque ne abbia uno. Cit. Justin Brooks Atkinson