L’inclusione finanziaria per combattere la povertà

Secondo il Global Findex Database 2017, circa il 31% della popolazione mondiale non ha accesso a servizi finanziari, quindi ad una banca o ad un altro tipo di istituto. Si tratta di una forma di esclusione che ha grande impatto sullo sviluppo, perché preclude all'individuo l'accesso al trasferimento del denaro, alla conduzione sicura di una attività, al credito e a numerosissimi servizi che sono alla base dello sviluppo umano e della capacità del singolo di ottenere le risorse per esprimere il proprio potenziale.

Numerosi paesi in via di sviluppo stanno indirizzando questo problema con campagne molto intense, un esempio positivo indicato dallo studio è l'India che ha raggiunto risultati importanti: nel 2014 solo il 51% della popolazione adulta indiana accedeva ad un conto corrente, nel 2017 si è raggiunto l'80%, si tratta dell'apertura di 300 milioni di conti correnti in pochi anni. La crescita dell'inclusione finanziaria è andata di pari passo con il crescere della ricchezza del Paese, accelerandola in un circolo virtuoso.

Anche in Italia l'inclusione finanziaria, intesa come accesso di base ad una forma di risparmio, è una tematica non ancora risolta. Se da una parte solo una percentuale residua della popolazione residente si affida a sistemi alternativi agli strumenti finanziari, il fenomeno delle migrazioni ha reso necessario monitorare che in Italia non si producano nuove forme di esclusione sociale.

È stato creato per questo l'Osservatorio Nazionale sull'Inclusione Finanziaria dei Migranti, un progetto pluriennale nato dalla collaborazione fra l'Associazione bancaria italiana (ABI) e il Ministero dell'Interno, e gestito dal Centro studi di politica internazionale (CeSpi), che ha permesso di verificare una relazione tra l'accesso dei migranti al sistema bancario e la crescita dell'indipendenza finanziaria e dell'imprese gestite da stranieri.

L'inclusione finanziaria intesa come accesso al risparmio e al credito non è però più sufficiente. Negli ultimi 10 anni è esplosa nel mondo l'offerta di servizi e prodotti accessibili attraverso app, smartphone o pc. Si tratta di una rivoluzione culturale che ha già modificato, nel bene e nel male, la nostra vita e il nostro modo di lavorare.

Dietro ognuno di questi servizi, che utilizziamo quotidianamente, c'è un sistema di pagamento innovativo che svolge la funzione della cassa e, a volte, anche del contante. Pensiamo al fenomeno del Money transfer che vede battaglie tra colossi quali Western Union e Wechat, oppure la nascita di nuovi standard per i pagamenti peer to peer ed elettronici portati dalla banca virtuale N26 o dal servizio Revolut, che non è una banca ma un servizio online alternativo alle banche.

Con questa premessa è evidente che rimanere esclusi dai servizi finanziari è oggi molto più invalidante rispetto a 10 anni fa, perché si viene tagliati fuori da un mondo in rapida evoluzione che genera ricchezza e posti di lavoro. Il Parlamento Europeo in uno studio ha quantificato che i posti di lavoro relativi alla App Economy nel 2017 sono quasi 1,9 milioni, con l'Italia al quarto posto per numero di sviluppatori complessivo, ed è un trend che è destinato ad aumentare con l'avvento del 5G, che aprirà le porte a nuovi servizi che allargheranno ulteriormente l'indotto.

L'inclusione finanziaria diventa quindi anche una missione legata alla formazione dei cittadini che, pur possedendo un conto e avendo accesso al sistema bancario, non hanno gli strumenti per valutare e utilizzare servizi quotidiani. Un semplice controllo delle spese attraverso un'app, oppure la gestione di un pagamento online, o una carta di credito virtuale, sono tutti esempi di azioni relativamente semplici che però faticano, specialmente in Italia, ad entrare nell'uso comune della maggioranza della popolazione.

L'Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano ha rilevato che nel 2017 il totale delle transazioni digitali in Italia è di 220 miliardi di euro e ha registrato una crescita del 14% delle sole transazioni con carta di credito, ma il nostro paese rimane comunque al 24° posto, dei 28 paesi europei coinvolti, per numero di transazioni annue pro-capite.

In futuro, grazie all'Open Banking, i consumatori potranno avere una visibilità molto più completa dei servizi delle banche e avere accesso ad un numero sempre maggiore di informazioni, intraprendendo un percorso di risparmio e avendo il pieno controllo della propria situazione finanziaria. NTT Data ha pubblicato un report riguardo questo trend e ha rilevato che la clientela è in cerca di un rapporto sempre più diretto con la propria banca: la tendenza è che il consumatore desidera che la propria banca conosca le sue esigenze e gli offra delle soluzioni personalizzate. Con la tecnologia questa evoluzione è possibile in un contesto di mercato che vede l'Open Banking affermarsi come nuovo paradigma di relazione tra Financial companies e clienti.

Le prospettive sono ancora più entusiasmanti: l'ingresso delle blockchain sul mercato ha il potenziale per modificare gli attuali equilibri a favore di una maggiore automazione e trasparenza. Oltre al successo delle cripto-valute, infatti, le blockchain hanno il merito di sostituire il rapporto di fiducia o l'ente terzo che garantisce una transazione. Il risultato è che a tendere la firma di un contratto, una certificazione ufficiale o l'inserimento di una informazione protocollata, diverrà automatica, senza passaggi burocratici che appesantiscano i rapporti tra le banche e i consumatori e rallentano la comunicazione.

Articolo pubblicato originalmente su Huffington port Italia. continua a leggere 

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