Milano Latina – breve cronaca di una giornata nel Sudamerica meneghino
Milano è una città per tutti i gusti, un appassionato d'arte non ha che l’imbarazzo della scelta. Nel mio caso, avendo solo una giornata a disposizione, ha prevalso decisamente l’indirizzo latinoamericano anche se condito con un po’ di Ottocento italiano, un assaggio di Morbelli alla GAM, giusto per staccare.
Prima tappa – Casa del Manzoni – Buena Suerte, Milagros De México – mostra interessante in una location particolarmente consona. La mostra organizzata dalla Fondazione Per Grazie Ricevute (www.pergraziericevute.it) e curata da Roberta Riccio presenta circa 300 ex-voto contemporanei dipinti su metallo da diversi artisti e appassionati corredati da oggetti di devozione popolare e suddivisi per tematiche, dalle più tradizionali alle più fantasiose. La pratica popolare di realizzare degli oggetti e dei piccoli dipinti da affiggere nelle chiese per ringraziare della grazia ricevuta ha origini molto antiche ed era ampiamente diffusa nei paesi cattolici, ma nei particolari stilemi dell’immaginario messicano ha trovato un suo posto d’elezione, tanto da divenire riferimento per molti artisti contemporanei da Frida Kahlo in poi. Un allestimento di vivaci testimonianze di vita contemporanea connotate da un approccio ironico e divertito; una visita fra il sacro e il profano che trova nel percorso della vita e delle opere del Manzoni il suo perfetto contraltare. I pezzi provengono da una collezione privata e saranno visibili fino al 20 luglio 2019.
Seconda Tappa – PAC – Anna Maria Maiolino. O amor se faz Revolucionário – Il Padiglione d’Arte Contemporanea presenta la prima mostra italiana di Anna Maria Maiolino, storica artista brasiliana. Il curatore, Diego Sileo, ha scelto di sviluppare l’esposizione cronologicamente, ma in senso contrario, dalle opere più recenti a quelle degli anni Sessanta: dal mio punto di vista una scelta vincente perché permette anche a quanti non hanno alcuna informazione sull’arte latinoamericana di entrare nel mondo dell’artista. Anna Maria Maiolino emigrò con la famiglia dall’Italia in Venezuela negli anni Cinquanta e, nel 1960, a 18 anni, si trasferì in Brasile, dove conobbe ben presto la durezza del regime militare. Le prime opere che vediamo, realizzate in argilla cruda, contengono già, seppur in forma più decantata, gli snodi della sua arte degli anni Sessanta, la matericità, il rapporto con il corpo, con la creazione e quindi con l’essere donna. Poi, ad attraversare tutta la sala, la serie Indicios, disegni realizzati con ago e filo su carta, visibili su entrambi i lati, un rimando alle attività femminili, alla loro ripetitività, ma anche alla loro capacità di creare fessure, passaggi di luce inaspettati. Poi i dipinti, visibili per la prima volta, rielaborazione della sua attività scultorea e accompagnati dai video di alcune performance. Entrevidas, fotografie che documentano la performance del 1981 a Rio de Janeiro che denunciava la precaria situazione del paese, ma anche la speranza nella rinascita. Sculture che indagano forma e materia, pieno e vuoto in un’incessante ricerca di comprensione. Infine nel piano alto le opere degli anni Sessanta quando, parte del movimento della Nova Figuraçâo, utilizzava elementi della cultura pop in chiave di denuncia. Una mostra che merita davvero di essere vista perché presenta per la prima volta una panoramica completa dell’artista, ma anche perché permette di comprendere meglio l’arte e la storia di un intero paese.
Alla fondazione Carriero ci sarebbe la mostra di Lygia Pape, altra grande artista brasiliana che operò sul fronte del neoconcretismo, ma il tempo stringe e quindi, dopo un salto alla adiacente Galleria di Arte Moderna, mi limito ad un’altra destinazione.
Ultima Tappa – MuDeC - Storie In movimento. Italiani a Lima, Peruviani a Milano – questa mostra si colloca nel più ampio progetto Milano Città Mondo che, dal 2015, esplora storie e modi di vita della maggiori comunità internazionali presenti a Milano. Dopo Eritrea/Etiopia, Cina ed Egitto quest’anno è la volta del Perù, la quarta comunità internazionale per numero di presenze nella città. Dopo un breve excursus storico sulle relazioni tra Italia e Perù, da luogo di favolose ricchezze a concreta meta di emigrazione italiana, vengono presentate due esperienze paradigmatiche, quella del bancario italiano Antonello Gerbi e quella dell’artista peruviano Jorge Eduardo Eielson. Devo ammettere che entrando nell’esposizione non mi è stato subito chiaro questo aspetto, cioè che non avrei visto diverse storie di emigrazione, ma soltanto due casi specifici, quindi sul primo momento mi sono trovata spiazzata. Una volta capito l’impianto ho però apprezzato l’emblematicità di due storie così diverse eppure così simili, di due percorsi di emigrazione e di scoperta reciproca. Ricca la documentazione sull’attività di studi di Gerbi relativa alle relazioni culturali tra il Nuovo ed il Vecchio Mondo, ma anche sulle tradizioni multiculturali del paese che lo accolse dopo l’allontanamento dall’Italia in seguito all’emanazione delle leggi razziali. Abbastanza tipico degli artisti latinoamericani di quell’epoca il percorso di Eielson che, alla fine degli anni Quaranta, arriva a Parigi per completare la sua formazione artistica (pochi anni dopo la meta d’elezione sarebbe diventata New York). Abbastanza consueto anche il successivo passaggio a Roma, ma, a differenza di altri, decide di fermarsi in Italia, approdando negli anni Settanta a Milano, e sviluppando una cifra artistica che da posizioni di tipo informale e di carattere più cosmopolita passa gradatamente ad un’esplorazione profonda delle proprie origini. Concludono la visita una serie di video interviste realizzate dalle ricercatrici Valentina Mannu, Cammilla Marcucci e Margherita Valentini incentrate su cinque nuclei tematici: vita personale, migrazioni, cibo, spiritualità e musica e danze tradizionali.
Dal Messico al Perù passando per il Brasile: è stato un bel viaggio.