Nuovi modelli per tornare a crescere
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Nuovi modelli per tornare a crescere

Le strategie di EY per incrementare efficienza, produttività e resilienza delle aziende italiane

La crisi del Covid forse non cambierà del tutto il mondo come lo conosciamo, ma alcune cose non saranno più come prima: non è solo questione di ricadute negative sul Pil o sui margini, perché gli impatti sono maggiori e riguardano la nostra vita, le aziende e la pubblica amministrazione. L’emergenza sanitaria, però, è stata anche un acceleratore di alcuni fenomeni e trend già  in corso. 

“Durante l’emergenza abbiamo visto un’accelerazione di alcuni processi come la digitalizzazione del lavoro, la diffusione dell’e-commerce e del delivery, che in un contesto di normalità avrebbero richiesto tempi ben più lunghi”

(Massimo Antonelli, amministratore delegato di EY in Italia e managing partner dell’area Mediterranea).

“Questo vale anche per l’online education, da fenomeno di nicchia ad abitudine di massa con salto di scala significativo”, aggiunge Marco Daviddi, transaction advisory services leader dell’area mediterranea di EY. 

DOMANDA Siamo dunque alle prese con un acceleratore di cambiamento, ma a che prezzo?

MASSIMO ANTONELLI. Nel nostro scenario la contrazione del Pil varierà fra l’8,3% e l’11,7% e quella dei consumi dal’11% al 15% in media, con punte che possono arrivare al 60% nei settori del turismo e del retail. Meno consumi significa meno possibilità per le aziende di investire. Però aumenta la spesa per i generi alimentari a vantaggio delle aziende della grande distribuzione, con un incremento del fatturato stimato tra il 4,6% e il 9,7%. Chi sta cogliendo maggiori opportunità sono le aziende delle telecomunicazioni e tecnologia, e i settori life science e salute.

D. Il quadro della situazione vi preoccupa?

MARCO DAVIDDI. Il Covid ha colpito un sistema Italia con caratteristiche peculiari: avevamo una dotazione infrastrutturale non ottimale, anche per quanto riguarda le reti di trasmissione dati, con una penetrazione della banda larga ferma al 30% delle famiglie; il tessuto produttivo è ancora di dimensioni contenute, il che significa grande imprenditorialità diffusa ma molte difficoltà nel gestire la trasformazione; la fascia qualificata dell'occupazione cresce meno di quella non qualificata; poi le criticità della Pubblica Amministrazione, che non riesce ancora ad essere così pervasiva e online, e abbiamo visto quanto sia stato difficile dialogare col pubblico nella fase di lockdown; ultimo punto, il forte ritardo dell’innovazione tecnologica e nella digitalizzazione. Su tutto questo si è abbattuto il Covid.

D. Il Governo ha mobilitato enormi risorse, sono sufficienti? E come andrebbero utilizzate?

ANTONELLI. E’ evidente che nei prossimi mesi, e forse oltre, ci troveremo di fronte ad una recessione molto grave che renderà necessarie ulteriori misure di sostegno e di welfare. Il combinato delle misure fiscali messe in atto dal Governo dovrebbe tendere a far ripartire sia la domanda, rilanciando i consumi, sia l’offerta, operando sulla liquidità delle aziende e del commercio. In tal senso, sono dirimenti le misure di sostegno al reddito adottate ad oggi (INPS), che alimenteranno la domanda nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, nonché le misure di sostegno alla liquidità delle imprese che serviranno a dare ossigeno al tessuto produttivo.

DAVIDDI. La risposta, sulla carta, è stata forte, con interventi straordinariamente importanti. Ne dovremo misurare gli effetti: la Pubblica Amministrazione dovrà dimostrare di saper passare dal quadro normativo alla capacità di metterlo in atto, un tema di execution molto rilevante.

D. Le imprese si trovano di fronte ad alcune sfide senza precedenti. Da dove cominciare?

DAVIDDI. Abbiamo individuato gli ambiti di intervento prioritari, partendo dalla supply chain, tema dirimente: secondo il Capital Confidence Barometer di EY, il 52% delle aziende sta prendendo provvedimenti per cambiare l’assetto attuale e questo accelera il ritorno in Europa e in Italia della produzione e della manifattura. Servirà poi introdurre processi di automazione, e il 41% lo sta già facendo; poi investire nella digital transformation, specialmente dei canali di vendita, compresi quelli B2B. Ma la sfida sarà anche sulla gestione efficiente del capitale umano e delle nuove skill richieste. Infine il tema del capitale delle aziende: alcune perderanno fatturato con performance negative nell’immediato futuro e molte stanno guardando al debito come elemento per gestire la liquidità nel breve. Ma la riduzione del margine e l’incremento del debito pone in forte pressione il capitale. Da qui la necessità intervenire per la ricapitalizzazione del sistema produttivo, anche attraverso aggregazioni e operazioni dove il private equity può avere un ruolo significativo.

D. In sintesi, quali sono i fattori chiave affinché il Paese possa ripartire?

ANTONELLI.  Ne parleremo insieme a esponenti del mondo politico, economico e industriale, in occasione dell’evento EY “Italia Riparte”, del 4 giugno, un Digital Talk per pensare in modo nuovo alle strategie e il futuro del sistema Italia, affrontando il tema della ripresa post emergenza nei principali settori industriali e non del nostro Paese quali turismo, automotive, infrastrutture, manifattura, sanità e Made in Italy, solo per citarne alcuni. Posso anticipare che al contorno servono quattro condizioni abilitanti. Primo, le infrastrutture: sono necessari grandi investimenti perché le opere pubbliche, comprese le reti di comunicazione dati, il 5g, le infrastrutture sanitarie e l'edilizia scolastica, hanno un immediato impatto sul Pil e sull’occupazione e quindi sono una spinta alla ripresa dell’economia. Secondo, l’istruzione: deve essere ripensata per evitare il rischio di perdita della professionalità. Terzo, il digitale: bisogna spingere sulla trasformazione, a partire dalla Pubblica Amministrazione, e costruire una visione di Paese che, in futuro, possa risultare più resiliente di quanto non lo sia stato fino ad ora. Ultimo aspetto, meccanismi più efficaci di collaborazione strutturata tra pubblico e privato: serve un nuovo patto per guadagnare efficienza nel rispetto delle regole ma con tempistiche decisamente più veloci dal punto di vista operativo. Su tutto, una sola idea: il Paese si deve dotare di un piano industriale che individui le sue ambizioni, investendo le risorse disponibili là dove riusciamo ad essere più incisivi, per creare più occupazione e più ricchezza diffusa.

Ivano Scolieri

Owner Inventrix, Author, Visionary Edu-Entertainer

4 anni

Avverto una certa omologazione delle ricette per superare il periodo critico. Alcune intenzioni sono ancora dettate dall’effetto delle paura sociale/commerciale. Essendo una nazione ricca di valore culturale e sociale sarei per idee a più livelli. La “ strambata” digitale per un mondo che non si deve poi ammalare di altro non deve essere la sola ed unica cura. Deve essere armonizzata ad altre soluzioni che stentano a prendere corpo nell’opinione pubblica.

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