Quanto, se e come tirarsela
Il Riccio - film - 2009

Quanto, se e come tirarsela

Qual è il tuo stile quando ti presenti a qualcuno in ambito lavorativo? Te la tiri? Come? Ma non ci hanno mica insegnato che tirarsela è da arroganti? La questione sembra superficiale, ma va dritto ad un punto: riflettere sul proprio personalissimo stile attraverso cui ci valorizziamo.

Scrivo questo post perché in questi mesi mi sono imbattuto in professioniste e professionisti che sfoggiano per prima cosa le loro coppe lucidate: qualifiche, posizioni, certificazioni, conoscenze. Quasi prima di dare la mano e salutare. Ti è mai capitato? Bene, quando mi imbatto in queste situazioni provo due emozioni: mi stupisco e mi imbarazzo.

Mentre ci pensavo mi è subito apparso davanti un romanzo che lessi tempo fa, l’Eleganza del Riccio. Ecco, mi sento molto più a mio agio a pensarmi come Renée, la protagonista: una custode di un condominio parigino, all’apparenza schiva, urfida, senza medaglie o lustrini, ma che in realtà è una divoratrice di libri e di conoscenza. E che guarda caso attira ed è attirata dal nuovo inquilino, un misterioso e ricco giapponese, che ha esattamente il suo stile: sobrio, schivo, in una parola “elegante”. Li vedete nell’immagine qua sopra, che ho effettato come se fosse un vecchio momento di una vecchia televisione non ben sintonizzata.

Ecco.

C’è chi si tira a lucido e si mostra. Chi non lo fa. C’è chi vale quel che mostra, chi un po’ di meno, chi per nulla, chi si sopravvaluta e chi si sottovaluta. Ci sono tante coppe lucidate che valgono poco, le vedo ogni giorno. E tante altre che valgono tantissimo ma sono come Renée. E allora dopo lo stupore e l’imbarazzo mi sale l’incazzatura. Un rigurgito di orgoglio.

Forse sono invischiato in un nugolo di credenze limitanti, che affondano le loro radici nel mio retroterra familiare. Quando prendevo un bel voto a scuola, i miei non facevano una piega, perché per loro era il mio dovere. Ah, naturalmente non era contemplata nessuna esaltazione su quanto fossi bravo. Ma lo ero, maledettamente. Bravo uguale secchione uguale disadattato. Altra equivalenza, altro giro di credenze.

Così nel tempo ho imparato a godere dei miei successi dentro, silenziosamente, e la mia molla di sviluppo è diventata sentirmi il migliore dentro, indipendentemente dai riconoscimenti esterni. Questo scenario non contempla nemmeno la coppa lucidata: se valgo, lo so io e non sta bene dirlo all’esterno. In PNL lo chiameremmo metaprogramma “riferimento interno”. Il fiocco al pacchetto me lo dà però un altro elemento: penso sempre che ci sia qualcuno meglio di me da cui imparare. E quindi ho poco da infiocchettarmi, meglio stare un passo indietro, no?

Conclusioni?

Nessuna, perché concludere significa finire, mentre io ho appena iniziato a riflettere. E ho già in mente qualcosa di diverso che farò da domani. E tu?

Carola Mina

Territory Sales Manager

1 anno

Uhhh l’ho letto anch’io. È stupendo 😻

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