Questa non è una pipa

Questa non è una pipa

Il tradimento delle immagini è uno dei dipinti più famosi di René Magritte.

Raffigura una pipa, accompagnata dalla seguente didascalia: “Questa non è una pipa.”

Ma, c'entra qualcosa con lo studio degli utenti? Vediamo.

L'intenzione più evidente di Magritte è quella di dimostrare che, anche se dipinta nel modo più realistico, una pipa raffigurata in un dipinto non è una pipa. Tutto ciò che rimane è l'immagine di una pipa che non può essere riempita o fumata, come si farebbe con una pipa vera.

Immagina di trovarti davanti a quel dipinto che con disarmante semplicità ci svela una verità tanto ovvia quanto spesso ignorata: l'immagine di una cosa non è la cosa stessa

Ma lascia che ti racconti un po' di più su questa intrigante contraddizione visiva.

Magritte non ci sta solo facendo un gioco di parole quando ci dice "Questa non è una pipa". Sta, in realtà, raccontando un principio fondamentale: la differenza tra rappresentazione e realtà. 

È un po' come quando guardiamo una fotografia del mare di Napoli: possiamo ammirarne la bellezza, ma non possiamo sentire il vento fresco sul viso. 

Nel 1929, con Il tradimento delle immagini – dipinto emblematico di questa serie di cui realizzerà diverse versioni sotto titoli diversi – Magritte completa la dimostrazione: “né l'immagine né le parole sono una pipa ed entrambe sono segni arbitrari”.

Mentre scrivevo questo testo mi è tornata alla mente una famosa frase "Una mappa non è il territorio" di Alfred Korzybski, che ci ricorda che ogni rappresentazione, per quanto accurata, sarà sempre una semplificazione, una selezione di ciò che riteniamo importante. 

Korzybski era un ingegnere ed esperto di intelligence. Indirizzò poi il suo lavoro verso il campo delle scienze umane. Ha fondato la semantica generale, una logica del pensiero basata sulla matematica e sulla fisica all'inizio del secolo

Il lavoro di Korzybski ruota attorno alla fondazione di quella che lui stesso ha definito una "scienza dell'uomo". 

Sfidato dai problemi ricorrenti incontrati nella civiltà occidentale del suo tempo (incomprensione, povertà, guerra, ecc.), si impegnò a studiare il funzionamento dell'uomo nel suo ambiente, vale a dire il modo in cui il nostro sistema nervoso percepisce, interpreta e modifica, tra l'altro ciò che lo circonda, per cercare di stabilire un metodo che permetta agli uomini di comunicare meglio, di capirsi meglio, di agire secondo i fatti e non secondo rappresentazioni errate, acquisite o innate.

Questa frase mi ha fatto impazzire per diverso tempo, poi ho trovato una piccola analogia nel lavoro quotidiano di analisi dei dati di navigazione delle persone online.

La mia riflessione ha a che fare con Google Analytics, un software gratuito di Google che è possibile utilizzare per tenere sotto controllo circa 2000 parametri di un sito web, generati dalle azioni compiute dagli utenti che lo usano.

Usare questo software significa leggere numeri sui quali fare dei ragionamenti.

Ora, analizzare l’andamento di un sito web guardando soltanto ai numeri può portare certamente a valutazioni errate, perché mentre osserviamo i dati non sempre abbiamo contezza di ciò che stiamo osservando davvero.

Mi spiego meglio

I dati analitici rappresentano numeri che identificano le azioni che le persone compiono in un sito web (per esempio: tempo di permanenza delle persone in un sito web, numero di pagine lette, paese di provenienza ecc).

Leggere i numeri senza guardare contemporaneamente alla pagina del sito che li ha generati è un errore.

Ogni pagina è realizzata secondo uno schema distinto, magari ripetuto nella struttura, che però è organizzato in un dato modo, per raggiungere un dato risultato.

La mappa non è il territorio appunto, dove la mappa è Google Analytics e il territorio è il sito web.

Il proprietario del sito ha i suoi obiettivi da raggiungere, così come gli utenti che lo navigano.

Il proprietario vuole che il sito sia uno strumento di comunicazione e di vendita, le persone vogliono trovare le informazioni rilevanti e magari procedere all’acquisto.

Quella pagina, ogni singola pagina a dire il vero, genera segnali e questi segnali sono raccolti da Google Analytics e convertiti in numeri, allo scopo di consentirci di “vedere” ciò che non è possibile vedere e di misurare le azioni delle persone, per prendere decisioni consequenziali. 

“Non posso vedere quello che fanno le persone che navigano nel mio sito, posso guardare questi numerini che rappresentano il suo comportamento”

Korzybski usò la frase "una mappa non è il territorio" perché intendeva sottolineare la differenza tra un oggetto e la rappresentazione dell’oggetto, tra una realtà e la rappresentazione di quella realtà, perché era convinto che molte persone faticassero a distinguere le due cose.

La realtà aumentata: Quindi anche una rappresentazione dettagliatissima della realtà non potrà mai essere la realtà: ogni realtà aumentata a ben vedere sarà sempre una diminuzione di realtà. Ne coprirà fisicamente delle parti sovrapponendo immagini o scritte e ne indirizzerà semplicemente la fruizione verso la selezione di quelle aree che altri utenti hanno preferito o messo in evidenza.

Volendo portare il concetto sui social media, questo infinito mare di "mappe" personali che navigano nel "territorio" delle nostre vite, ogni post, ogni foto è una scelta, una rappresentazione che vogliamo condividere con il mondo. 

Ma, proprio come la pipa di Magritte, ciò che vediamo online è spesso solo la superficie, la punta dell'iceberg. Dietro ogni selfie, ogni piatto gourmet fotografato c'è una storia, un contesto che rimane invisibile. 

Pensa a un CV: è una mappa delle competenze e delle esperienze di una persona, ma non racconta tutto. Non mostra la passione, la determinazione, le ore di lavoro e gli ostacoli superati. È una mappa utile, certo, ma non è il territorio della vita professionale di una persona.

In tutto questo, il messaggio di Magritte rimane attuale e provocatorio: ci sfida a guardare oltre le apparenze, a ricordare che dietro ogni immagine c'è qualcosa di più profondo, un territorio ricco di dettagli e sfumature che la mappa non può catturare.

Quindi, la prossima volta che ci imbattiamo in una rappresentazione, sia essa un'opera d'arte, una fotografia sui social media o un documento professionale, ricordiamoci di fermarci un attimo. 

Pensiamo a ciò che sta dietro, a ciò che è stato omesso, alla storia non raccontata. 

In questo modo, potremo avvicinarci un po' di più alla comprensione del vasto e complesso territorio della realtà umana.


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