"Repetita non iuvant sed stufant"
Così diceva scherzosamente il mio professore di greco. Questa massima si applica sicuramente al processo civile, nel quale da tempo si cerca di contrastare la tendenza dei difensori delle parti a ribadire, in ogni atto del giudizio, concetti già in precedenza espressi, a volte con un pigro “copia e incolla”. Questo inutile eccesso di verbosità rallenta la durata del processo (leggere richiede, in effetti, tempo) e appesantisce la causa, senza nessuna effettiva utilità.
Una recente ordinanza del Tribunale di Bologna, redatta dal dr. Costanzo e gentilmente fornitami da Valeria Cianciolo, ricorda l’esigenza di evitare inutili ripetizioni e strabordanti esposizioni negli atti processuali.
Il giudizio era sottoposto al rito pre-Cartabia, ma il giudice bolognese osserva che il valore della chiarezza e sinteticità nella redazione degli atti è principio generale del diritto processuale, dunque operante anche nei processi civili pendenti alla data del 28 febbraio 2023.
In una precedente ordinanza, in effetti, il giudice aveva espressamente invitato i difensori a non ripetere, essendo sufficiente richiamare ciò avevano esposto negli atti in precedenza depositati, affermando: “la mera ripetizione di quanto già scritto non aumenta l’efficacia persuasiva degli atti difensivi, impone ai difensori delle controparti e al giudice una attività non necessaria e dispendiosa in termini di tempo, aumenta il rischio di errori o sviste da parte del giudice”.
E, però, nonostante questo monito, la prima memoria istruttoria di parte attrice era risultata composta da quindici pagine, di cui quasi due e mezza dedicate alla precisazione delle conclusioni e, nelle sue prime dodici pagine e mezzo, meramente riproduttiva, quasi alla lettera, delle allegazioni già contenute nell’atto introduttivo.
Il giudice, dunque, ritiene necessario evidenziare che avvocati e giudici sono chiamati a collaborare nell’esercizio della giurisdizione, rinnovando l’invito, già rivolto ai difensori, ad attenersi, sia nella redazione degli atti che nella produzione dei documenti, alle indicazioni in tema di sinteticità e chiarezza contenute nel Protocollo 6 maggio 2021 dell’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Bologna.
Un invito sicuramente condivisibile. Per parafrasare una vecchia pubblicità: non importa scrivere molto quando quel poco è buono.
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L’importante, in ogni caso, è che quel poco che il difensore scrive (buono o cattivo che sia) sia effettivamente letto dal giudice!
Qui sotto, l'ordinanza in questione:
Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso Università di Bologna
10 mesiBellissima nota Prof., scritta molto bene, la riutilizzerò all'occorrenza!😊
Avvocato Cassazionista esperto in diritto del lavoro
10 mesiBravo Giudice!
European Funding Consultant presso Myself
10 mesiA me al liceo (classico), il professore di italiano insegnava : "Meno scrivete, meno sciocchezze rischiate di dire".
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10 mesiIl detto "Repetita non iuvant, sed stufant" nella sua semplicità, è un invito a riflettere sull'importanza di comunicare con intenzione e consapevolezza. Non si tratta solo di evitare la ripetizione per non annoiare l'ascoltatore, ma di riconoscere che ogni volta che parliamo o scriviamo, abbiamo l'opportunità di lasciare un'impronta. Nell'epoca del copy-paste, dove il riutilizzo di contenuti è diventato una pratica comune, a volte anche a discapito della qualità, questo detto ci sfida a fare di più, a essere più. Pensate alla differenza tra ascoltare qualcuno che vi racconta una storia per la millesima volta, senza nulla di nuovo da aggiungere, e qualcuno che, anche parlando di temi noti, riesce a infondere nei suoi racconti nuovi spunti, emozioni, riflessioni. Ogni parola, ogni frase, ogni storia ha il potenziale di lasciare un segno, di cambiare una prospettiva, di arricchire una vita. In un mondo che corre veloce, dove spesso ci si accontenta di scorrere superfici senza mai tuffarsi in profondità, questo antico detto ci ricorda l'importanza di fare una pausa, di pesare le nostre parole, di renderle degne di essere ascoltate.
Partner at Macchi di Cellere Gangemi
10 mesiServirebbe a mio avviso una "alleanza terapeutica" tra giudici e avvocati. L'ultima frase del Suo post, infatti, ha un peso uguale (se non maggiore) di tutte quelle precedenti. È vero che gli avvocati sono spesso riprtitivi e ridondanti, ma siamo sicuri che un giudice colga la centralità di un argomento se sviluppato solo in un paio di paragrafi? Un caso esemplificativo (anche se non completamente sul punto) è dato dalle comparse conclusionali. Ho sentito di giudici che le ritengono una superflua ripetizione dei precedenti scritti e altri che - al contrario - le preferiscono perché riassumono tutte le posizioni delle parti... È difficile scegliere di richiamarsi agli scritti precedenti, con il rischio di deludere il giudice che, al contrario, si aspetta di trovare lì tutto il "sugo" della causa.