Se non hai cognizione, non provi dissonanza cognitiva

Se non hai cognizione, non provi dissonanza cognitiva

La teoria della dissonanza cognitiva. Nel 1957 Leon Festinger, un giovane brillante psicologo sociale, sostenne che quando le persone diventano consapevoli che i loro atteggiamenti, i loro pensieri e le loro convinzioni («le cognizioni») sono incoerenti gli uni rispetto agli altri, questa consapevolezza generano spiacevole stato di tensione detto dissonanza cognitiva. La dissonanza cognitiva si produce sovente quando il comportamento entra in conflitto con un atteggiamento preesistente; quando, per esempio, si ama il proprio paese ma si coopera con il nemico. Festinger non si limitò a sostenere che le incoerenze provocano disagio. Propose anche una nuova e audace teoria: la motivazione a ridurre gli spiacevoli effetti collaterali dell'incoerenza produce spesso una modificazione degli atteggiamenti. Secondo la teoria della dissonanza cognitiva, le tensioni causate dalle discrepanze tra azioni e atteggiamenti importanti vengono placate di frequente mediante cambiamenti che apportiamo non al nostro comportamento, ma piuttosto al nostro modo di pensare.

Nei decenni successivi alla proposta di Festinger, letteralmente centinaia di esperimenti hanno confermato l'esistenza della dissonanza cognitiva e dei suoi effetti. Quegli esperimenti hanno anche contribuito a chiarire attraverso quali fasi di elaborazione la dissonanza trasformi le azioni in modificazione degli atteggiamenti (Cooper e Fazio, 1984; Petty e Wegener, 1998). Dalle numerose ricerche effettuate emerge che sono necessarie quattro fasi affinché le azioni producano dissonanza e affinché la dissonanza produca modificazione degli atteggiamenti.

1.                      L'individuo deve percepire l'azione come incoerente. Secondo Festinger l'incoerenza tra atteggiamento e azione è di per se stessa sufficiente a produrre dissonanza. Alcune evidenze recenti suffragano questa tesi (Harmon Jones, Brehm, Greenberg, Simon e Nelson, 1996; R.W. Johnson, Kelly e Le Blanc, 1995). Ma l'incoerenza è sufficiente in sé e per sé a causare un disagio di tale portata? Forse solo le azioni che danno luogo a conseguenze negative, o anche solo alla possibilità di esiti negativi, sono potenzialmente in grado di sollecitare uno stato di dissonanza (J. Cooper e Brehm, 1971; Goethals e altri, 1979; Scher e Cooper, 1989). Se l'azione non produce effetti, come nel caso di una semplice riflessione sulle ragioni per cui il comunismo potrebbe essere migliore del capitalismo, non dovrebbe esservi dissonanza perché non è stato causato alcun danno. Ma se, per esempio, le ragioni elencate in favore del comunismo possono essere usate per persuadere altri prigionieri, allora ciò sarebbe in grado di provocare uno stato di dissonanza. Da altre ricerche emerge che solo le azioni incongruenti con l'immagine positiva che abbiamo di noi stessi hanno la capacità di suscitare dissonanza (E. Aronson, 1969; Baumeister, 1982; Greenwald e Ronis, 1978; Steele, 1988). Per esempio, le azioni che violano il nostro senso di integrità personale (come mentire o ingannare) dovrebbero produrre disagio (Steele, 1988). Di fatto, da questa prospettiva persino i comportamenti che sono coerenti con degli atteggiamenti, possono provocare dissonanza se sono incoerenti con una positiva considerazione di sé (Stone, Wiegand, Cooper e Aronson, 1997). Se, per esempio, sostenere che si dovrebbero risparmiare le risorse idriche rende un ambientalista consapevole del fatto che lui stesso a volte ne fa cattivo uso, ciò potrebbe provocare in lui uno stato di dissonanza. Naturalmente, in tutte queste situazioni vi è incoerenza tra azioni e atteggia- menti, concetti di sé oppure canoni di comportamento che sono importanti per l'individuo. È questa incoerenza, indipendentemente dalla sua esatta fonte, a costituire il primo passo sulla strada della dissonanza cognitiva.

2.                   L'individuo deve assumersi la responsabilità personale dell'azione.

La dissonanza nasce solo, quando è compiuta un’attribuzione interna; ossia quando percepiamo di avere deciso in piena libertà di mettere in atto il comportamento discrepante rispetto all'atteggiamento. Quando siamo costretti da gravi minacce o attratti da forti ricompense, possiamo attribuire l'azione ad una causa esterna, il che impedirà l'insorgere della dissonanza. Se, per esempio, i cinesi avessero usato la tortura per costringere i prigionieri a collaborare con loro, i comportamenti collaborativi di questi ultimi non avrebbero stimolato uno stato di dissonanza. Ma anziché usare la coercizione, i cinesi offrivano piccoli premi a chi partecipava a «gare di scrittura di saggi», gare alle quali i prigionieri erano liberi di partecipare o meno. La ricerca di laboratorio ha confermato l'efficacia di queste tattiche. Gli studenti a cui veniva chiesto di scrivere un saggio incoerente con le loro personali convinzioni sulla libertà di parola sperimentavano una notevole dissonanza, mentre altri a cui era stato ordinato di scrivere il saggio o a cui erano state promesse notevoli ricompense se lo avessero fatto non presentavano alcun segno di dissonanza (Linder, Cooper e Jones, 1967). L'assunzione di responsabilità personale è talmente cruciale per il prodursi della dissonanza che quegli individui che tendono di norma ad attribuire il proprio comportamento a cause esterne non esperiscono la dissonanza nella stessa misura di coloro che rintracciano in se stessi l'origine delle proprie azioni (Stalder e Baron, 1998).

queste tattiche. Gli studenti a cui veniva chiesto di scrivere un saggio incoerente con le loro personali convinzioni sulla libertà di parola sperimentavano una notevole dissonanza, mentre altri a cui era stato ordinato di scrivere il saggio o a cui erano state promesse notevoli ricompense se lo avessero fatto non presentavano alcun segno di dissonanza (Linder, Cooper e Jones, 1967). L'assunzione di responsabilità personale è talmente cruciale per il prodursi della dissonanza che quegli individui che tendono di norma ad attribuire il proprio comportamento a cause esterne non esperiscono la dissonanza nella stessa misura di coloro che rintracciano in sé stessi l'origine delle proprie azioni (Stalder e Baron, 1998).

3.       L'individuo deve esperire l'attivazione fisiologica. Proprio come Festinger ha sostenuto, sembra che la dissonanza venga percepita come uno sgradevole stato di attivazione fisiologica. Robert Croyle e Joel Cooper (1983) misurarono questa attivazione attaccando elettrodi alle dita dei partecipanti che prendevano parte ad uno studio basato sulla scrittura di saggi. Ad un gruppo di partecipanti venne chiesto di scrivere saggi in linea con le loro opinioni personali (proattitudinali), mentre a un altro gruppo si chiese di scrivere saggi incongruenti rispetto ai loro atteggiamenti (controattitudinali). Ai partecipanti di questo secondo gruppo lo sperimentatore disse che stava a loro scegliere, ma che la ricerca sarebbe stata notevolmente facilitata se avessero acconsentito a scrivere i saggi loro richiesti. Quasi tutti aderirono all'invito. Ad altri due gruppi di partecipanti venne semplicemente ordinato di scrivere saggi proattitudinali o controattitudinali.

I ricercatori si aspettavano che la dissonanza insorgesse solo quando i partecipanti sceglievano liberamente un comportamento discrepante rispetto all'atteggiamento; ossia quando veniva loro chiesto, e non ordinato, di scrivere un saggio controattitudinale. I risultati confermarono la loro ipotesi. Solo i partecipanti che scelsero liberamente di scrivere saggi controattitudinali mostrarono incrementi nell'attivazione fisiologica. Altre ricerche che si sono avvalse di tecniche psicofisiologiche hanno confermato che la dissonanza viene percepita come una sensazione d’attivazione spiacevole (Elkin e Leippe, 1986; Losch e Cacioppo, 1990). Se i prigionieri di guerra si resero conto di avere scritto saggi antiamericani di loro spontanea volontà, ne furono indubbiamente assai turbati.

4.         L'individuo deve attribuire l'attivazione fisiologica all'azione compiuta. La dissonanza cognitiva non si verifica semplicemente perché ci si sente attivati fisiologicamente. Occorre anche attribuire quell’attivazione all'incoerenza tra atteggiamenti e azioni (J. Cooper e Fazio, 1984). Questo punto è stato dimostrato da studi in cui, mediante qualche trucco, veniva fatto credere ai partecipanti che il disagio da loro provato era dovuto a qualcos'altro: luci fluorescenti che funzionavano male, una pillola che avevano ingerito, scosse elettriche che prevedevano di subire, od occhiali prismatici fatti loro indossare (J. Cooper, Zanna e Taves, 1978; Fazio e altri, 1977; Losch e Cacioppo, 1990; Pittman, 1975). In tali casi, il disagio non ha alcuna attinenza con le incoerenze tra atteggiamenti e azioni. Ma quando le persone attribuiscono correttamente il disagio all'incoerenza tra atteggiamento e azione, la loro attenzione si focalizza su quella incoerenza. Proprio come si è motivati ad eliminare stati fisiologici spiacevoli quali la fame e la sete, così si desidera ridurre il disagio della dissonanza. Quando gli atteggiamenti e i comportamenti sono incoerenti in maniera     sgradevole,          qualcosa deve cambiare. Poiché     il comportamento liberamente scelto e le sue conseguenze negative sono difficili da eliminare o da negare, è più facile ristabilire la coerenza modificando l'atteggiamento. Incapaci di cancellare o di negare l'evidenza dei loro piccoli atti di collaborazione, alcuni prigionieri di guerra americani giunsero a vedere le cose sempre più dal punto di vista dei loro carcerieri cinesi. Tanto è vero che, quando la guerra finì, 21 ex prigionieri scelsero di rimanere in Cina. È solo quando gli atteggiamenti diventano congruenti con le azioni che la dissonanza viene infine eliminata. L'intero processo che inizia con uno stato di dissonanza e termina con la sua eliminazione mediante una modificazione dell'atteggiamento. In determinate circostanze, allora, le persone che si comportano in maniera discrepante rispetto ai propri atteggiamenti modificano questi ultimi per conformarli alle loro azioni. Ciò accade non solo in situazioni estreme rispetto all'esistenza ordinaria, come lo è l'internamento in un campo di prigionia. La teoria della dissonanza fornisce una spiegazione semplice per un'ampia gamma di situazioni in cui cambiamenti di questo tipo si verificano nelle interazioni quotidiane nelle aule, nelle cliniche e nei grandi punti di vendita. Quando si mettono in atto comportamenti incoerenti rispetto ad atteggiamenti importanti, la dissonanza innesca dei processi giustificatori che producono infine la modificazione dell'atteggiamento. Nelle prossime pagine, esploreremo la modificazione degli atteggiamenti che si verifica quando le persone cercano di giustificare il fatto di avere agito in maniera incongruente rispetto ai loro atteggiamenti, di avere compiuto notevoli sforzi, di avere preso delle decisioni difficili oppure di non avere messo in pratica ciò che predicano.

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