TUMORE: CRITICITA' DELL'ASSISTENZA

TUMORE: CRITICITA' DELL'ASSISTENZA

La parola "cancro" fa paura, ma sono 2,2 milioni le persone che in Italia hanno avuto una diagnosi di tumore nel corso della loro vita. Tra questi 274mila, oltre il 12 per cento, hanno perso il lavoro a causa del tumore: 85mila solo negli ultimi cinque anni.

Quasi il 50% riesce a guarire, con o senza conseguenze invalidanti, mentre nell'altro 50% una buona quota in ogni caso sopravvive più o meno a lungo. Il Censis rende pubblici i risultati di una ricerca sui bisogni e le aspettative dei malati e delle loro famiglie, dal quale emergono le criticità dell'assistenza e gli impatti sociali della malattia

Visti i numeri delle persone colpite, il cancro si può definire una "patologia sociale di massa, dagli effetti prolungati e con impatti rilevanti sulla sanità e la società". Cosa emerge dall'esperienza dei pazienti? I dati salienti sono due: le terapie sono migliorate, il che riduce il tempo di rientro post-operatorio dai 17 mesi di 10 anni fa ai 4 mesi di oggi; l'assistenza invece latita e c'è la paura che i tagli ai bilanci pubblici possano ostacolare in futuro l'accesso a terapie efficaci e innovative.

Salvo ricadute dovute al peggioramento della patologia, col tumore si convive. Le cure della fase acuta ricevute in ospedale sono considerate di buon livello e in miglioramento, specialmente al nord, ma esistono disparità tra le regioni. Per quanto riguarda l'assistenza successiva, si sente invece la mancanza di servizi sociali adeguati: a prendersi cura dei pazienti è nella stragrande maggioranza dei casi la famiglia, spesso il coniuge, anche anziano. Chi non ha un parente che possa prendersi cura di lui resta in pratica abbandonato a se stesso.

La fine della vita, benché naturale e attesa esperienza dell'umano esistere, spesso ci coglie, razionali abitatori dell'Occidente, impreparati e timorosi. 

Ormai da lungo tempo si studia, si parla, ci si interroga sulla morte, nostra o di chi ci è caro, e sul lutto che l'accompagna. Da meno tempo, invece, è ritornata imperiosa l'esigenza di conferire a questo passaggio attenzione e tempo: di gesti, di cure, di lenimenti, di simboli e saluti.

L'impatto della malattia è quindi molto forte in termini di impegno, per i familiari che assistono un loro caro, e anche in termini economici, dal momento che 274mila persone che hanno avuto una diagnosi di tumore sono state licenziate o costrette alle dimissioni oppure non sono state più in grado di svolgere la propria attività autonoma.

In questo quadro di assistenza latente e sanità diseguale aleggia il timore che i miglioramenti promessi dalla ricerca, cioè l'arrivo di cure più efficaci, invece di accelerare, come sarebbe auspicabile, possano essere ritardati dai tagli alla sanità. La promessa di cure migliori, rapidamente messe a disposizione dei malati potrebbe dunque rimanere solo un sogno.

La realtà sanitaria italiana attuale mostra, in zone territoriali ove non siano presenti Unità di Cure Palliative e Assistenza Domiciliare, una percentuale di pazienti oncologici deceduti in strutture sanitarie per malattie acute pari al 54%. A fronte di questi dati, nel territorio adeguatamente dotato di strutture sanitarie domiciliari, la percentuale di decessi a domicilio tra i pazienti seguiti dalle Unità di Cure Palliative si è ormai saldamente stabilizzata nell'ordine dell'85%. Il progetto di offrire assistenza domiciliare alle persone malate di cancro in fase avanzata è nato da un'attenta analisi dei problemi legati alla malattia oncologica terminale e al suo impatto umano, oltre che medico. Partendo dalla certezza dell'inguaribilità e della prognosi negativa a breve termine, la ricerca della qualità dell'intervento ha assunto sempre maggiore importanza divenendo prioritaria rispetto al criterio quantitativo: si è compreso il limite implicito nel perseguire a qualunque costo, fisico, psichico e morale, la sopravvivenza del paziente.

Prendersi cura della persona, prima ancora che del malato, e dei suoi sintomi; privilegiare la qualità della sua vita nei giorni della sofferenza, preparando lui e i suoi familiari a una quanto più possibile serena accettazione dell'ineluttabilità di quell'evento naturale che è la morte, sono diventati, nella professione dell'operatore socio-sanitario al domicilio, un dovere e un obiettivo per ottimizzare il proprio lavoro.

Non bisogna dimenticare che il malato terminale soffreanche, e a volte principalmente, per i vissuti di stanchezza, ansia, paura, depressione e isolamento che accompagnano e spesso aumentano il dolore. La necessità di soddisfare adeguatamente, tramite il servizio di assistenza al domicilio, le sue esigenze legittime non ha comunque fatto dimenticare, l'obbligo a un controllo altrettanto attento della qualità delle cure.

Ogni persona vive la malattia in modo assolutamente unico, a seconda della sua storia, ma anche del contesto in cui vive; l'inserimento del gruppo di assistenza domiciliare all'interno delle relazioni familiari implica la necessità di individuare il membro della famiglia che più si adatta al ruolo di referente, collaboratore e "leader" nella gestione dei bisogni quotidiani del malato. Andare a casa del paziente, ascoltarlo e coinvolgere i familiari richiede agli operatori socio-sanitari la capacità di accogliere e, se possibile, rispondere a problematiche sempre nuove e spesso molto complesse e delicate.

La capacità di stabilire una giusta risonanza emotiva col paziente e i familiari, la possibilità di valutare la natura dei rapporti umani all'interno della famiglia e di restaurarli quando compromessi, il concentrarsi sulla qualità di vita del paziente, considerando il malato e la sua famiglia come un'unità di cura, forniscono ai componenti dell'équipe di assistenza domiciliare la grande opportunità, altrimenti irrealizzabile, di recuperare il senso profondo della medicina come scienza e arte per la salute psicofisica dell'essere umano.


Desidero indicare le Linee guida per l’assistenza agli adulti nel fine vita di Antonino Cartabellotta ( Medico, Fondazione GIMBE), Silvia Varani e Raffaella Pannuti (Fondazione ANT Onlus, Bologna).

Ho pensato a lungo se fosse il caso o meno, di pubblicare la foto di mia madre malata di cancro. Ho sempre guardato in modo strano coloro che ritenevano giusto farlo. Oggi credo non ci sia niente di male. Ho deciso di accompagnarla in questo viaggio di cui non conosco ancora il tempo che rimarrà. Ma qualunque questo sarà, le sarò vicino con lo stesso sorriso col quale lei ha accompagnato il mio.

Ti voglio bene mamma.

(mia mamma è deceduta il 28.10.2016)


Stefania de Matteo

Founder HealthQE AI Physics Innovation Center - AI RLHF Specialist

7y

Grazie di questa condivisione. Sapessi come ti capisco...

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Andrea Severino

CEO & Founder @ Healthy Virtuoso - Gamification and rewards to boost companies' engagement and wellbeing.

8y

Bel post, complimenti Massimo.

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Charles Gee

Account Manager Salesman

8y

Cancer is the worst you have to fight hard and try to never quit.

Carmen Catincha

Assistente alla poltrona odontoiatrica, Operatore Socio Sanitario

8y

Grazie caro Massimo per questo meraviglioso post!🌹 Un enorme affettuoso abbraccio a te e alla tua mamma!🌹 Sono un operatore sanitario e una figlia che ha perso il papà tanti anni fa, senza la possibilità di assistenza che esiste oggi!🌹 Grazie per il rilievo che si da nel articolo al lavoro degli operatori sanitari e a tutte le enti che mettono il cuore nel organizzare l'assistenza domiciliare e non!😄🌹 Un affettuoso pensiero di vicinanza a tutti coloro che soffrono per la malattia è a coloro che gli stanno vicino con amore e dedizione .... non e per niente facile ... quando un figlio si allontana non giudicatelo , esiste un meccanismo di accettazione della malattia di una persona cara che a volte non funziona come noi vorremmo, ne come gli altri pensano che dovremmo ... !😄🌹

“Caro Massimo Tacchini, grazie mille per questo post che hai scritto e per la condivisione con tutti noi, di un argomento così delicato. Ho letto con molta attenzione questo tuo articolo e credimi ti sono molto vicina in questo momento e anche in questa esperienza così incredibile. Le tue parole mi hanno commossa: "Ho deciso di accompagnarla in questo viaggio di cui non conosco ancora il tempo che rimarrà. Ma qualunque questo sarà, le sarò vicino con lo stesso sorriso col quale lei ha accompagnato il mio". Anch'io da tantissimi anni assisto il mio babbo ammalato di Parkinson (che è una malattia degenerativa) e viviamo assieme in casa con l' Assistenza Domiciliare Integrata Medica (ADIMED). Grazie ai medici e all'aiuto degli operatori e degli infermieri, ho imparato ad accettare una malattia che all'età di 55 anni al mio babbo prima gli ha tolto la memoria e poi via via aggravandosi gli ha tolto anche il movimento così a 65 anni compiuti il babbo non era neanche più autosufficiente. In questo momento per me anche solo il suo sorriso è un dono immenso in quanto sono malattie degenerative che giorno per giorno, anzi attimo per attimo distruggono l'ammalato e non sai mai che problematiche dovrai affrontare e fondamentalmente quanto tempo gli rimarrà da vivere. Con queste malattie, vivi sempre come se non ci fosse un domani. I medici parlano di aggravamento in divenire ... Il mio babbo oramai 79 enne, da diversi anni, si ammala continuamente, purtroppo le difese immunitarie sono pochissime... Nei tuoi occhi e negli occhi bellissimi della tua mamma leggo una dolcezza infinita.... Penso caro Massimo che il condividere, il confrontarsi, il parlare e lo sfogarsi con altre persone può aiutare molto. Inizialmente può servire anche il pianto e poi, quando non hai più lacrime e le tue emozioni si placano, credo che lo scrivere, sia molto utile per non chiudersi in se stessi, per lasciar fluire tutte le emozioni, il prendere consapevolezza della grandissima sofferenza interiore che si prova nel veder morire lentamente una persona che ami tantissimo, e tu le stai accanto e vivi l'impotenza di non poter intervenire... Sofocle diceva "Una parola ci libera di tutto il peso e il dolore della vita: quella parola è Amore ", perciò condivido la tua scelta amiamo e cerchiamo di goderceli il più possibile i nostri cari e speriamo che in futuro con la ricerca si trovino delle cure per superare queste bruttissime malattie, un abbraccio grandissimo. Luisa

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