LA TRADUZIONE COME ESERCIZIO DI PAZIENZA Riflettevo in questi giorni su come la traduzione, a volte, diventi un esercizio di pazienza e richieda grande determinazione, specie quando a esercitarla sono professionisti e professioniste dei servizi linguistici che si occupano anche di interpretazione. Gli eventi a cui prendiamo parte come interpreti possono essere più o meno glamour, generalmente sono caratterizzati da ritmi serrati (tra preparazione ed espletamento del servizio), ci fanno stare più a contatto con gli altri e, in un modo o nell’altro, ci danno una certa visibilità. Nel caso della traduzione scritta, in generale, fatto salvo il nostro legittimo desiderio di condividere le nostre “fatiche”, la nostra opera è più silenziosa, meno visibile, più ponderata (benché anche il mondo della traduzione sia talvolta caratterizzato da ritmi serrati). Più in particolare, nel caso della traduzione letteraria e/o editoriale, quando per licenziare alle stampe l’opera tradotta sono richiesti in media tra i sei e i dodici mesi, l’impressione di noi poveri traduttori/traduttrici (magari anche nell’immaginario altrui) è di non “combinare” assolutamente niente, di non essere stati/e produttivi/e almeno fino al momento di toccare con mano le sudate carte nella loro forma definitiva. Dopo sei lavori editoriali (cinque dei quali traduzioni), totalmente immerso in un altro progetto traduttivo consistente, continuo a avere questa impressione. E voi cosa ne pensate? Non credete anche voi che la traduzione scritta (in particolare quando si tratta di grossi progetti) sia un’opera che richiede grande pazienza rispetto agli altri servizi linguistici?
Buonasera Valerio, condivido il tuo pensiero sulla pazienza anche nel tradurre perché l'arte del tradurre, è appunto un'arte, a mio avviso, ed il traduttore è di conseguenza, un artigiano delle parole e la pazienza è un ingrediente essenziale nel processo, soprattutto per determinate tematiche. Per quanto riguarda, invece, la pazienza applicata al contenere la sensazione di non combinare niente, personalmente non funziona granché ma ci sto lavorando. 😊
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4 mesiAmmetto che la sensazione di non combinare granché quando traduco un libro mi prende di tanto in tanto. Poi arrivano amici e parenti: "A cosa lavori?" "Libro XY" "ANCORA? Ma come mai ci metti così tanto?" "Ehhh..." Il problema è che il tempo necessario alla (buona) traduzione si concilia poco e male con i ritmi incalzanti del nostro vivere odierno. Però sto affinando l'arte di impiparmene di quel che pensa il mio prossimo, almeno entro certi limiti, e questo già mi sgrava di un po' di paranoie.