A 100km dal bordo del burrone
Ci sono momenti in cui la linea tra la vita e la morte diventa così sottile che quasi si può percepire l’altro lato. Il respiro si fa sempre meno intenso, i pensieri si allontanano e tu con lucidità vedi come sarà la vita senza di te. Ti passano davanti le immagini dei pianti di chi ti voleva bene, i visi scioccati di chi non avrebbe mai pensato di perderti così in fretta. I funerali, la foto sulla lapide, e poi avanti con gli anni, quando i tuoi figli sono cresciuti, tua moglie ha ricoperto l’amore e tu sei solo un ricordo, una foto piena di polvere nascosta tra le altre, lì sopra le mensole.
In quei momenti ti senti in pace, pensi che la vita va come deve andare e che alla fine si starà comunque tutti bene. Anche senza di te. Non ci sono rimpianti, la speranza di un futuro migliore si azzera e tu ti senti pronto per dire addio.
Così, dopo l’ennesima brutta notizia, ti ritrovi sul bordo di un burrone, lo stesso burrone dal quale sei passato, correndo, centinaia di volte. Ma sai che stavolta è diverso, perché ci sei arrivato camminando lentamente, mentre al suono di ogni passo cercavi di trovare, invano, una ragione per rimanere qui.
Così ti spingi sul bordo, e la linea tra la linea e la morte diventa tanto piccola quanto mezzo passo.
Lì, senza ragioni tue per vivere, fai un ultimo, disperato appello a Dio perché almeno lui non ti abbandoni e te ne dia almeno una. Ma quando il vento tra le foglie è l’unica cosa che puoi sentire, sai che è arrivato il momento. Guardi in alto, alzi il piede per fare l’ultimo passo del tuo travagliato cammino, ma mentre ti stai lasciando andare senti qualcosa che si oppone. All’inizio sembra una leggera pressione sul petto, poi diventa una forza brutale che ti spinge indietro con impeto.
Allora ti lasci cadere per terra, disperato, e piangendo ti chiedi perché sei ancora qui, se non ci sono ragioni per esserlo. Protesti con Dio per essere così ambiguo, esigi per lo meno una spiegazione.
Chiedere a Dio spiegazioni, mentre lo scrivo quasi sorrido: è proprio vero che sono un po’ arrogante. Però credo che Dio mi voglia bene comunque, perché non mi ha punito per la mia sfacciataggine, ma, anzi, mi ha ascoltato e un motivo per stare qui me lo ha mandato davvero.
L’ottobre scorso durante la gara nel deserto ho conosciuto Serge, con il quale ho condiviso 10km di corsa sotto il sole cocente. Io ero lì per ritrovare me stesso, Serge per trovare un po’ di pace, dopo aver perso un figlio ancora bambino, dopo anni di dura lotta al tumore.
Io non so cosa voglia dire perdere un figlio e spero di non saperlo mai, però so cosa vuol dire soffrire e sentirsi soli, abbandonati e senza più voglia di vivere.
Così quando Serge mi ha chiesto di seguirlo con la sua Associazione che aiuta i familiari delle vittime del tumore, non ci ho pensato due volte: ho messo le scarpe e fatto una delle cose che so far davvero bene, correre.
Ho iniziato alle 7 del mattino e mi sono fermato solo quando sul telefono ho letto 100km.
È stata durissima, specialmente dopo 3 mesi senza correre per la quarantena, ma ogni volta che volevo mollare pensavo ai volti delle persone per le quali stavo correndo, e mi ricordavo di quanto io sia fortunato ad essere qui in salute con la mia famiglia.
E alla fine, dopo 17 ore e 45 minuti è arrivato il traguardo, tra l’amore delle persone che hanno scelto di sostenere la causa con me e aiutarmi, facendo i turni per correre assieme a me qualche chilometro in modo che io non fossi mai solo, o donandomi acqua e frutta lungo il percorso.
L’Amore di questi Amici, l’Amore di mia moglie che mi aspettava al traguardo anche se notte fonda, l’Amore dei miei figli e della mia famiglia, l’Amore che Serge e sua moglie Livia mettono nella loro Associazione: è questa la forza che quel giorno, sul ciglio del burrone, mi ha spinto indietro bruscamente. Ora lo so. Ora so che questo Amore è la ragione che quel giorno, con un po’ di arroganza, chiesi a Dio di darmi per rimanere di qui.
E ora che una ragione per stare qui ce l’ho, sta solo a me onorare questa vita al meglio che posso, seguendo con coraggio quella che è la mia vocazione, e ispirando gli altri a fare lo stesso.
Grazie a Tutti coloro che in tutti questi anni mi hanno donato tanto amore, a volte anche solo con una parola o un abbraccio: in cima a quel burrone eravate tutti con me e non mi avete abbandonato.