codici e pensieri

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La scomparsa dei riti, di Byung-Chul Han  

Nel suo libro il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han affronta il tema della progressiva dissoluzione dei riti tradizionali nella società contemporanea. Han esplora come la modernità, con il suo culto della performance e dell'efficienza, abbia eroso il valore dei riti collettivi, fondamentali per la coesione sociale e il senso di comunità. Riti che, secondo Han, svolgevano la funzione di regolare le emozioni, offrire una struttura simbolica alla vita quotidiana e creare una connessione con l'infinito e l'assoluto. In un mondo sempre più individualista, i riti sono stati sostituiti dalla continua ricerca di successo e visibilità.

In questo lavoro, Byung-Chul Han rielabora la riflessione sulla modernità che ha le radici nell’opera di Michel Foucault, ma allo stesso tempo guarda alla tradizione della filosofia tedesca, in particolare al pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel. La scomparsa dei riti non è soltanto un cambiamento sociale, ma anche ontologico: i riti sono la manifestazione simbolica dell'ordine del mondo e della comunità. Se per Hegel, il rito è parte della dialettica tra soggetto e oggetto, tra individuo e collettività, nella società contemporanea il rito perde la sua funzione di integrazione e diventa una mera performance.

Han ci invita a riflettere su come l’eliminazione di questi rituali di passaggio e di comunità abbia un impatto profondo sulla nostra psicologia sociale. La trasformazione della potenza in potere (come ammoniva Foucault) che Han descrive riguarda la tendenza della nostra epoca a ridurre ogni azione e relazione a prestazione misurabile, trascurando il valore simbolico e collettivo che i riti tradizionali mantenevano. La perdita di senso rituale nella nostra vita quotidiana genera, secondo l'autore, una serie di disagi emotivi e relazionali, come l'ansia, il burnout e la frenesia sociale.

Inoltre egli ci mostra come la società contemporanea, pur avanzando in tecnologie e connessioni digitali, stia diventando sempre più disincantata e individualista. La ritualità, che una volta rappresentava un momento di trascendenza, ha ceduto il posto alla razionalizzazione e al calcolo.

L'individuo moderno, così, privo di riti di passaggio, si trova costantemente sotto pressione, cercando di realizzare se stesso attraverso il lavoro e la competizione. Han denuncia come la continua prestazione sociale e il culto del successo stiano erodendo la possibilità di esperire una vita più autentica e significativa.

I riti, quindi, hanno un ruolo fondamentale nella costruzione della comunità. L'assenza di ritualità condivisa, secondo Han, porta a un disgregamento delle relazioni sociali, in quanto il collettivo è sempre più frammentato in singoli individui. Il rito unisce e media la relazione tra il particolare e l'universale, creando un legame di comunità che la modernità ha smarrito.

Come diceva Max Weber, la modernità porta con sé il disincanto del mondo, una realtà sempre più dominata dal calcolo, dalla produttività e dalla razionalizzazione. Byung-Chul Han prosegue su questa linea, ma ci avvisa come la vera distruzione dei valori trascendenti non sia solo quella legata alla scienza, ma quella che avviene quando perdiamo la capacità di dare valore al simbolico e al collettivo. Se il rito è il linguaggio della comunità che ci permette di comprendere il senso della nostra esistenza e di attribuirle un valore condiviso, la sua sparizione ci rende orfani di un orizzonte comune.

Han, in un certo senso, rispecchia la critica di Theodor W. Adorno alla società che privilegia l’individualismo e la razionalità astratta, a discapito della possibilità di costruire una vita più interessante, in cui il soggetto non si vede più come isolato, ma come parte di un tutto che lo trascende.

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