Compiacenza o competenza? L'annoso problema delle PMI
Tutti gli economisti sono concordi nel dire che le PMI sono l’ossatura del sistema industriale italiano. Quindi, ciò significa che se investissimo sulle PMI, in termini di sensibilizzazione culturale intendo, il passo in avanti del nostro Paese potrebbe essere deflagrante in termini di impatto.
Allora perché non cercare di indagare alcune questioni critiche che affliggono le PMI italiane? Molti lettori sicuramente vivono realtà lavorative di piccole dimensioni, per intenderci meno di un centinaio di dipendenti, aziende spesso padronali o familiari, dove le logiche dell’organizzazione gerarchico-funzionale aziendale sono sottomesse a quelle dell’affiliazione (familiare, clientelare o amicale) e della lealtà al padrone (leggi imprenditore), piuttosto che a criteri di competenza e meritocrazia.
Questo fa parte di una ‘sottocultura’ tipicamente italiana ma non solo, che è la causa riconosciuta della scarsa propensione alla crescita ed all’innovazione di molte aziende nazionali.
Esempi classici di quest’approccio sono ad es. vertici inadeguati al ruolo che devono svolgere, ma leali rispetto all’imprenditore, l’affidamento di progetti critici non per centro di competenza e/o skill delle risorse allocate, ma in base a clientelismi interni e/o a logiche di compiacenza e sudditanza intellettuale, premialità concesse in base a logiche distorte e non in base ad es. alla valutazione delle ricadute in termini di risultato dell’effort dei dipendenti….
Questi sono solo alcuni esempi di quello che, in definitiva, è un vero e proprio cancro che affligge molte piccole realtà aziendali.
Intendiamoci, a voler essere realistici, una quota diremmo ‘fisiologica’ di soggetti fidelizzati, ‘raccomandati’, che dir si voglia ci sta che ci sia; nessuna azienda ne è immune e talvolta questi soggetti servono anche a salvaguardare alcuni equilibri, ma bisogna porre grande attenzione quando questa ‘quota fisiologica’ finisce per sopraffare le forze vitali di un’azienda in termini di risorse competenti e professionali.
In quest’ultimo caso, infatti, le dinamiche interpersonali che si possono scatenare non lasciano scampo…ed alla lunga anche l’azienda, la sua efficienza, la sua stessa sopravvivenza sul mercato potrebbero venire messe in discussione.
Qual è la scelta giusta per un imprenditore?
Affidarsi a persone ‘fedeli’, ‘compiacenti’, ‘disposte a tutto’ oppure optare per collaboratori meno ‘yes man’ che possano però dare un contributo effettivo ed efficace in termini di conoscenze/competenze su un determinato ambito?
La risposta sembrerebbe scontata, ma la pratica quotidiana dimostra invece sempre più spesso che la compiacenza vale più della competenza, soprattutto quando questa fidelizzazione è addirittura in grado di rendere lo stesso imprenditore incapace anche di fare il suo lavoro: ovvero verificare ex post il risultato/ricadute delle proprie decisioni.
Quando parliamo di meritocrazia in azienda, non si tratta del solito discorsetto ideale, fatto dall’ottimista di turno o peggio dal frustrato che si sente messo in un angolo…quando parliamo di meritocrazia, ci riferiamo in maniera più globale ad uno stile di leadership all’interno dell’organizzazione che deve essere in grado - in maniera oggettiva- di mettere le persone giuste al posto giusto sulla base di criteri meritocratici ed obiettivi e non in base a valutazioni di qualunque altra natura...
Nessuno trova sconvolgente che la segretaria di direzione spesso guadagni molti denari e viva di luce riflessa rispetto all’imprenditore di cui si ‘prende cura’. Questo può impattare sì sul business aziendale, ma direi in misura residuale, potrebbe far parte di quella nicchia fisiologica che è ancora una soglia tollerabile, ma quando è un ‘capo’ -che ha l’onere di coordinare altri soggetti - ad essere solo fedele e a non avere alcuna altra conoscenza se non quella diretta dell’imprenditore…. allora le cose possono farsi molto più spinose ed impattanti in termini di business.
La cosa più critica di questo post è potrebbe sembrare tutto una ovvietà. Naturalmente è estremamente difficile prendere coscienza di essere magari proprio voi che state leggendo gli affiliati di turno, di essere proprio voi quei soggetti graditi all’imprenditore ma con scarse competenze, di essere proprio voi quei capi malvisti dai vostri collaboratori perché troppo ben visti dai vostri superiori…
Ed è prioprio questo il problema: senza consapevolezza non c’è soluzione.
Purtroppo però, fin quando non si scardinano queste logiche, fin quando prevarrà la compiacenza sulla competenza, l’affiliazione sulla meritocrazia, questo tipo di aziende rimarranno asfittiche, non produrranno innovazione, non avranno alcuno stimolo vitale al loro interno e finiranno- perduti i migliori talenti- per vedere sempre più impoverire il loro capitale umano, rimanendo solo un manipolo di ‘utili’ idioti alla corte dei vari Re Sole.
Qual' è quindi la ricetta a voler essere ottimisti?
Fate nel vostro piccolo del vostro meglio. E’ sempre questa la migliore e la più efficace delle ricette; fate in modo che ciò che dipende in maniera esclusiva da voi sia orientato a criteri di merito e competenza.
Attenzione quindi, quando nei vostri centri di competenza dovrete fare delle scelte: premiate per quanto vi è possibile il merito, innescate livelli di competizione interni ‘sani’, improntati alla valutazione oggettiva ex ante delle competenze ed ex post dei risultati e solo in seconda battuta (se proprio necessario!) valutate la fedeltà dei vostri collaboratori. Essa pur serve e quando presente è un assoluto valore aggiunto, ma quando da sola vuol sostituirsi a tutto il resto, sappiate che la scelta si rivelerà fatale nella maggior parte dei casi.
Peraltro, con una leadership di questa natura è molto probabile che molti dei vostri collaboratori diventino nel tempo ‘fedeli’ e non c’è cosa più motivante, entusiasmante e benefica in termini aziendali di un clima di fiducia.
Sentiamo adesso la vostra, ‘raccomandati’ e non.
Dottore Commercialista
8 anniAl primo posto metto senza dubbio la competenza, perchè, anche se a lungo termine, paga ed infine può portare al giusto grado di compiacenza.