Creare conversazioni attraverso i BOT: 5 insight per vincere la sfida dei brand

Creare conversazioni attraverso i BOT: 5 insight per vincere la sfida dei brand

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“I mercati sono conversazioni”. È uno degli assunti più famosi del primo Cluetrain Manifesto del 1999. A quasi 20 anni di distanza David Marcus, vice president of messaging di Facebook, rilancia: "We're conversational creatures. That's the way our brain functions. That's the way we're wired. As a result, it's probably the most natural interface there is.”

Marcus l'ha detto riferendosi al lancio di Facebook Messenger Platform nell’aprile 2016, che ha aperto la strada a una nuova era dei BOT.

Con il termine bot si intende in generale un software che accede agli stessi canali usati dagli esseri umani. Qui parliamo dei chatbot, assistenti personali virtuali che comunicano tramite un'interfaccia di messaggistica. Le funzioni principali sono quelle di dare informazioni e facilitare transazioni.

Con i suoi 900 milioni di utenti attivi al mese, Facebook Messenger ha portato i bot all'attenzione del grande pubblico e degli sviluppatori. A pochi mesi dal lancio erano già 11.000 i bot supportati e il dato è tuttora in crescita costante. Ma non è la sola piattaforma a supportare i bot. Il panorama è vastissimo e in continua evoluzione.

VB Profiles Bots Landscape (VB Profiles is a cooperative effort between VentureBeat and Spoke Intelligence).

I bot sono una grande opportunità per i brand che decideranno di utilizzarli, ma portano con loro anche molte sfide. Questi primi dieci mesi ci hanno lasciato 5 insight su come i brand possono usare i bot per creare conversazioni e affrontare queste sfide.

1. I consumatori hanno bisogno di relazione

Per i brand sta diventando sempre più determinante il modo di interagire con i propri consumatori. Quello che emerge è che c'è un crescente bisogno di relazione.

I social media hanno stravolto il modo in cui ci interfacciamo con i brand. Ormai diamo per scontato non solo di poter fare domande e ricevere risposte, ma anche di poter influenzare scelte e azioni. Avere un dialogo attivo non è più qualcosa che ci viene concesso, ma qualcosa che pretendiamo.

L'unico modo che i brand hanno per rispondere a questo bisogno di relazione è capire a fondo le abitudini dei consumatori, per incontrarli esattamente nel luogo in cui sono e nelle modalità che preferiscono. Un'indicazione dirompente arriva da Business Insider che evidenzia come, per la prima volta, gli utenti attivi delle mobile messaging apps abbiamo superato quelli dei social media.

Source: BI Intelligence.

È lì che sono gli utenti ed è lì che i brand devono iniziare una conversazione. Con nove consumatori su dieci a livello globale che affermano di voler utilizzare le app di messaggistica per relazionarsi con i brand (Global mobile messaging consumer report. Twilio, 2016), i bot possono rivelarsi uno strumento prezioso. 

2. Non ci sono soluzioni “one-size-fits-all”

Un volta che un brand decide di utilizzare le app di messaggistica per comunicare con i consumatori, i bot possono essere un'ottima alternativa per gestire il grande flusso di comunicazioni che si generano. Automatizzare le risposte permette di essere più reattivi (la maggior parte dei bot risponde nel giro di pochi secondi) e di fornire informazioni personalizzate per il singolo consumatore.

In questi primi mesi, i bot hanno preso piede in ogni campo. È possibile ricevere informazioni sul meteo, prenotare un’auto con Uber, comprare un paio di sneakers, ordinare una pizza, tutto senza uscire dall'app.

Uno degli usi che si stanno confermando come più interessanti è quello delle news. I bot che più si sono distinti in questa direzione sono quello della CNN, insieme a quello del The Wall Street Journal e di TechCrunch. Scegliendo l'opzione preferita tra quelle suggerite, gli utenti ricevono una selezione di news direttamente nell'app Facebook Messenger, con la stessa semplicità e immediatezza con cui ricevono messaggi dai propri contatti.

I bot della CNN, del Wall Street Journal e di TechCrunch.

Un altro trend su cui la strada sembra spianata è quello dell'e-commerce. Si parla di conversational commerce, dal termine coniato da Chris Messina, Developer Experience Lead di Uber (più famoso come l'inventore degli hashtag). Da quando è possibile fare transazioni, anche economiche, direttamente dall'interno dell'app, si sono aperte prospettive allettanti per i brand. Esperienze come quella di Spring, il primo a usare i bot per l'e-commerce, dimostrano come i consumatori apprezzino un’esperienza integrata, in cui trovare in pochi passi ciò che cercano.

Il bot di Spring.

Data la varietà di utilizzi possibili, scegliere le funzionalità del proprio bot è fondamentale. Bisogna avere bene chiaro in mente qual è l'obiettivo. Intrattenere? Dare informazioni o approfondimenti? Facilitare le relazioni tra utenti? Non c'è una risposta giusta, ma indicare chiaramente quello che i consumatori possono fare con il bot è il solo modo per evitare frustrazioni.

È qui che la mancanza di un rapporto “umano”, se non gestita correttamente, inizia a farsi sentire. Non c'è esperienza utente più dannosa di quella in cui non si riesce a capirsi.

3. I bot non sono umani (e non vogliamo che lo siano)

Uno dei temi più dibattuti di questo periodo è quello dell’uomo vs robot. L'idea che un'intelligenza artificiale possa sostituire il lavoro umano è, per molti, motivo di preoccupazione o quanto meno di scetticismo.

I bot non fanno eccezione. Per il momento, però, il problema è più legato a una difficoltà di comunicazione tra uomo e macchina. Nella maggior parte dei casi, quando si accede, il bot si presenta e illustra cosa è possibile fare con lui attraverso una serie di opzioni preimpostate. Qui sorge subito la prima domanda. Deve far finta di essere una persona o deve dichiararsi apertamente? Le opinioni sono contrastanti, ma sembra che per il momento la seconda strada sia quella che ha premiato di più.

L'esperienza dimostra che non rimpiangiamo di non poter parlare con un'altra persona finché qualcosa non va storto nella comunicazione.

Una richiesta inevasa sul bot della CNN.

La comprensione del linguaggio naturale (Natural Language Processing) è ad oggi una delle sfide più grandi che i brand devono affrontare. Perché, anche se accettiamo di parlare con un'intelligenza artificiale, quello che non tolleriamo è non essere capiti.

Alcuni stanno cercando una soluzione nel deep learning per far apprendere ai bot a esprimersi e a ricevere input con il linguaggio naturale. Altri hanno abbandonato questa strada concentrandosi sulla user experience per creare percorsi circoscritti, ma il più possibile ramificati.

È difficile prevedere come si svolgeranno le conversazioni in futuro. Quello che è certo è che dai bot dei brand pretendiamo che siano degli assistenti personali, in grado di soddisfare ogni nostra necessità. Non ci accontenteremo di niente di meno.

4. Il potenziale dei bot non è ancora pienamente espresso

In questi ultimi mesi, i brand hanno sperimentato molto sull'uso dei bot, ma c'è ancora tanta strada da fare. La verità è che l'introduzione dei bot è figlia di un cambiamento di paradigma nella comunicazione e di conseguenza porta con sé delle criticità che vanno oltre la pura tecnologia. Una volta capito quali sono le potenzialità, bisogna farle esplodere.

Fino a questo momento, ad esempio, molti brand si sono concentrati solo sul customer relationship management, ma nel senso più classico del termine. Dare risposte sommarie e sterili, per quanto tempestive, non basta più. La vera sfida dei bot è quella di diventare proattivi, per anticipare i bisogni dei consumatori e suggerire soluzioni.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è che i bot si rivelano un'opportunità solo se mantengono il focus su quello per cui sono stati creati: creare una conversazione con il consumatore. Da quando Facebook ha introdotto la pubblicità nella forma di News Feed ads e sponsored messages le cose rischiano di cambiare. E anche se le rassicurazioni di David Marcus sembrano scongiurare il pericolo di spam, per i brand diventa fondamentale non cedere alla tentazione di usare i bot come puri strumenti promozionali, impegnandosi per tenere sempre al centro la conversazione.

Nonostante i numerosi tentativi fatti, i bot rimangono ancora un terreno inesplorato. Sia la tecnologia che le applicazioni che ne possono essere fatte, sono in uno stato embrionale. Questo 2017 promette di essere un anno ricco di cambiamenti. Facebook ha annunciato grandi novità per Messenger, che lo renderanno sempre più un luogo di relazione, aprendo ancora più possibilità per i bot.

I brand che avranno il coraggio e la perseveranza di sperimentare nuove strade saranno ripagati con la creazione di relazioni proficue e durature.

5. Per cambiare serve tempo

C'è un ultimo insight che possiamo portarci a casa dall'esperienza fatta finora sui bot: serve tempo. Siamo così abituati ad avere tutto e subito che ci stiamo dimenticando il valore del tempo per l'introduzione di nuove tecnologie. C'è un famoso modo di dire per cui per servono 21 giorni per formare una nuova abitudine. La verità è che ci vuole molto, molto di più.

Basta pensare a come eravamo smarriti quando abbiamo tenuto tra le mani il primo smartphone o scaricato la prima app. Non dovrebbe stupirci che con i bot stia succedendo la stessa cosa. Forse non è amore a prima vista, ma non vuol dire che non sia amore. Tutti noi, brand e consumatori, dovremmo prenderci del tempo per familiarizzare con i bot e per capire come ottenere il meglio da questa nuova relazione.

Valentino Corvisieri

Iot Sales - "Choose a job you love, and you will never have to work a day in your life"

7 anni

Molto interessante e ben fatto. Colgo anche che il problema del riconoscimento della semantica umana e' ancora un miraggio per i ro(BOT). Come possono interpretare frasi come:" La vecchia, porta la sbarra" oppure:"La vecchia porta, la sbarra"... ? :)

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