Da quanto tempo non dici grazie?
"Grazie" è una parola di una semplicità disarmante e, al tempo stesso, estremamente significativa poiché incarna uno dei sentimenti più potenti: la gratitudine.
Tuttavia, facciamo una fatica boia a pronunciarla, soprattutto in un contesto lavorativo. È come se avessimo paura di evidenziare una specie di sotto testo equivoco, contenuto nella filigrana della parola stessa.
Si sa, gli ambiti professionali sono spesso molto competitivi e ringraziare fa temere letture improprie alla stregua di secondi fini, smancerie al limite dello stucchevole o, addirittura, espressione di manifestazioni patetiche.
Com’era quella pubblicità? “Per l’uomo che non deve chiedere mai”… figuriamoci se un soggetto del genere può abbassarsi a dire “grazie”.
Ma c’è l’altra faccia della medaglia: i vantaggi di ringraziare le persone superano di molto questi “disagi”. L’unica cosa a cui dobbiamo prestare attenzione è pensare a come lo facciamo. Ecco tre aspetti di cui tenere conto.
Prima di tutto, il “grazie” deve essere autentico. Chi non è sincero si vede lontano un chilometro, e allora sì che si comincia a rotolare lungo il declivio della dietrologia.
Rientrano in questa categoria anche i ringraziamenti eccessivamente “drammatici”, profusi a fronte di un piccolo favore. Intendo le scene madri alla maniera di Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere: “Con la nostra faccia sotto i tuoi piedi, proprio il massimo, senza chiederti nemmeno di stare fermo, puoi muoverti!”.
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A parte le situazioni in cui il contesto di comunicazione è chiaro e presente agli interlocutori, un “grazie” e basta può lasciare spazio alla poca sincerità. Perché stiamo ringraziando? Per che cosa? Per quale favore ricevuto?
Il “grazie” specifico aumenta il proprio tasso di penetrazione cognitiva e favorisce l’empatia. Se qualcuno ci ha dedicato il suo tempo per permetterci di risolvere un problema, anziché limitarci a un “grazie”, proviamo ad articolare una frase più efficace: “Il tuo prezioso consiglio mi ha permesso di uscire da una situazione complicata. Grazie!”.
In secondo luogo, il “grazie” non ha mai una finalità nascosta, ovvero quella di ricevere qualcosa in cambio. Infatti, non va pronunciato allo scopo di ottenere qualcosa, ma per dimostrare qualcosa.
È questa la ragione per cui a un “grazie” si risponde sempre con un “prego”. Può sembrare un convenevole stereotipato, invece il “prego” dà valore all’azione che abbiamo fatto e conclude la circostanza. Cosa che non si verifica quando, all’opposto, rispondiamo con un (quasi) automatico “di nulla”, lasciando presagire che il favore non ci è costato niente, come a sottolineare che il nostro tempo, la nostra intuizione e la nostra attenzione non siano valori preziosi.
Partendo dal presupposto che il momento migliore per ringraziare è sempre adesso, può succedere che quando il tempo passa, pensiamo di aver perso l’occasione giusta, aumentando in noi il senso di imbarazzo per intervenire “a tempo scaduto” con un “grazie” più o meno articolato. In questi casi, c’è solo una regola: tardi è sempre meglio che mai.
In terzo e ultimo luogo, va considerata anche la possibilità di ringraziare invece di scusarsi. Quando arriviamo in ritardo a una riunione, il nostro pilota automatico ci fa immediatamente dire “scusate il ritardo”, un’espressione normalmente arricchita da una sequela di alibi.
Cambiamo prospettiva. Ringraziamo: “Grazie per la pazienza che avete avuto nell'aspettarmi”. Velluto.
lean thinking
1 annoLa domanda dovrebbe essere, quante volte al giorno dici Grazie a qualcuno? Non che ci debba essere un numero minimo di volte, in fondo dipende dal numero di interazioni con le persone ma ovunque andiamo e qualunque cosa facciamo quasi sempre un grazie "ci sta". La mattina quando ti alzi e qualcuno (in via eccezionale) ti ha preparato il pane tostato, dal benzinaio (escluso self), al bar verso chi ti serve brioche e caffè e non importa se poi li paghi, ( idem al ristorante o albergo), al lavoro quando ti portano il materiale o ti danno un'informazione e perfino per strada o in fila alle poste e supermercato quando qualcuno ti fa passare anche se comunque avresti la precedenza... un grazie ci sta.
Scrittrice-Docente
1 annoEssere grati alla vita ci fa fare sempre dei passi in avanti e il genere umano evolve sempre aumentando questa pratica vivendi. Grazie. www.lacuradise.it
Copywriter e creatrice di contenuti, ricercatrice e scrittrice, traduttrice, project manager.
1 annoLa gratitudine dovrebbe essere una pratica quotidiana. Quando abbiamo qualcosa per cui ringraziare e quando occorre cercarla col lanternino anche nella giornata peggiore (che quando si trova migliora anche quella ;) )
Designer grafico ed editoriale, operatore prestampa
1 annoIn un modo o nell'altro lo dico ogni giorno