E se abolissimo la “festa della donna”?
Oggi è l’8 marzo e come tutti sapete è la giornata internazionale della donna. La ricorrenza ha radici storiche, benché non chiarissime, e aveva ragion d’essere quando è stata istituita oltre cento anni fa poiché le donne allora erano una categoria sostanzialmente relegata tra le quattro mura domestiche o destinata a lavori manuali “adatti” a essa. Dedicare una giornata era uno dei modi per dare voce alle donne, per consentire loro di manifestare, di esporsi e di rivendicare i loro diritti come ad esempio quello al voto.
Al giorno d’oggi però le donne hanno tutti i mezzi e le capacità di potersi esprimere e di far valere i loro diritti, in ogni momento e in ogni luogo, grazie alla tecnologia. Mi chiedo dunque se abbia ancora senso concentrare in una giornata, purché simbolica, tutte le questioni legate al genere, dalla disparità nel mondo del lavoro alla piena podestà del proprio corpo. E me lo chiedo perché sono convinta che giornate come l’8 marzo rischino di ottenere esattamente l’effetto opposto.
Mi spiego. Più vado avanti più mi convinco che la questione di genere sarà risolta nel momento in cui smetteremo di parlare di genere e cioè di sottolineare che esistano differenze tra uomini e donne. Ovvio che le differenze di genere esistono – e direi per fortuna, anche se i confini oggi sono più sfumati che in passato – così come esistono tra persone di diversa provenienza, età o classe sociale ma non ho ancora visto la giornata internazionale degli under 40 o delle persone provenienti dalle Marche (alla quale da orgogliosa marchigiana parteciperei con piacere, in realtà). Questo perché tali categorie non sono discriminate? Non mi sembra, chiediamolo a un giovane trentenne se nel mondo del lavoro si sente discriminato o no… E allora perché continuare a evidenziare questa diversità? Faremmo lo stesso con un disabile, ricordandogli ogni giorno che sì, ci sono differenze tra lui o lei su una sedia a rotelle e tutti gli altri che possono camminare?
Un conto è difendere i diritti, un altro è circoscrivere una categoria di persone in uno schema (uomo diverso da donna) e quindi in qualche modo ghettizzarla, enfatizzare tali differenze e porle al centro di contesti in cui gli elementi di valutazione sono altri.
Ciò è ancor più significativo se consideriamo che a livello culturale, e mi riferisco all’Italia, non siamo ancora pronti per accettare la diversità. Nella nostra cultura siamo ricolmi di diversificazioni (nord vs sud, grasso vs magro, italiani vs non italiani, uovo nella carbonara cotto vs non cotto), che ci cullano perché ci identificano, ci fanno sentire sicuri. Destrutturare o distruggere queste differenze fa paura. E così accade – non in Italia questa volta, ma sarebbe potuto – che un’assistente arbitrale donna in una partita di calcio si infortuna e viene travolta da insulti sessisti della serie “tornatene in cucina”. Sì perché lei in quanto donna ha un luogo di appartenenza definito, che è la casa o perlomeno non il campo da calcio, tempio inviolabile di un certo tipo di mascolinità.
Non ha e non avrà mai importanza se quell’assistente arbitrale sia o meno competente, essere donna è ciò che la identifica e basta. Nel mondo del business questa differenziazione è altrettanto controproducente. Sei donna quindi non ti finanzio perché non mi fido della tua capacità di fare business, non fai carriera perché un giorno dovrai fermarti per fare dei figli (che devi necessariamente fare in quanto donna, sia mai che non li vuoi), non sei una brava leader perché sei troppo empatica, per raggiungere la posizione in cui sei hai sfruttato diciamo la tua femminilità.
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Ovviamente si tratta di generalizzazioni, ma i numeri che raccontano come il genere influisca negativamente sulle donne in quanto tali parlano chiaro: “Nonostante oltre la metà della forza lavoro in Italia sia femminile, sui 5 milioni di imprese italiane la percentuale di donne in posizioni apicali raggiunge solo il 30%, dato che scende al 27% se si considera la partecipazione nei Cda” (Cerved); “malgrado il generale innalzamento dei livelli occupazionali tra le giovani e adulte, si registra una diminuzione rilevante nelle fasce d’età centrali: tra le 35-44enni (quelle che fanno figli ndr.) l’occupazione cala del 7,9%, con un saldo di circa 200mila occupate in meno” (fondazione Studi dei consulenti del lavoro); “La percentuale di donne che ricoprono posizioni apicali è aumentata dal 19,4% al 33,5%, con un incremento del 1,1% anno su anno dal 2004. Al ritmo attuale, la parità verrà raggiunta per la prima volta nel 2053″ (Manpower).
Sono solo alcuni dati ripresi dai tantissimi report arrivati sulle nostre caselle di posta questa settimana ma tutti ci raccontano che gran parte delle discriminazioni che le donne subiscono nel mondo del business sono legate al genere. Per questo dovremmo smettere di porre il genere al centro del dibattito e concentrarci sul merito guardando al percorso di studi e di lavoro, oltre che alle competenze e alle passioni.
D’altronde la parità non è che questo: essere presi in considerazione in modo paritetico confrontando ciò che ci accomuna – una competenza – come un foglio bianco e lasciare a ciò che ci differenzia la possibilità di colorarlo.
morelli@dealflower.it
Real Estate Advisor
9 mesiConcordo assolutamente Laura, merito e rispetto.
Structurer and Asset Management
9 mesiBen detto! Grazie
Giusto, concordo con te Laura anche se penso che questa giornata serva ancora per riflettere e ricordare. Io personalmente ho avuto 2 capi Donna e da loro, soprattutto dal primo, ho imparato molto. Oggi se penso ai miei riferimenti, sono quasi tutti femminili. Tanti auguri!
Direttore Amministrazione Finanza Controllo, Governance
9 mesiCiao Laura, Concordo sul Tuo pensiero in generale (discriminazione) anche se non concordo sulle conclusioni (aboliamo la festa). Io tale festa la vedo semplicemente come l’occasione per celebrare le cose belle e distintive di Voi Donne senza preoccuparmi minimamente degli aspetti discriminatori e senza nessuna pretesa di emancipazione. Fermiamoci un momento (sia noi uomini che Voi Donne) e festeggiamo liberi da noiosi pregiudizi. Best Wishes…. ❤️
Partner presso Arkios Italy S.p.A.
9 mesiSono d’accordo Laura 👏🏻👏🏻👏🏻