I costi della NON Qualità
Costi evidenti e costi occulti, non misurabili se non attraverso la creazione di un sistema di controllo dei processi.
Chi non utilizza al giorno d'oggi espressioni quali prodotti di qualità, servizi di qualità, certificazione di qualità, marchi di qualità, scuola di qualità, qualità della vita? Di fatto, il termine "qualità" è diventato il più evocato nei titoli dei meeting aziendali, nella stampa specialistica, nei documenti degli operatori o nei programmi delle diverse Amministrazioni.
Il XXI secolo si sta configurando sempre più come un periodo di forte concorrenzialità a livello globale (stiamo assistendo ad un graduale affievolimento dei confini settoriali, sempre più permeabili che tendono a confluire verso un unico, universale settore) e di grandi turbolenze politico-finanziarie, che sembrano in grado di rivoluzionare il precedente paradigma industriale, soprattutto alla luce delle odierne crisi immobiliari e ai recenti declini di prestigiose banche d'affari internazionali che hanno scosso l'intero panorama finanziario mondiale. Fatto emblematico è che perfino l'azienda automobilistica giapponese Toyota, celebre agli addetti ai lavori per la lean production e per controlli della qualità assai elevati, ha annunciato la sua prima perdita operativa in settanta anni di storia, dovuta principalmente al crollo delle vendite sul mercato americano.
In un tale sistema di ipercompetizione, risulta essenziale arrivare per primi o, in ogni caso, essere pronti a fronteggiare la sfida dell'innovazione. Ottenere prodotti/servizi migliori comporta notevoli sforzi organizzativi e un mix strategico di risorse umane, materiali, innovazioni tecnologiche e mezzi finanziari. Allo stesso modo, strategia primaria di un'azienda dovrà essere la crescita dei propri dipendenti, talora attraverso l'abbattimento di quelle barriere di "anzianità gerarchica" che si instaurano di consueto all'interno della stessa. L. Thurow, uno dei maggiori economisti americani, ha affermato al riguardo che "l'arma più importante per la concorrenza nel XXI secolo, è la preparazione della forza lavoro; le persone qualificate rappresentano l'unico vantaggio competitivo sostenibile".
In un periodo così critico, diviene sempre più importante, in termini di permanenza sul mercato, perseguire l'eccellenza in tutti i processi aziendali e altresì diviene conditio sine qua non perseguire la qualità in una logica pro-attiva e non più reattiva, anticipando i problemi e creando dei sistemi adeguati a gestirli. Perseguire l'eccellenza, tuttavia, significa accettare l'idea che un Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ) sia condizione necessaria ma non sufficiente. Occorre combinare le azioni di miglioramento dei processi con l'innovazione dei prodotti/servizi/processi, sfruttando al meglio le soluzioni tecnologiche e manageriali emergenti, confrontandosi costantemente con i propri competitors. E' fondamentale, inoltre, il governo dei processi, sia interni che esterni. La qualità dev' essere vista come investimento, come un qualcosa cioè che permetta di far risparmiare risorse alle aziende. Molte organizzazioni credono, erroneamente, che la loro realtà sia diversa dalle altre e che da loro la qualità non possa quindi essere applicata. Ma questa è una valutazione errata. In realtà le norme ISO sono state pensate appositamente per adattarsi a tutte le realtà organizzative, qualsiasi sia il settore di appartenenza (aziende manufatturiere, aziende di servizi, scuole, aziende ospedaliere, enti pubblici). Il top management di un'azienda o di un ente dovrà tener conto, nella redazione dei business plan prospettici (divenuti ormai strumenti essenziali e richiesti dagli istituti di credito e dai mercati finanziari), di cosa potrebbe accadere nel caso si decidesse di "tagliare" i costi della qualità.
Il termine "costi della qualità", in realtà, è artificioso perché la qualità fa risparmiare del denaro e non rappresenta, quindi, un costo vero e proprio. Si dovrebbe, piuttosto, fare riferimento ai costi della non qualità, vale a dire a quei costi addizionali derivanti dal "non fare" prodotti/servizi/processi nella maniera corretta. Una organizzazione deve conoscere nel dettaglio tutti i processi in essa presenti (interni ed esterni), facendo per ognuno di essi un'analisi dei costi legati alle inefficienze (realizzando, altresì, una lista delle priorità e un'allocazione ottimale delle risorse per lo sviluppo del progetto di miglioramento), così da poter avere uno spaccato chiaro e sintetico di quali debbano essere gli interventi core nello sviluppo delle azioni di miglioramento.
A questo punto è opportuna una precisazione: i costi legati alla qualità, possono essere classificati in costi per la qualità e costi della non qualità. I concetti a prima vista potrebbero trarre in inganno e sembrare alquanto simili. Invero, grazie a questa nozione numerosissime aziende hanno avviato programmi di investimento per la prevenzione degli errori (costi per la qualità) invece che "risparmiare", prima, e finire, in ultimo, per pagare un somma molto più salata (costi della non qualità). Potremmo elaborare la seguente equazione: costi per la qualità : investimento (per prevenire un insuccesso) = costi della non qualità : perdita (per un insuccesso già accertato). A scopo meramente esemplificativo, i costi della non qualità in ambito "manufatturiero", possono essere individuati dalle ore lavorative addizionali da parte del personale per l'eliminazione dei difetti di lavorazione e per la riparazione degli scarti nel processo produttivo.
I costi per la qualità possono essere definiti come quegli investimenti finalizzati a produrre il bene/servizio/processo nel modo qualitativamente ottimale e la dottrina li classifica in costi di prevenzione (ossia quei costi finalizzati alla prevenzione e riduzione degli errori/difetti; essi crescono al crescere del livello di qualità. Es: costi per progettazione ed implementazione di un SGQ, interventi sul design del prodotto, formazione del personale, pianificazione della qualità, costi per revisione delle specifiche di prodotto/servizio, costi per la pianificazione di una nuova commessa, costi per la tracciabilità del prodotto, costi per valutare la capacità dei processi, etc.) e costi di accertamento (ossia quei costi sostenuti per accertare il grado di conformità alle specifiche o ai requisiti; Es: costi per controlli in accettazione, costi di analisi dei dati, costi per verifiche dei prodotti e dei processi produttivi, etc.).
I costi della non qualità, al contrario, possono essere definiti come quei costi addizionali derivanti dal non fare le cose nel modo giusto la prima volta e aumentano esponenzialmente al passare del tempo. Alcuni studi recenti hanno rilevato che, in media, i costi per una bassa qualità sono pari a circa il 25% del fatturato (tali costi possono tuttavia scendere intorno all'8% nel caso in cui un'organizzazione sia quality oriented). Secondo la tradizione, tali costi vengono classificati in costi per imperfezioni rilevate internamente (sono i costi causati dalle non conformità alle specifiche, rilevati all'interno dell'organizzazione e che generano difetti che, tuttavia, vengono eliminati prima della consegna del bene/erogazione del servizio al cliente; Es: costi per scarti, costi legati alle rilavorazioni, costi legati alla confusione di ruoli e responsabilità, costi per sovrapposizione dei ruoli, costi legati alla nuova emissione di documenti, costi di set-up, costi legati a nuovi test, costi legati al maggiore impiego di materiali rispetto alla norma, costi legati alla ispezione dei materiali, etc.) e costi per imperfezioni rilevate esternamente (sono i costi rilevati dopo la consegna del prodotto o erogazione del servizio al cliente; Es: costi per la restituzione di prodotti difettosi, costi di nuovo trasporto, costi per la sostituzione dei prodotti, costi associati alla gestione dei reclami, costi per la perdita di immagine del brand, costi per la perdita di mercato, costi legati al pagamento in ritardo, etc.).
Ciò nonostante, non tutti i costi della non qualità sono in prima analisi chiari e manifesti. E' essenziale, in realtà, "mappare" tutti i processi interni ed esterni all'organizzazione, misurare l'efficacia As is e To be dei processi, analizzare le informazioni ottenute e predisporre un sistema di controllo "sistematico" dei processi.
Figuratevi nella vostra mente un iceberg che naviga alla deriva nel mare: chi è esperto nella navigazione marittima è a conoscenza, ma anche i meno esperti possono tranquillamente immaginare che il pericolo maggiore è dato da ciò che non è visibile sotto il livello del mare (cioè il 90% del suo volume). Ecco che possiamo porre in essere le seguenti similitudini: i costi della non qualità possono essere divisi in costi evidenti (posti sopra la banchina dell'iceberg) e i costi occulti o sommersi (posti al di sotto del livello del mare), non misurabili se non con un sistema organizzato di controllo dei processi, applicato e conosciuto a tutti i livelli dell'organizzazione (dal top management alle linee di prodotto/servizio). I costi evidenti sono costi abitualmente misurati e sono, a scopo meramente esemplificativo, i costi legati agli scarti, al declassamento dei prodotti, alle rilavorazioni e riparazioni, alle garanzie, etc. I costi occulti sono, al contrario, di più difficile individuazione: sono, ad esempio, costi relativi a ordini persi, tempo di ingegnerizzazione, diminuzione di capacità, aumento magazzino, problemi di consegna, etc.
In estrema sintesi, soltanto grazie all'introduzione di un sistema di gestione e controllo dei processi adeguato e diffuso a tutti i livelli dell'organizzazione, nella sua accezione più completa, si è in grado di individuare, misurare e ridurre tutti i costi di una organizzazione ed essere in grado di fronteggiare la sfida globale della competizione.