Mercato delle Aggregazioni Automotive – Contesto Attuale e Trend Recenti
Il panorama automotive nell’ultimo decennio è stato interessato da notevoli cambiamenti, che hanno determinato - e che continuano a determinare - un mutamento ontologico nel settore. L’evoluzione costante della realtà automotive può essere interpretata come l’effetto di una congerie di fattori che spingono verso l’innovazione.
In primis, un ruolo determinante hanno giocato le nuove normative relative alla riduzione dell’inquinamento: si fa specificamente riferimento agli obblighi introdotti sulle emissioni dei veicoli, i quali non fanno che puntare l’attenzione sulla necessità di adottare strategie di sostenibilità ambientale, per quanto concerne la mobilità, incentivando, in modo particolare, la produzione e la conseguente diffusione di auto elettriche.
In secondo luogo, si deve tenere in considerazione il cambiamento delle abitudini di vita e la crescente necessità, avvertita dai più, di utilizzare un’auto senza possederla (cosa che di fatto libera gli utenti dai vincoli e dalle limitazioni inerenti il possesso e il mantenimento del veicolo): tutto ciò ha portato allo sviluppo e alla diffusione di nuove tipologie di car sharing, fenomeno che, partendo dal modello tradizionale di condivisione già presente da diversi anni, è diventato col passare del tempo anche il catalizzatore di innovazioni tecnologiche, legate ai concetti di auto connesse e guida autonoma e offerta di servizi on demand.
Pertanto, man mano che le innovazioni tecnologiche sono sviluppate ed affinate, la relazione tra gli esperti di Intelligenza Artificiale e gli Sviluppatori di Applicazioni e di Piattaforme Interattive per i veicoli tende a diventare fondamentale, al fine di garantire i massimi livelli di efficienza e sicurezza, nel contesto della on-demand economy.
I rapporti fra chi si occupa di big data, chi fa ricerca sull’intelligenza artificiale, chi lavora nel settore delle assicurazioni e chi fa sharing mobility si intersecano in modo sempre più inscindibile tra loro, al punto da convergere in un solo grande ecosistema; quello della mobilità del futuro.
Non è un caso, quindi, che soprattutto la mobilità intelligente, la connettività e la guida autonoma rappresentino delle priorità per le principali case automobilistiche, le quali stanno impegnando molte energie e risorse per sviluppare questo importante progetto in un’ottica di medio periodo. A suffragare quanto appena affermato, si fa presente un dato: circa l’80% degli investimenti, realizzati nella mobilità nel corso degli ultimi tre anni, ha riguardato progetti legati ai servizi di mobilità on-demand e vehicle innovation.
Osservando le transazioni nel campo della mobilità negli ultimi dodici mesi, solamente il 15% di esse è definibile come automotive in senso stretto. In effetti, i driver che hanno spinto gli operatori alle transazioni, sono stati per lo più legati all’acquisizione di competenze digitali e di brevetti per nuove tecnologie, alla ricerca di nuove fonti di revenues legate ai servizi e alla mobilità ed all’implementazione di nuovi canali di vendita e di servizi AfterSales, capaci, grazie alla loro forza innovatrice, di rispondere alle esigenze sempre più complesse dei consumatori.
In termini di valore, il mercato M&A automotive negli ultimi mesi è salito di circa l’11%, segnando, tuttavia, un calo che si aggira attorno al 16% in termini di numero di transazioni. Dunque, ci sono state meno transazioni, ma con un valore medio più consistente: infatti, all’incirca l’80% di esse ha avuto dimensioni maggiori ai 100 milioni di euro. In tale contesto, il comparto automotive sta registrando un incremento di investitori finanziari, quali i fondi di private equity ed i venture capitalist. In particolare, i private equity hanno giocato un ruolo fondamentale in questo mercato con circa il 50% delle transazioni. Dal punto di vista delle aziende target, i private equity e i venture Capital hanno preferito aziende che gravitino attorno alla mobilità on demand, mentre gli investitori dell’automotive e delle tecnologie connesse al settore hanno acquisito, per la maggior parte, aziende impegnate nell’innovazione dei veicoli in senso stretto.
Con riferimento al restante 50% delle transazioni riscontrabili nel mercato dell’M&A automotive, è interessante osservare un’altra peculiarità: tale quota si è quasi equamente divisa fra gli operatori automotive e i player attivi nel campo tecnologico ed ingegneristico. In particolare, nell’ambito degli investimenti in mobilità, avvenuti nel corso dell’ultimo biennio, si è assistito ad un progressivo cambiamento delle abitudini degli investitori, riscontrando un minor interesse per il ride-hailling ed una maggiore focalizzazione sulle opportunità relative al mondo della micro mobility, soprattutto elettrica.
In tale contesto, è necessario menzionare ciò che sta avvenendo in termini di investimenti nelle start-up e nello sviluppo di quelle competenze proprie dei Venture Capital all’interno dei maggiori OEM. Sebbene molti OEM del settore automobilistico realizzino investimenti nella fase iniziale, solo poche aziende hanno creato società ad hoc che investano nelle prime fasi di vita delle aziende particolarmente innovative. In uno scenario così liquido, infatti, alcuni dei grandi operatori hanno deciso di dotarsi di strumenti che gli consentano con agilità di acquisire tecnologie innovative e know-how dal mercato, senza doverli necessariamente sviluppare in house. In virtù di tale organizzazione, gli OEM risultano così capaci sia di ridurre notevolmente il tempo di incubazione, relativo all’ideazione e alla realizzazione di tecnologie pionieristiche (cybersecurity, guida autonoma, intelligenza artificiale), sia di fertilizzare il proprio ecosistema, in tempi altrettanto compressi, sfruttando le medesime tecnologie. Tali attori, che si sono mostrati molto attivi nel corso degli ultimi anni (GM ventures, BMW iVentures, Audi Electronics Ventures, Volvo Venture Capital), hanno veicolato i propri investimenti dall’autonomous driving (la guida assistita) all’integrazione di sensori a bordo, raggiungendo circa il 40% degli investimenti focalizzati in mobilità alla fine del 2018 (ca. USD 40 miliardi a novembre).
Con grande frequenza, la partnership si sta affermando, in misura sempre maggiore, quale strumento preferito da parte dei grandi operatori, tanto come prodromo di un’eventuale alleanza più impegnativa, quanto come modalità di sviluppo di uno specifico progetto ad alto contenuto innovativo. Alcuni esempi di partnership tra colossi di technology ed automotive sono l’integrazione dei servizi Google all’interno dei modelli Volvo o quella tra il gruppo BMW, Intel e Mobileye, destinata a portare sulle strade un’auto pienamente autonoma entro il prossimo triennio. Anche con riferimento al segmento della sharing mobility, si riscontra la tendenza a creare partnership tra i maggiori players, come la recente alleanza tra Drive Now e Car To go (BWM e Daimler) per il progetto “Share Now”.
Con riferimento alle attese per il prossimo anno, il 93% degli operatori intervistati da EY nell’ambito di una survey vede positivamente l’M&A nel settore automotive e il 45% si aspetta di perseguire attivamente acquisizioni nei prossimi dodici mesi.
In relazione ai fattori alla base dell’attività transazionale, per i prossimi 12 mesi ci si aspetta che i driver siano sostanzialmente gli stessi dei passati mesi, in relazione alle dinamiche concernenti la concentrazione e l’innovazione tecnologica, largamente intese.
Più nel dettaglio, i principali driver strategici, alla base delle acquisizioni nel settore automotive, si possono presentare in tre categorie: risposta al cambiamento del comportamento e delle nuove esigenze dei clienti (23%); ricerca di accesso/gateways verso nuovi mercati (22%); acquisizione di nuovi talenti (21%).
Mentre numerosi mercati di sbocco per le aziende automobilistiche stanno crescendo, le acquisizioni sono ancora uno dei modi più veloci per espandere la base dei clienti. I trend dettati dalla tecnologia, dai veicoli elettrici, da auto a guida autonoma e da app di condivisione del viaggio, stanno cambiando il sistema automobilistico in maniera significativa e stanno ridisegnando le aspettative dei clienti. Acquisire la tecnologia necessaria e/o le “operations” già orientate alla erogazione dei servizi necessari al soddisfacimento di tali aspettative, può risultare molto più efficiente rispetto allo sviluppo “in-house” di capacità tecnologiche.
Ovviamente, gli operatori di settore percepiscono un rischio di medio termine nel mercato. Un terzo di loro crede che il rischio maggiore sia rappresentato dalla costante perturbazione del settore legata alla innovazione tecnologica, mentre gli altri due terzi temono l’instabilità politica, geopolitica ed i cambiamenti nella legislazione. Se si accorcia l’orizzonte temporale ai prossimi dodici mesi, l’ultimo rischio, appena citato, è addirittura percepito come il principale dal 43% del campione oggetto di indagine, mentre il 30% degli operatori mostra preoccupazione per la scarsità di asset qualitativamente attraenti.
Con riferimento ad investitori di carattere finanziario, gli executives del settore automotive si aspettano di assistere ad una crescente pressione nella ricerca di asset da parte di fondi di venture capital (sia indipendenti sia di tipo corporate), di fondi sovrani e di family offices. I fondi di Private Equity stanno investendo, sempre di più, in un’ottica di medio/lungo termine e si affacciano al mercato dell’M&A con un significativo potere di acquisto Tali trend indicano che si assisterà probabilmente sempre di più ad una crescente competitività, nel tentativo, da parte dei diversi buyers che si affacciano al mercato M&A dell’automotive, di accaparrarsi assets/aziende interessanti. Gli operatori classici dell’automotive potrebbero avere la necessità di collaborare con fondi di Private Equity su determinati deals. Queste tendenze verrebbero ad ampliare la lista di potenziali compratori di aziende nell’ambito dell’automotive, anche se in questa eventualità, le strategie di acquisizione buy-side potrebbero complicarsi.
In sintesi, a nostro avviso, nel corso dei prossimi mesi assisteremo ancora ad una più forte spinta verso transazioni che avranno come oggetto la tecnologia ed il digitale, proprio quelle che, appunto, definiamo cross-sector. Il ruolo dei private equity rimarrà probabilmente centrale ed anzi aumenterà in magnitudo in relazione al loro ruolo di aggregatori nel settore. Parimenti, saranno ancora numerose le transazioni cross-border.
In questo scenario appare ragionevole attendersi una competizione crescente sui deals fra i fondi di private equity ed i corporate Investment Funds. Il motivo di tale attesa risiede nella scarsità di assets contendibili e di qualità e nel grande interesse intorno a tutto ciò che ha a che fare con la cosiddetta mobilità del futuro. Quest’ultima sarà sempre più caratterizzata, principalmente, da investimenti in innovazione digitale e tecnologica, che continueranno a rappresentare i principali driver delle operazioni di finanza straordinaria nel comparto automobilistico.