"Solo guardando al passato possiamo capire come sarà l'evoluzione futura di professionisti e artisti"​ - Intervista Vincenzo Brunetti, Vicepres. CIPA

"Solo guardando al passato possiamo capire come sarà l'evoluzione futura di professionisti e artisti" - Intervista Vincenzo Brunetti, Vicepres. CIPA


Vincenzo Brunetti

#CIPA

L’Italia è un paese che ha sempre vantato un primato culturale. Nonostante una fetta del nostro PIL sia alimentata dalla cultura, gli artisti (attori, scultori, editori, designer, cantanti) fanno ancora fatica a percepire compensi adeguati alla loro formazione. Perché?

Credo sia in parte dovuto al sistema. La pandemia ha messo a dura prova la tenuta della nostra società. Se alcune delle professioni ordinistiche hanno continuato a lavorare a regime, in alcuni casi anche accrescendo la clientela e migliorando i rapporti con i clienti abituali. Categorie, come quella degli attori, dei cantanti, hanno avuto un drastico stop senza poter neppure contare su forme di tutela, anche in virtù del fatto che non hanno un albo di riferimento. L’unica legge che offre un minimo di tutela è la legge Bacchelli che prevede per chi è in stato di bisogno alcuni emolumenti, ma riguarda una fetta piccolina del comparto.


Quali sono i requisiti che le professioni intellettuali devono avere per poter svolgere la libera professione?

È fondamentale sapere se la professione che si intende svolgere prevede l’obbligo di iscrizione all’albo, e se è quindi tenuta al rispetto di un codice deontologico. Se per una professione iscritta all’albo ci sono tutta una serie di obblighi formativi e delle regole di comportamento etico, che permettono poi di proporsi sul mercato, per professioni come quella degli artisti conta molto la bravura, l’estro, la capacità di tenere la scena, Ma dal punto di vista comportamentale non c’è nessuno che vigila ed è molto poco controllabile. 


I professionisti intellettuali sono considerati prestatori d’opera intellettuale. Il risultato della loro prestazione non può essere garantito a priori, ma è solo eventuale. Quanto pesa la formazione per il successo nel mondo del lavoro?

Dipende dal professionista. Sicuramente nell’ambito delle professioni ordinistiche la formazione è essenziale oltre che prevista e obbligatoria. Oggi, devo dire che c’è un cambio di rotta rispetto al passato. Prima negli studi c’era la tradizione di affidare il giovane alla persona con maggiore esperienza che lo guidava alla scoperta dei segreti e delle difficoltà della professione, adesso le cose sono cambiate con un appiattimento verso il basso, ma allo stesso tempo con una richiesta, da parte del mercato, di un aggiornamento continuo e di un’alta specializzazione. Io credo che bisogna sempre guardare al passato per capire l’evoluzione della professione nel futuro. Se l’attore che ha seguito un lungo percorso accademico per arrivare davanti al pubblico non è tenuto a continuare a formarsi, sempre più scultori (vedi Oliviero Rainardi) seguono corsi per conoscere nuove tecniche e nuovi strumenti per lavorare con i materiali.


Non tutte le professioni intellettuali, abbiamo visto, hanno l’obbligo dell’iscrizione all’albo o all’ordine. Come vengono disciplinate le professioni libere?

Non sono disciplinate, è questo il problema. Mentre gli ordini hanno dei codici severissimi, per le altre professioni l’unico riferimento è una norma nel codice civile che disciplina la materia tra il contratto d’opera e la libera professione, che afferma che le obbligazioni sono di mezzi, ma non di risultato. 


Quali sono i vantaggi e quali le criticità per chi svolge la libera professione intellettuale? 

I vantaggi sono legati alla libertà di gestire i tempi e i modi per svolgere un lavoro. Il rovescio della medaglia è che, salvo per i liberi professionisti intellettuali affermati, la prestazione e i clienti non arrivano da soli, ma bisogna crearsi delle opportunità sul mercato. Il guadagno arriva anche dalla capacità di sapersi vendere e di saper promuovere la propria attività.


Quali skill, oltre alla conoscenza, sono richieste alle professioni che Cipa raccoglie?

Noi, all’interno della confederazione, per confermare l’adesione chiediamo dei requisiti morali prima ancora che professionali. Siamo molto attenti al lato umano, all’etica e al rispetto del lavoro di tutti. Per questo tra i nostri servizi forniamo consulenza legale.


La globalizzazione e la digitalizzazione hanno cambiato il mercato del lavoro abbattendo le barriere fisiche e permettendo di ampliare il proprio bacino oltre i confini nazionali. Quanto sono importanti le conoscenze linguistiche e tecnologiche per le professioni intellettuali?

Sono pressoché totali l’esigenza di adeguarsi alla digitalizzazione e alla conoscenza approfondita della lingua. Ma va fatta una precisazione. Non bisogna accantonare la tradizione a favore della globalizzazione, bisogna salvaguardare la storia delle professioni sapendosi adeguare al nuovo mercato. 


Perché un giovane dovrebbe iscriversi a Cipa?

Cipa racchiude in sé tanti professionisti, è sul territorio da 70 anni e vanta una lunga esperienza datoriale. Attraverso le strutture organizzative di Confprofessioni e agli enti bilaterali collegati, permette agli iscritti e ai suoi dipendenti di accedere a tutta una serie di servizi che riguardano la formazione, le coperture sanitarie, il sostegno al reddito, ecc.

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