L'alto Papavero
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L'alto Papavero

«Dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi; io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra signori miei. Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo, o saremo annientati individualmente» – Al Pacino (in Ogni maledetta domenica) 

Buona parte della mia carriera professionale è stata incentrata sulla costruzione di Team professionali efficaci ed efficienti. Già quando negli anni ‘90 mi occupavo di formazione per il gruppo Bayerische, il mio focus è sempre stato quello di creare gruppi di lavoro coesi cercando di insegnare ai singoli come far parte di un gruppo vincente. Uno degli aspetti più difficili da curare è sempre stato quello relativo alle “invidie” professionali, ossia all’incapacità di vedere in chi fa meglio di noi, una guida motivazionale piuttosto che un'antagonista. 

Sono stata testimone del declino di decine di professionisti, nel corso degli anni, per la loro incapacità di trarre stimolo da una sana competizione aziendale. Per molti di loro il successo di un collega si è poi rivelato come la parte più importante di una serie di problemi personali che nella maggior parte dei casi è risultata poi determinate nella cattiva riuscita di un progetto o di un lavoro loro assegnatogli, a volte perfino la conclusione del rapporto lavorativo, magari dopo anni di brillante carriera. 

Come può accadere tutto ciò? Sembra scontato pensare che il successo di un collega sia determinato dal fatto che svolge bene il suo lavoro, e sembra altrettanto palese che se un collega ha successo ne trarrà beneficio tutta l’azienda. Allora perché dovremmo provare invidia per qualcosa di chiaramente positivo, e per cui molto probabilmente ne beneficeremo anche noi; come si innescano questi meccanismi contorti che a volte possono contribuire a generare un clamoroso fallimento? 

«Nessuno può fischiettare una sinfonia. Ci vuole un’intera orchestra per riprodurlo» (HE Luccock)

Quasi tutti gli scritti in merito concordano sul fatto che le persone che si lasciano andare a questo tipo di atteggiamento sono, nella maggior parte di casi, persone profondamente insicure. Molto spesso hanno eccellenti competenze professionali, più raramente sono al di sotto della media richiesta per una specifica posizione, questi ultimi sono quelli che banalmente si sono “venduti” bene in fase di colloquio. Ma proprio tra questi ci sono, secondo me, altre due categorie da specificare, quelli che agiscono in buona fede, e quelli che invece lo fanno perché pensano di essere più furbi. Ebbene proprio i furbi sono quelli che dobbiamo imparare a riconoscere, perché di base sono gli unici che non tenteranno mai di affrontare un percorso di crescita, sono quelli che vengono definiti come affetti dalla Sindrome del papavero alto. La sindrome del papavero alto è un fenomeno motivazionale negativo che si verifica quando gli individui avvertono invidia e insicurezza nei confronti del successo altrui. Questo può portare a conseguenze negative sul posto di lavoro, come la competizione malsana, il sabotaggio delle prestazioni altrui e un ambiente di lavoro tossico. Queste persone possono percepire gli altri come molto più in alto di loro e cercare di abbassarli, a volte li “tagliano” proprio, piuttosto che “annaffiarli” con amore concentrandosi sul miglioramento personale. Questo può portare a un calo della produttività, a un aumento dei conflitti sul lavoro e a un deterioramento dei rapporti tra colleghi. Insomma, sono quelli che a lungo andare e a vario titolo, contribuiscono poi a creare un ambiente tossico e davvero pericoloso per la tenuta aziendale. 

Ho imparato, a mie spese, che nessuna posizione in azienda è priva del rischio di essere occupata da persone con questo grave problema, all’inizio della mia carriera dirigenziale, focalizzavo la mia attenzione su quei reparti che per natura dei loro incarichi erano più soggetti a stress, mi sembrava logico pensare che in un ambiente sottoposto a forti pressioni potessero sorgere tensioni o malumori tra i collaboratori. Mi sono sempre impegnata tantissimo nel cercare di comprendere le necessità dei miei collaboratori per evitare il serpeggiare delle lamentele, che ritengo essere una delle spirali negative più dannose per sé stessi e per l’azienda. Ma mentre avanzavo di carriera, scalando con fatica posizioni di maggior responsabilità nelle aziende con cui ho collaborato, mi sono dovuta concentrare su profili più selezionati, su dirigenti, manager, responsabili di reparto, coordinatori regionali, insomma tutte figure, cha a mio avviso non dovrebbero soffrire di sentimenti negativi come l’invidia o il rancore, e certamente, a mio avviso, in un costante percorso di crescita personale e professionale. E invece posso testimoniare decine di casi di dirigenti affetti da questa sindrome, professionisti per i quali poi sono rimasta molto delusa, persone che hanno letteralmente gettato al vento tante occasioni. E non parlo di quelli al di sotto della media, parlo invece di tanti al di sopra della media, persone con grande cultura professionale e aziendale, persone il cui unico scopo però è stato quello di “mostrarsi” sempre meglio degli altri, denigrando il lavoro altrui. 

Come possiamo riconoscere e neutralizzare gli atteggiamenti di queste persone? 

In primis impariamo a riconoscerle: le persone che hanno costantemente bisogno di attirare l’attenzione spesso possiedono buone abilità sociali, nonostante le utilizzino per manipolare gli altri e trasformarsi, in questo modo, nel centro delle attenzioni, demoralizzandosi se non riescono a raggiungere il loro obbiettivo. Esse dipendono troppo dalla necessità di sentirsi importanti, facendo credere, in questo modo, di godere di alta autostima, anche se è facile riconoscere che non è così, dal momento che cercano continuamente le attenzioni degli altri. Sono come i bambini che si comportano male o che fanno delle scenate per attirare l’attenzione degli adulti. Non pensiamo poi di essere immuni da questa pessima abitudine, occorre infatti guardare profondamente dentro di noi per chiederci se effettivamente tutto quello che facciamo è disinteressato e mirato al bene comune oppure un solo modo per attirare l'attenzione di qualcuno, proprio perché magari ci sentiamo insicuri. Una volta individuati i chiari segnali nei soggetti con i quali collaboriamo più spesso sarà importante promuovere una cultura di supporto e collaborazione. queste persone dovrebbero essere incoraggiate a concentrarsi sui propri obiettivi e valori personali, piuttosto che confrontarsi costantemente con gli altri. 

Come sempre posso portare a testimonianza la mia esperienza personale che, come scrivevo, si basa su anni di osservazione diretta e presenza sul campo, avendo avuto a che fare con decine di team più o meno grandi e sempre molto eterogenei, a tal punto che ne ho fatto un vero e proprio lavoro.  

Cerco sempre di celebrare i successi di tutti i membri del team, incoraggiando la loro crescita personale e professionale, promuovo infatti di frequente eventi di team building, per mostrare a tutti che ognuno, ma davvero ogni componente del team, deve sentirsi parte di un organismo più grande che è l’azienda, e che c’è sempre un bene superiore, caratterizzato dal rispetto per il lavoro dei colleghi. Seguiamo queste semplici regole ed impariamo a vivere in un ambiente di lavoro dinamico e con forte motivazione alla crescita. 

  1. Impara a valorizzare la diversità: Riconosci che ognuno ha qualcosa di unico da offrire e che il successo di un'organizzazione dipende dalla collaborazione e dalle competenze di tutti i membri del team. 
  2. Comunica apertamente: Promuovi un ambiente di lavoro dove la comunicazione sia trasparente ed incoraggiante, permetti ai colleghi di esprimere le loro preoccupazioni e idee senza paura di essere criticati. 
  3. Sviluppo personale: Concentrati sul tuo percorso di crescita professionale, stabilendo obiettivi chiari e realistici. Celebra i tuoi successi e impara dai tuoi errori, senza confrontarti costantemente con gli altri e soprattutto senza cercare scontri e lamentele davvero inutili. 

Spesso si finisce per continuare a soffiare sul fuoco per problemi che sono ormai accaduti, magari da tempo e che davvero non meritano nessun impiego di energie se non per la loro soluzione, individuare responsabili, additare, criticare, sono tutte azioni, nella maggior parte dei casi inutili. Concentriamoci invece sul presente, pianifichiamo il futuro evitando di commettere gli stessi errori che ci hanno poi portato a fallire un determinato task, non serve additare nessuno, serve invece focalizzarsi sui reali obiettivi di crescita: Non fallire più. Aumentare le proprie conoscenze e competenze. Imparare a dominare queste situazioni con la massima professionalità e rispetto per l’azienda e il lavoro dei colleghi. Solo così potremo allora dire di stare percorrendo la strada verso il successo, che ci porterà a ricoprire posizioni sempre più prestigiose, senza che ciò sia però accaduto a discapito delle persone oneste e leali. 

Buon weekend care amiche e amici 💖💎 

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Alice Farella Monti

Fractional Manager in Communication PR & Events 🌟 | Speaker 🎤 of illinearity™ | 💎 Personal Professional Branding Expert | Author 📘 "My Pura Vida" + "Maglie Metalliche"

1 anno

Sono quelle persone che si elevano non elevando gli altri ma spingendoli verso il basso. Per essere appunto il papavero più alto. Suggerisco come lettura in tal senso, illuminante, “il pessimo capo” 📚

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