Le domande e i dubbi dei bancari.
Da quando mi occupo di selezione le domande che mi vengono poste dai bancari sono più o meno le stesse.
Alcune attengono ad aspetti tecnici, altre di contenuto e altre ancora a temi legati maggiormente al proprio mercato interno, quindi con un’accezione psicologica.
Qualora queste non vengano esplicitate è necessario stimolarle per proseguire efficacemente l’iter di selezione, evitando così che rimangano in sottofondo e creino dubbi e insicurezze.
Pertanto dopo avere mappato nei precedenti articoli le diverse tipologie di professionisti bancari e avere analizzato il primo colloquio, desidero approfondire alcune di queste domande.
“Se cambio, devo modificare il mio modus operandi verso i clienti?”
La domanda sottintende la paura del cambiamento in generale.
Nel caso dei private di fatto non ci sono modalità diverse in quanto si approcciano già da consulenti finanziari, anche come autonomia nella gestione del tempo e degli appuntamenti.
Diverso il discorso per i gestori personal che sovente sono monitorati quotidianamente dai direttori o capi area per verificare il rispetto dei budget.
In questi casi è opportuno stimolare una discussione per verificare quanto sia preferibile un cambiamento che renda più liberi con molta meno pressione.
Ragionando con calma sui pro e contro, normalmente si arriva alla conclusione che ci sono cambiamenti auspicabili e benvenuti! In primis per lavorare meglio a vantaggio dei propri clienti.
“Non sono iscritto all’Albo, ha senso iniziare una trattativa ora o è meglio rimandare?”
Premesso che vi sono bancari iscritti e altri che ne hanno i requisiti di diritto, è vero che molti devono sostenere l’esame OCF.
In questi casi il mio consiglio è di offrire al candidato un supporto affinchè si prepari efficacemente all’esame, avendo la possibilità di creare un buon ingaggio emotivo sin da subito.
E contestualmente, seppur con la necessaria gradualità, iniziare i veri e propri colloqui. Assistere il bancario nella fase di preparazione all’esame è molto apprezzato e aumenta fortemente le probabilità di inserimento in rete.
“Temo il passaggio da dipendente ad autonomo”
Classico dubbio spesso legato alla mancata conoscenza delle modalità con cui i consulenti finanziari generano i loro ricavi.
Nel corso dei colloqui andranno spiegate bene le logiche sottostanti la remunerazione del cf, dalla eventuale parte variabile legata alle singole operazioni, al “fisso” determinato della quota parte delle commissioni di gestione fino alla fee di consulenza evoluta, oltre ai premi sulla raccolta.
Questi temi vanno trattati in una fase già avanzata della selezione, tuttavia è corretto, se richiesto, iniziare a dare un’idea al candidato anche per tranquillizzarlo.
Si può anche anticipare che per i dipendenti che entrano nelle reti sono normalmente previsti dei minimi garantiti e/o anticipi provvigionali che si consolidano al raggiungimento di obiettivi di masse apportate tali da mettere in sicurezza il candidato nei primi anni di attività.
“Non so quanto portafoglio posso realmente portare in quanto non mi rendo conto se i clienti sono legati a me o alla Banca”
Quesito strettamente legato al precedente perchè è chiaro che il passaggio va attentamente valutato individuando il break even tra RAL e portafoglio da apportare per avere lo stesso ritorno economico.
Calcolato un valore di ptf che porta al sostanziale pareggio tra attuale stipendio e futura remunerazione, il bancario dovrà valutare attentamente il suo reale potenziale.
Come? E’ molto importante pianificare due passaggi.
Il primo è strettamente legato al portafoglio trasferibile. Occorre, con l’ausilio di un file excel debitamente preparato, aiutare il candidato a fare focus su ciascun cliente. Masse gestite, livello della relazione, esigenze colmate e da soddisfare e così via.
Un lavoro che dovrà fare a casa propria e poi condividerlo con il selezionatore, ovviamente nel massimo rispetto della privacy.
Attraverso questa attenta analisi, nulla è lasciato al caso e questo viene apprezzato in quanto dimostra la volontà di fare le valutazioni più attente possibili.
Il secondo aspetto rilevante è quello di non limitarsi alla logica del ptf apportabile ma andare oltre, ovvero definire anche un piano di crescita per gli anni successivi all’inserimento.
Ai fini del coinvolgimento del profilo, ritengo sia fondamentale. Reclutare professionisti per il solo ptf svuota la relazione.
Offire una reale opportunità di crescita nel medio e lungo periodo nobilita la trattativa, la completa e rassicura ulteriormente il bancario che non si sente un numero (il suo ptf) bensì una persona su cui si sta costruendo un vero Progetto dedicato.
“Nella mia Banca ho molte pressioni commerciali legate ai singoli prodotti, se vengo da voi come sarà?”
Tema assai importante perchè attiene alle modalità operative di lavoro e all’etica dello stesso. Naturalmente non si può generalizzare nella risposta, in quanto ogni rete ha un proprio modello di business.
In linea di massima, per il bancario la qualità della vita può decisamente migliorare, al di là degli aspetti economici.
Tuttavia consiglio di interloquire con più reti avendo la curiosità di comprenderne le differenze che possono essere sostanziali.
Architettura aperta o chiusa/guidata? Budget di prodotto presenti o assenti? Possibilità di lavorare con le aziende e in che modo? Tecnologia nell’operatività con i clienti? La formazione è presente e come? E via discorrendo.
Poichè nessuna organizzazione è perfetta, è importante parlare con chi si dimostra serio, umile, affidabile, realmente interessato alla persona.
Non è semplice, in conclusione, comprendere le diversità nei business model delle reti, ma è uno sforzo che occorre fare per compiere la scelta migliore in base alle proprie caratteristiche e alle esigenze dei clienti.