Quattro parole che descrivono il nostro mondo. Vulnerabilità, incertezza, complessità e ambiguità
Pochi termini descrivono il mondo attuale tanto accuratamente quanto l’acronimo di lingua inglese VUCA. I più fedeli lettori di questa newsletter se ne ricorderanno sicuramente l’uso pregresso.
L’acronimo racchiude 4 parole: vulnerabilità, incertezza, complessità e ambiguità. Quattro termini che ben riassumono la sfaccettata realtà in cui viviamo. Talmente mutevole che anche i migliori analisti non riescono a fornire previsioni realistiche sugli scenari futuri. Pensateci: che ne sarà della famigerata milizia Wagner dopo la morte (ora sì, confermata dal DNA) di Prigozhin e del suo fedele comandante militare Utkin? Ma ancora, come si delineeranno le future politiche monetarie ed economiche al netto della attuale stretta dei tassi, e di una evidente modifica delle regole del mondo globalizzato?
Vulnerabilità significa essere soggetti a frequenti cambiamenti, dunque dipendere, in una certa misura, dalle azioni di altri soggetti. È successo con la pandemia, ad esempio, o con l’invasione russa dell’Ucraina.
L’incertezza, al contempo, regna sovrana. Da quella dei mercati, che fronteggiano lo scotto del rialzo dei tassi per contenere l’inflazione; a quella dei privati che, con grande difficoltà, debbono ragionare in un ristretto orizzonte temporale, facendo i conti con il diffuso aumento del caro-vita. I banchieri centrali, dopo il recente incontro a Jackson Hole, sembrano spiazzati. Persino incerti sulle mosse da adottare in materia di politica monetaria, ormai poco adeguate a questa modernità. Si pensa ad una strategia ad hoc, cucita su misura per lo scenario economico.
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Al contempo, gli attori, sulla scena internazionale, sono numerosissimi ed estremamente eterogenei, come mai in passato. Se nel 1944, a margine degli accordi di Bretton Woods (che portarono alla nascita - tra le altre cose - del Fondo Monetario Internazionale), si contavano poco più di 90 paesi, ora se ne contano circa 200. A questi si aggiungono i giganti della tecnologia che, pur non essendo veri e propri Stati, hanno un peso enorme nelle relazioni internazionali. Ciò implica, che avere una visione d’insieme e prevedere futuri sviluppi è problematico. Questo significa complessità.
Infine, la nostra società deve fare i conti con l’ambiguità. È, di fatto, la scarsa capacità nell’individuare un obiettivo chiaro perché, magari, disponiamo di informazioni parziali o imprecise. Ad esempio, si pensi alla delicata situazione economica cinese, il cui impatto e gli sviluppi saranno tutti da valutare.
Il governo Meloni si dice ottimista. Lo stato di crisi permanente (permacrisis) non rientra nel vocabolario della Premier, che sta guidando il Paese verso la giusta rotta. Come suggerì Omero nell’Iliade, la crisi è un momento di riflessione e di suddivisone dell’utile dal superfluo. Non un male cronico senza rimedio.
Docente e Consulente di Mgmt dello Sport, Giornalista professionista, Autore di libri di Sport Marketing, Opinionista TV
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