L’Engagement come dovere morale

L’Engagement come dovere morale

Riscoprire l’emotività nell’indirizzo delle Risorse Umane

Sinceramente. Non ne posso più. Continuare ad applicare metodiche numeriche di valutazione, rincorrere strenuamente ROI e KPI su attività che appartengono alla sfera dell’emotività e cercare poi di dar loro un senso… non ha senso! E vi dico perchè.

Sono stato invitato lo scorso 27 novembre al ForumHR di Milano, la grande manifestazione nazionale che tutti gli anni raccoglie gli esponenti del mondo HR delle aziende in un grande evento ricco di stimoli, informazioni ed opportunità di networking.

La sera prima dell’evento, tutti i relatori si sono incontrati al Logotel, uno spazio post-industriale recuperato all’insegna della promozione culturale, costituito in una vecchia fabbrica e deputato a spingere innovazione e creatività. Sono intervenuti praticamente tutti gli oratori, presenti per un momento socievole di confronto e reciproco scambio. La serata, al ritmo di musica indie, tartine e soft drink, si è quindi conclusa con una visita guidata alle esposizioni di arte modera ospitate nelle gallerie delle vicinanze.

Il giorno dopo ha preso il via il ForumHR, nella futuristica struttura di Palazzo Lombardia, tra lunghe file per la registrazione, stand, cartelline e borsette piene di schede informative, nella tipica e calda atmosfera da evento fieristico.

Il mio intervento, previsto nel primo pomeriggio, era stato richiesto incentrato sul tema dell’Engagement, argomento a me particolarmente caro e che seguo da molti anni quale uno degli aspetti della mia vita professionale.

Poco dopo le due e mezza, sul palco del keynote, il soggetto è stato introdotto dall’ottimo Francesco Lamanda che, nella sua esposizione, ha illustrato la metodologia di Deloitte centrata su tre aspetti nodali: la ledership, la comunicazione e l’ascolto, concludendo che il middle management ha la responsabilità diretta nella promozione del messaggio verso la azienda. Il mio compito era dare un commento a quanto esposto e, dopo aver incontrato Francesco la sera prima, avevo preparato mentalmente una breve illustrazione delle esperienze vissute in questi anni.

Tuttavia, mentre attendevo di fare il mio intervento, qualcosa dentro di me si dibatteva con forza, fino a farmi assumere la consapevolezza che almeno due cose mi davano prurito…

La prima, i baffi. Non ho mai portato i baffi nella mia vita, personalmente non li apprezzo e li trovo scomodi. Tuttavia quest’anno ho aderito e promosso nella mia azienda l’evento “Movember” che invita gli uomini a fasrsi crescere i baffi nel mese di novembre ed usare la propria faccia come vera e propria pubblicità ambulante per la promozione della salute maschile. Pertanto, a tutti quelli che mi chiedono come mai porto i baffi, ricordo che dopo i 40 anni è doveroso un esame del PSA nel sangue e, arrivati ai 50, va fatto tutti gli anni per tenere sotto controllo le patologie prostatiche.

La seconda questione che creava in me un crescente fermento, era strettamente legata ad una visione dell’Engagement troppo spesso orientata ad obiettivi di produttività e basata su concetti numerici e formule risolutorie.

Non fa per me. Non almeno per la mia esperienza. Ed era una cosa che dovevo assolutamente condividere.

E quindi, quando l’eclettico Renato Geremicca mi ha invitato a salire sul palco offrendomi una sedia e un microfono, il mio esordio è stato orientato ad offrire al pubblico quella verità che ho appreso negli anni. Vale a dire che l’ingrediente che fa funzionare o meno una azione di Engagement risiede nel cuore e deve essere “un messaggio sincero che supera le barriere corticali, scende attarverso i filtri del pregiudizio, arriva fino al centro della emotività, ponendovi una piccola luce che, una volta accesa, non si spegnerà piu“.

Sovente parlando di Engagement sentiamo parlare di persone “ingaggiate”, quasi i termini fossero sinonimi. Non è solo una differenza semantica – ho sostenuto – quella tra “ingaggio” ed “engagement”. Il primo ha il significato del reclutamento, un approccio meccanicistico fondato su attitudini, competenze ed esperienze. Engagement invece vuol dire letteralmente “fidanzamento”, una scelta biunivoca non basata sul mero do ut des, ma sulla reciproca scelta, sull’intesa, nella complicità e nel sostegno. In una parola, è un aspetto emotivo della relazione con la propria azienda.

E dal momento che si parla di sensibilità, non è possibile barare. Perchè l’uomo è una macchina emotiva che può anche cadere nelle trappole della dialettica o della contabilità, ma sarà sempre in grado di “sentire a pelle” quando una azione è autentica. E quindi di autenticità dobbiamo discutere: ciascuna azione di Engagement, che venga intrapresa in un modo o nell’altro e affinché possa essere di successo, deve avere alla base l’autenticità delle intenzioni. E gli elementi che una azienda può mettere in gioco per fare “innamorare” i propri colleghi sono molti e sono quelli che si basano sull’esperienza del benessere comune, sulla progressione umana, sul sostegno dell’individuo e della sua famiglia. In breve, sono la messa in opere del sistema valoriale dell’azienda, della sua cultura e della sua etica.

Perché al di la dei numeri e dei risultati, fare Engagement in azienda è un dovere morale. E si fa, perché e giusto farlo.

Nadia Caraffi

CUSTOMER CARE DIRECTOR presso Coop Alleanza 3.0

9 anni

Fidanzatissima!

Enrica Brachi

Senior Trainer "Intelligenza Emotiva, Competenze Strategiche per navigare la complessità, Management, Leadership, Sviluppo HR TEAM". Facilitator "Comunicazione Generativa"

9 anni

Complimenti!!! Chiaro, essenziale, autentico... come formatrice esperta di Intelligenza Emotiva, che facilità l'engagement... completamente in accordo! Grazie per la testimonianza.

Gianni Romandini

Marketing Manager at Guzzini S.p.A.

9 anni

"Fidanzatissimo"

Valentina La Bruzzo

Partner di Res Audit srl - Consulente Finanza Agevolata - Dottore Commercialista

9 anni

Grazie per la veloce ma esaustiva panoramica dei tuoi pensieri legati all'engagement, che peraltro concordo pienamente non solo a livello del middle management ma bensì a tutti i livelli aziendali. È vero che non si dovrebbe parlare esclusivamente di ROI, KPI ed efficacia delle azioni poste in essere, ma è pur vero che l'economia di oggi è comunque basata sulla capacità che hanno i vari businesses di creare e aggiungere valore, qualsiasi tipo di valore sia. Ciò porta l'uomo alla necessaria traduzione dei risultati di un gruppo di persone in numeri. Credo molto nelle capacità dell'uomo e di ciò che riesce a fare ma credo anche che per l'uomo stesso sia importante potere riscontrare in modo più oggettivo possibile ciò che deriva dal suo coinvolgimento e dalla sua interazione col sistema azienda e col sistema ambiente.

Massimiliano Cantafia

Area Promozione e Sviluppo presso FonARCom

9 anni

Ineccepibile... baffi compresi!!

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