Il difficile rapporto tra finanza e industria

Il difficile rapporto tra finanza e industria

Negli ultimi due decenni la proprietà di migliaia di industrie è passata in mano a numerosi fondi di investimento, talvolta con risultati positivi altre volte con risultati estremamente negativi.

Sulla carta, l’avvento di una nuova proprietà che dispone della liquidità necessaria a rilanciare le aziende in difficoltà dovrebbe portare vantaggi indiscutibili mentre nella realtà non sempre le cose vanno in questo modo.

Cosa non funziona ?

Per quanto mondo industriale e mondo finanziario abbiano una genesi comune, nel corso degli anni sembrano avere preso due strade decisamente divergenti: la finanza, nata dalle necessità di reperire risorse economiche da parte delle imprese, per secoli ha proceduto in perfetta simbiosi con l’industria ma nel corso degli ultimi due secoli l’attività puramente speculativa ha preso il sopravvento allontanando i due mondi che però continuano ad avere bisogno uno dell’altro.

Se da un lato l’industria ha sempre più bisogno della finanza per reperire liquidità, dall’altro la finanza per essere coerente e sostenibile deve poggiare sulle solide basi dell’industria, quando diventa eccessivamente autoreferenziale si creano pericolose bolle speculative come la crisi del ’29 o la vicenda Lehmann Brothers.

In alcuni casi, però, caratteristiche e logiche di fondo troppo diverse tra loro impediscono un matrimonio perfetto:

  • I mercati finanziari fluttuano in base a informazioni, notizie, rumors o sensazioni, con variazioni di parecchi punti percentuali nel volgere di poche ore. I dati oggettivi dell’azienda (fatturato, profitti, MOL, quote di mercato, progetti in fase di sviluppo) sembrano avere assunto importanza marginale: se così non fosse non si spiegherebbe come il valore di un’azienda possa variare di sette-otto punti percentuali in meno di ventiquattr’ore. Un mondo estremamente rapido dove in poche ore si possono guadagnare o perdere cifre importanti.
  • nella gestione di un’industria, invece, il lavoro quotidiano procede lungo due binari paralleli: da un lato la gestione dell’operatività con un orizzonte di breve termine, dall’altro la costruzione del futuro con l’implementazione di progetti a medio-lungo termine. Lo sviluppo di un nuovo modello di auto, il cambio del software gestionale, l’automazione dei processi produttivi, tutti progetti che richiedono anni di lavoro. Se si limita la propria attenzione al breve periodo si possono anche ottenere risultati importanti ma si vanno ad erodere più o meno rapidamente le possibilità future di fare business.

Queste differenze generano uno scontro tra due realtà troppo distanti fra loro: da una parte la finanza, abituata a ragionare in termini di ore o giorni, dall’altra l’industria che segue i ritmi dettati da evoluzioni organizzative e tecnologiche che si sviluppano in mesi o anni.

Ad esempio, nel mondo della moda italiana ci sono numerosi casi di aziende che avevano fatto della conoscenza del prodotto il proprio punto di forza ma quando, allettate dai facili incrementi dei margini, hanno terziarizzato - all’estero - tutte le fasi operative, hanno cominciato a perdere know-how fino a trovarsi ad essere poco più di semplici uffici commerciali. La mancanza di capacità di aggiungere valore con il proprio lavoro ha spalancato le porte a concorrenti più preparati e portato ad un inevitabile fallimento.

Allo stesso modo, altre aziende hanno spostato la propria attenzione verso segmenti di mercato più bassi per ottenere un rapido aumento delle vendite ed un conseguente incremento di fatturato: gli ottimi risultati nel breve periodo hanno preceduto il tracollo causato dalla perdita di valore del marchio. Pensiamo ad esempio al marchio Lancia, un tempo sinonimo di auto di altissima qualità ed oggi relegato al rango di produttore di utilitarie.

Dopo aver scritto la storia dell’industria automobilistica con gioielli come questi:

oggi la gamma Lancia si limita ad un unico modello di city car: 

In entrambi i casi le logiche di breve periodo avranno anche portato risultati immediati (rapido aumento dei margini e dei fatturati) con evidenti benefici dal punto di vista finanziario, ma hanno di fatto distrutto la possibilità di restare sul mercato negli anni a venire.

Si tratta naturalmente di casi limite ed è evidente che ogni impresa industriale debba avere anche un’attenta gestione finanziaria che supporti la corretta gestione delle risorse ma quando l’anima finanziaria, così come accadrebbe con qualsiasi altro settore aziendale, prende il sopravvento sul resto dell’azienda si creano squilibri che possono avere conseguenze fatali.

Diventa allora inevitabile che il mondo finanziario, che ha in mano il pallino del gioco, torni a comprendere le logiche ma soprattutto gli orizzonti temporali dell’industria affinché essa possa continuare a sostenere la crescita della finanza stessa.

Permettetemi di concludere citando Steve Jobs, una persona che ha creato dal nulla un’azienda da cinquanta miliardi di dollari.

A metà degli anni ottanta, Jobs fu allontanato da Apple a causa del calo del 30% delle azioni seguito alla presentazione del primo Macintosh; logiche finanziarie di breve periodo ebbero il sopravvento sulla progettualità di lungo periodo dell’azienda:

 ”L’azienda fa un ottimo lavoro, fa innovazione e acquisisce il monopolio, o qualcosa di simile, in un certo settore. A quel punto la qualità dei suoi prodotti perde importanza. L’azienda comincia a puntare sui grandi venditori, perché sono loro che sanno fare i grandi profitti, non i designer e gli ingegneri che lavorano ai prodotti. Così la gestione della società finisce nelle mani di venditori …. Quando alle redini di un’azienda finiscono i venditori, le persone che si occupano del prodotto cessano di avere peso, e molti si chiamano fuori. Così è stato alla Apple quando è entrato Sculley, che fu un mio errore”
 

Ad oggi non è chiaro se il fondatore sia stato cacciato o semplicemente invitato a fare un passo indietro, resta il fatto che, dopo qualche anno, fu richiamato a risollevare le sorti dell’azienda in profonda crisi ottenendo i risultati che tutti conosciamo.

Martedì prossimo: Riprendiamoci i fondamentali - Ci vuole equilibrio

 

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Grazie, Federico Gambarini, per un altro articolo di qualità! Ci hai ricordato ancora una volta che la finanza è solo uno degli strumenti per far crescere impresa. L'obiettivo della finanza deve essere quello di reperire le risorse necessarie per gli investimenti in capitale fisico, umano ed intangibile.

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