Il professionista usa e getta

Il professionista usa e getta

Qualche settimana fa il Presidente dell’U.S. Palermo, Maurizio Zamparini, ha esonerato l’allenatore per l’undicesima volta nel corso della stagione.

Premesso che, in quanto socio di riferimento, è nelle sue facoltà esonerare chi gli pare tutte le volte che gli pare, la domanda che mi è sorta spontanea è: perché ?

Le società sportive professionistiche sono aziende a tutti gli effetti, con dipendenti, fornitori, clienti, concorrenti e fatturati milionari. Quindi assimilabili con ottima approssimazione a qualsiasi altra azienda manifatturiera o di servizi.

Naturalmente non ho intenzione di entrare nel merito delle scelte degli allenatori del Palermo ma vorrei proporre qualche riflessione in merito ai meccanismi alla base di questo tipo di scelte nell’ambito della gestione di un’azienda.

Consideriamo che l’allenatore è una figura tecnica dirigenziale dell’azienda e come tale ha la responsabilità del coordinamento e dell’efficentamento delle risorse disponibili, esattamente come un direttore di produzione o commerciale; inoltre il buon senso vorrebbe che, vista la delicatezza del ruolo, potesse avere voce in capitolo anche nella definizione delle risorse. In sostanza dovrebbe essere messo nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro.

Trascurando per un attimo i fattori al contorno, quando i risultati non arrivano è chiaro che l’insieme risorse-dirigente ha qualche falla ed è necessario intervenire. Il Presidente Zamparini (ma è in buona compagnia…) cambia l’allenatore, ma è davvero l’unica soluzione ? o la più sensata ? ma soprattutto, è risolutiva ?

Posto che all’undicesimo tentativo in sette mesi un esamino di coscienza sulle capacità di selezione sarebbe bene farselo, la logica suggerirebbe che, prima di prendere qualsiasi decisione, si effettuasse un minimo di analisi delle cause: la mancanza di risultati dipende dal coordinamento (il dirigente), dalle risorse o dalle condizioni al contorno ?

Non è sempre semplice dare una risposta univoca a questa domanda ma certamente un approfondimento permetterebbe di conoscere meglio le cause del fallimento e di intervenire in maniera più mirata.

Invece sentiamo spesso ripetere la frase “non è colpa dell’allenatore ma non posso certo cambiare tutta la squadra!”

E perché no ? se il problema è la squadra, potrai mettere l’allenatore che vuoi ma continuerai a girare attorno al problema senza risolverlo. Se l’azienda lavora con macchinari obsoleti a che serve sostituire il direttore di produzione ? ci vorrebbe un miracolo di san Gennaro, non un nuovo dirigente.

Non vorrei essere malizioso ma visto che “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende” si potrebbe pensare che scelte di questo tipo siano colpi di coda utili solo a smuovere un po’ le acque e a mostrare che si sta agendo quando in realtà non si ha idea di cosa fare per risolvere i problemi reali, il famoso “magheggio”; come un bravo illusionista che riesce a concentrare l’attenzione del pubblico sui movimenti della mano sinistra mentre con la destra estrae la carta dal taschino.

Per la buona gestione di un’azienda è necessario (anche se non sufficiente) avere abbastanza onestà intellettuale per riconoscere quali sono i problemi reali e dove è davvero necessario intervenire; bisogna avere anche il coraggio di agire in maniera decisa quando ci si rende conto che le cose non funzionano. La questione si fa più spinosa quando il problema risiede proprio in chi assume le decisioni: ammettere di essere la causa di un problema non è mai facile ma se cambi tre direttori commerciali nel volgere di pochi anni sembra essere evidente che il primo intralcio allo sviluppo dell’azienda sia proprio tu; potrebbe essere arrivato il momento di chiedere supporto ad uno specialista per gestire le selezioni.

Per la mia esperienza, al di fuori delle società sportive, eccessi di questo genere accadono più raramente ma ho visto personalmente professionisti eccellenti cacciati in malo modo perché avevano osato dire cosa realmente serviva all’azienda, o perché dopo una lunga serie di progetti bocciati non avevano raggiunto i risultati richiesti -ma in realtà non erano mai stati messi nelle condizioni di lavorare-.

Un professionista di alto livello, come può essere un allenatore sportivo o un dirigente di azienda, ha bisogno di poter disporre di risorse adeguate alle aspettative, di tempo per realizzare le proprie idee e di un certo grado di libertà di azione; se non si è disposti (legittimamente) a concedere queste condizioni è inutile sprecare risorse preziose per assumere figure di alto livello. Meglio spendere i soldi dell’azienda in maniera più fruttuosa.

Penso che per la gestione di un’azienda moderna che vuole superare le sfide dei prossimi anni sia necessaria la presenza di specialisti molto preparati ma se l’imprenditore o il manager ritiene di essere sufficientemente capace per fare da sé è meglio che prosegua deciso per la sua strada: cercare professionisti senza essere realmente disposti a lasciarli lavorare, oltre che costoso, rischia di essere destabilizzante e dannoso per l’azienda; quindi meglio lasciar perdere a priori.

 

Martedì prossimo: Il caos arriverà. Preparati ad accoglierlo

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