Pagare moneta, vedere cammello

Pagare moneta, vedere cammello

Ieri sono stata a pranzo con i miei colleghi di UPV e il tizio alla cassa del ristorante giapponese vedendoci tutti con carta di credito e smartphone in mano, ha ipotizzato che da qui a 10 anni potremo pagare direttamente con il telefono, senza bisogno di contanti o tesserine. Abbastanza dolcemente gli abbiamo suggerito che la cosa è già fattibile ora e che forse è solo la velocità di penetrazione di nuovi sistemi di pagamento all’interno degli esercizi commerciali a tenere un passo più lento di quello dell’innovazione tecnologica e di sistema.

Sembrano passati secoli da quando, parlo per me, il telefono era quel cordless bianco e di cui masticavo l’antenna, estendibile, che mi accompagnava dal salotto alla mia camera e che quando iniziava a scaricarsi, sempre troppo presto per le mie infinite conversazioni con amiche e amici, iniziava a gracchiare e a emettere un cacofonico bip bip.

Sembrano passati secoli, ma sono in realtà trascorse solo poche manciate di anni, durante le quali è forse proprio il mondo della telefonia quello ad aver subito i cambi di rotta più parabolici e ad avere preso tutti in una sorta di morsa a chi ha il telefono in grado di fare più cose. Il mondo delle app è stato in ascesa, poi in esplosione e forse ora in relativa stabilizzazione, ma concentrato sul miglioramento delle performance. Non ci basta più un’app che faccia tante cose, ma ne vogliamo una che ne faccia una sola, ma meglio di qualsiasi altra, anzi meglio di chiunque altro, meglio di noi.

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