ALIENAZIONE O NON ALIENAZIONE, QUESTO E’ IL PROBLEMA?

ALIENAZIONE O NON ALIENAZIONE, QUESTO E’ IL PROBLEMA?

Il titolo della settimana è volutamente provocatorio, ma non potrebbe essere altrimenti, per chi opera nell’ambito del diritto delle relazioni familiari, la questione è oramai amletica (oltre che di nodale importanza) si può parlare di alienazione parentale senza rischiare la pubblica gogna?

La risposta è si, per un semplice motivo, perché anche se non se ne può parlare sulla carta, lo si fa ampiamente nelle aule di Tribunale e nei nostri Studi, in barba ad ogni formalismo!!

Un passo alla volta, non diamo per scontato che chi ci legge abbia chiaro o addirittura conosca il fenomeno, quindi un breve excursus introduttivo è doveroso.

Per alienazione parentale, comunemente chiamata “PAS”, si intendono tutta una serie di comportamenti posti in essere da una delle due figure genitoriali (Alienante) volti ad escludere, oscurare, eliminare, limitare, denigrare l’altra figura genitoriale (Alienata, unitamente alla prole) ai danni dei figli.

Questo fenomeno oramai diffusissimo origina e prende le mosse - in percentuali molto elevate – a seguito della disgregazione del nucleo familiare, un momento delicato in cui, senza adeguata intelligenza emotiva, la conflittualità spesso prende il sopravvento sul buon senso, e l’arma numero uno per una vendetta efficace (magari in risposta ad un tradimento) è purtroppo costituita dai figli, che in tal caso sono vittime dell’ignoranza, non solo culturale (ovvero non sempre) ma anche emotiva, un padre o madre fedifrago/a non generano empatia, nel genitore vittima di tali (stiamo parlando di un’ipotesi tra tante) circostanze, che non riesce più a scindere il ruolo genitoriale da quello di coppia.

In questi casi, inizia una ideale tempesta, fatta di comportamenti concreti e/o omissioni, azionata dolosamente o colposamente dal genitore alienante, che genera nei figli una progressiva volontà di allontanamento dal genitore “infangato” e pertanto “alienato”.

Questo processo porta sovente alla recisione integrale del rapporto genitoriale con conseguenti (enormi) danni a carico dei figli stessi e dell’altro genitore, il quale, voglio essere chiaro, (è un’interpretazione personale dettata dall’esperienza professionale, beninteso), ha le armi molto spuntate per arginare il fenomeno.

Il diritto di visita, infatti, non è coercibile, la sua violazione ha potenziali conseguenze risarcitorie (danno endofamiliare), provvedimenti di qualsivoglia natura, sia civile che penale, che possono ristorare il soggetto danneggiato, ma un sentimento reciso, una presa di posizione, la volontà di allontanare il genitore, porta con il tempo ad un rapporto non recuperabile, e ciò produce conseguenze gravissime, mai ristorabili del tutto attraverso una valutazione economica del danno.

Non di rado mi sono imbattuto in figli (soprattutto adolescenti o preadolescenti, perché in tenera età si può fare molto di più) che nonostante l’evidenza del comportamento distorsivo e tossico del genitore alienante non potevano fare a meno di odiare, ed escludere, ce ne sono tantissimi, una piaga sociale.

Purtroppo, lo dico senza dubbio alcuno, gli ultimi dibattiti dottrinali si sono concentrati esclusivamente sul formalismo, sulla dignità giuridica del fenomeno, concludendo che non avendo lo stesso dignità scientifica, in quanto non riconosciuto ufficialmente dal c.d. manuale DSM-5-TR (Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), non se ne doveva più parlare nelle aule di Tribunale (e invece se ne parla eccome).

La Cassazione prima, e la Riforma Cartabria poi, hanno recepito tale orientamento. Tra i provvedimenti più recenti, segnalo Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 24/03/2022, n. 9691:

Il richiamo alla sindrome d'alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale. Ne segue che il fatto che il minore abbia sempre convissuto con uno dei genitori non equivale apoditticamente a sostenere che la sua volontà di non incontrare l'altro, o di non incontralo con le frequenze prescritte, sia ineluttabilmente coartata dal genitore collocatario in via principale, in mancanza di riscontri verificabili su un supposto rapporto di così grave soggezione da implicare la negazione di ogni autonomo processo decisionale anche istintivo di un minore. Infatti in tema di affidamento dei figli minori nell'ambito del procedimento di divorzio, l'ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni e dunque non può essere sostituito dalle risultanze di una consulenza tecnica di ufficio, la quale adempie alla diversa esigenza di fornire al giudice altri strumenti di valutazione per individuare la soluzione più confacente al suo interesse. Dunque, il giudice ha l'obbligo di motivare specificamente l'omessa audizione del minore, non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora opti, in luogo dell'ascolto diretto, per quello effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che solo l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda (Altalex.com One legale Banca dati).

Come detto, la recente Riforma Cartabria in tema di contenzioso familiare, ha sancito che  il consulente tecnico d'ufficio deve attenersi ai protocolli ed alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica". Pertanto, il Giudice, che già non può aderire acriticamente alla relazione peritale, dovrà graniticamente escludere quella che si discosta dal mancato riconoscimento della comunità scientifica.

Fuori dalla suddetta analisi formalistica, c’è tuttavia un mondo di sofferenza, famiglie distrutte, genitori e figli vittime di situazioni non gestite, o gestite malamente, rapporti frantumati, danni incalcolabili, da un punto di vista sociale, morale, ed anche economico, tutto collegato, (Non è facile lavorare o portare avanti un’attività lavorativa con la morte nel cuore, qualcuno non ce la fa, il danno erariale è pazzesco, ma nessuno sembra accorgersene).

Un figlio privato di un genitore (salvo casi in cui ciò sia oggettivamente un bene) è un figlio a metà, è una scheggia impazzita che pagherà un dazio enorme in futuro, il fatto è che tale concetto non è scontato per molti, sovente mi capita di sentire (soprattutto nei corridoi del Tribunale, mai in aula!!), “con un padre o madre del genere, il distacco non può che essere un bene per mio figlio!!”.

Come si argina il fenomeno, come si combatte questa deriva tossica e distruttiva?

Facciamo un esempio, se un bambino corre e cade in bicicletta su un terreno scivoloso e impervio, subito procediamo a disinfettare il ginocchio ferito, farà male per un po', ma poi passerà, ma se non gli si insegna a gestire il terreno scivoloso con la bicicletta cadrà nuovamente.

Dunque, per restare nei formalismi, ovviamente il Giudice, portato a conoscenza di situazioni devianti tossiche e distorsive, perché alienanti (di fatto), dovrà calibrare le proprie determinazioni sul caso concreto (il principio della domanda è relativo, in un contesto, quale appunto quello della famiglia con interessi specifici dei minori, il Giudice ha ampissimi margini officiosi, non ultimo la CTU, o l’ausilio dei servizi sociali, e inoltre le richieste sono svincolate dalle più rigide preclusioni processual - civilistiche pure), quindi, è sempre opportuno portare all’attenzione quell’insieme di comportamenti e omissioni dalle quali in sostanza emerge il distacco, la volontà di recidere il rapporto con il genitore alienato, pertanto diventa fondamentale l’attività interpretativa di comportamenti di per sé innocui e irrilevanti (se non ti rispondo al telefono non commetto un illecito) ma che, incastonati tra loro, formano un mosaico inequivocabile, sarà pertanto l’Avvocato (prima) a ricostruire sapientemente tale mosaico, per poi rappresentarlo all’organo giudicante (dopo) - verosimilmente coadiuvato da CTU - per la dovuta interpretazione del contegno asseritamente illegittimo.

E se viene accertato il contegno alienante? Diffido da chi propina conseguenze precostituite, ogni provvedimento ha storia a sé, si modella al caso concreto.

Ci sono casi in cui l’affidamento condiviso deve permanere, anzi è auspicabile, altri in cui serve il pugno duro, e un conseguente affido esclusivo o super esclusivo, addirittura si può arrivare ad una limitazione della responsabilità genitoriale (art. 333 c.c.) o decadenza della stessa (Art. 330 c.c.). Può essere altresì auspicabile un affido in prova ai servizi sociali, il tutto avendo cura di operare sul caso concreto, mai per conseguenze precostituite.

Come detto, in molti casi la tutela è sterile (perché obbligatoria), si fa fatica a rimettere insieme i cocci di un rapporto, servirebbe sempre una grande dose di coraggio (processuale), cosa non sempre attuabile o attuata (collocamento paritetico?).

Servirebbe inoltre un grande sforzo istituzionale per dare le armi a coloro che combattono, se ad esempio viene suggerito un percorso di sostegno alla genitorialità presso l’UFSMIA, dovremmo dare risorse e personale per eliminare le liste di attesa – come si pretenderebbe ad esempio per una diagnosi oncologica ospedaliera – il principio è il medesimo, facciamo ottime leggi, ma se non si conferisce effettività meglio essere franchi e sinceri, non se ne esce, se non tramite il privato (chi può), con buona pace della Carta Costituzionale, sempre più (colpevolmente) ammuffita.

Ecco, che “insegnare al bambino” ad andare in bicicletta e gestire terreni difficili diventa di preminente importanza, ovvero, l’altra parte della cura è nella prevenzione.

Già dalla tenera età, in ambito scolastico, le istituzioni devono lavorare per plasmare le persone del futuro, insieme alle famiglie, è ovvio, ma ugualmente laddove le famiglie siano assenti (anzi, a maggior ragione).

Un bambino o bambina deve sapere che le persone non si rovinano, che un rapporto può finire, e che i figli hanno diritto di vivere serenamente sia il papà che la mamma, a prescindere da come va tra loro, solo così in futuro potranno essere essi stessi i garanti della prevenzione sociale, coloro i quali avranno debellato la piaga, la deriva, a differenza di molti, ho grandissima fiducia nelle nuove generazioni, loro sono il futuro e ci guarderanno con compassione pensando a certi fenomeni in auge nel primo trentennio degli anni 2000.

Un appello va anche ai Colleghi, perché la famiglia è una materia a parte, sui generis, e non può essere trattata con le logiche tipiche di altri rami del diritto (peraltro anch’essi coinvolti in una spirale virtuosa protesa alle ADR), mettiamo sempre i minori al centro, anche a discapito dell’interesse di parte, perché in futuro, quando leggeranno i nostri atti, ci daranno il voto, e la Sentenza la emetteranno loro!!!  

 

 

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