La competenza di strategia nel Project Management Body of Knowledege
Di Enrico Viceconte
Il pensiero strategico è una delle competenze che fanno di un buon manager un buon leader e un buon innovatore. Questa è una mia opinione e si riferisce non solo ai manager apicali, ma anche ai manager intermedi. Eppure, il peso della formazione alla strategia d’impresa nell’ambito della formazione manageriale, nella mia esperienza più che ventennale in una business school, è quasi sempre inferiore a quello dato alla Leadership, al Change management, alle soft skill e a sotto-temi specialistici dell’Operations Management o del Marketing Management. Oggi cresce anche la formazione dedicata alle cosiddette “competenze digitali”.
Ho spesso ascoltato selezionatori chiamati a suggerire a giovani MBA come presentarsi a un colloquio, suggerire di tener nascosta una eventuale passione per la strategia. “Non vi capiterà mai – dicevano pressappoco – di dovervi occupare di strategia. Meglio non menzionare questa ambizione non realistica.” Magari era la materia dell’MBA preferita dall’allievo, specie se gli era stata spiegata bene.
Nel negoziare con un’impresa cliente un piano formativo da finanziare con i fondi interprofessionali, ho provato spesso a proporre un modulo di “strategic thinking”. Quasi sempre, però, il referente del personale me lo ha bocciato, sgranando gli occhi e pensando che la competenza “strategica” non fosse cosa che riguardasse un manager di primo o secondo livello, un professional, un amministrativo.
Questa convinzione era anche la mia. Ho sempre insegnato che, così come esiste una divisione del lavoro “orizzontale”, esiste anche una divisione del lavoro “verticale”. Vale a dire che il lavoro di management strategico è bene che si svolga nei piani alti dell’edificio organizzativo, dove la visuale è più ampia, e che ai piani intermedi fosse assegnato, dopo un breakdown della strategia e un deployment degli obiettivi, il lavoro di management “operativo” dell’implementazione e dell’esecuzione, così come la pianificazione operativa, il controllo quotidiano e la soluzione di problemi che si presentano giorno per giorno.
Era una convinzione sbagliata. I primi dubbi mi vennero all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, quando svolsi una ricerca sul TQM in Giappone. I dubbi divennero maggiori all’inizio di questo secolo, dovendo insegnare lean management nei corsi di Operations. Nei due casi, che si riferivano al contesto dell’impresa giapponese, risultava evidente che la capacità diffusa di migliorare le prestazioni aziendali fosse il frutto di una chiara e diffusa padronanza del concetto di “valore”. Che è un concetto strategico e non operativo. Mi era evidente che molte aziende, volendo adottare un approccio TQM e poi Lean, si illudevano di poter usare delle metodologie e dei tools acquistati “off the shelf” dalla consulenza. E i progetti fallivano miseramente o richiedevano poderosi sforzi manageriali per tenerli in vita. I progetti fallivano per carenza di interiorizzazione diffusa del pensiero strategico. Potrei citare qualche azienda molto grande nella quali ho fatto formazione. Lo sforzo di ragionare in termini inter funzionali e di abbattere i silos organizzativi era ostacolato non tanto dalla consapevolezza dei processi orizzontali che attraversano l’organizzazione, quanto dalla difficoltà di leggere i processi come strategicamente “allineati”.
I manager intermedi erano affamati di tool da usare e riempire di numeretti e diagrammi, ma erano scoraggiati dalla cultura aziendale ad andare al pensiero strategico che è all’origine di un certo approccio al business, poi alla scelta di certe metodologie e, solo alla fine, all’adozione di certi tool.
Mi è capitato anche con project manager bravissimi a mettere i numeri giusti in un tool per l’Earned Value Management, ma svogliati nell’approfondire tutti i 47 processi del Project Management. Quando ho chiesto loro perché non sentivano la necessità di studiare tutto il PMBoK, a meno che non volessero fare l’esame per prendere la credenziale PMP, la risposta era: “troppo mnemonico! Troppi processi e sotto processi tra loro collegati! Tutte cose che facciamo normalmente in modo informale e ha sempre funzionato così”.
Mi sono fatto l’idea che la svogliatezza dei PM fosse il frutto di una scarsa competenza strategica. E che questa carenza non solo fosse tollerata dal senior management, ma anche incoraggiata. Ho raccontato di PM, ma potrei dire lo stesso per altri Operations Manager, Marketing Manager, HR Manager e Accounting Manager. Allora, occupandomi di una Business School, chiedevo: “non avete, per caso, pensato ad iscrivervi ad un executive MBA?” Infatti, un MBA è il modo in cui si può sviluppare una certa competenza nella disciplina della strategia e una visione interfunzionale e anche inter-organizzativa del business. Credo che, ad esempio, sia molto difficile interpretare bene il ruolo di Supply Chain Manager senza leggere una supply chain in chiave strategica. Ma mi è capitato di avere manager certificati APICS con una ridotta conoscenza della disciplina della strategia. Come se la strategia fosse solo un fatto “intuitivo”, “creativo”, pieno di azzardo che potesse essere anche lasciato all’improvvisazione e alla fortuna dei senior manager.
Ma queste erano impressioni. Ho deciso allora di studiare quante volte, in un corpus di conoscenze manageriali, fosse invocato o evocato il concetto di “strategia”. Ho scelto il Body of Knowledge del Project Management Institute, allargato non solo ai Foundational Standards ma anche a un campione di Practical Guides. Ho applicato un semplice criterio di content analysis cercando il numero di occorrenze della ricerca “strateg” che è in “strategy”, “strategic”, ecc.
Per confronto ho contato la ricorrenza del concetto di Implementation (cercando “implement”), e di Execution (cercando “exec”). Strategy, Implementation e Execution sono infatti le tre fasi in cui si sviluppa l’azione strategica. Con la consuetudine di assegnare, nella divisione del lavoro, al senior management la fase di formulazione della strategia e il controllo della sua implementazione ed esecuzione e ai manager intermedi, ad esempio i PM, le fasi operative di implementazione ed esecuzione. Non ho ricercato le parole “Planning” e “Control” perché ho dato per scontato che queste due attività siano naturalmente parte dei compiti di un PM.
Ho invece ricercato il concetto di allineamento (cercando “align”) avendo fatto l’ipotesi che a un manager intermedio sia richiesta un’azione continua di allineamento dei processi e delle persone alla strategia.
Questa che segue è la tabella che riassume la mia breve ricerca.
Per avere un indicatore di facile lettura ho rapportato le occorrenze dei termini ricercati con il numero di pagine di ciascun documento, ottenendo la frequenza, espressa in numero (arrotondato) di occorrenze ogni dieci pagine di documento (average freq.).
Dallo studio, abbastanza veloce e approssimativo, emerge che il concetto di strategia viene evocato (nelle 3500 pagine esaminate) circa 7 volte ogni 10 pagine, con una frequenza doppia rispetto a quello di implementazione e a quello di esecuzione. Inoltre il concetto di allineamento (average freq.=4) risulterebbe altrettanto “importante” di quello di implementazione e più di quello di esecuzione. Nel PMBoK 6th edition la frequenza è di tre occorrenze ogni 10 pagine, nello standard per il risk management, circa 15 vole ogni 10 pagine,
Abbandonando ogni pretesa di scientificità del metodo adottato, mi viene da pensare che ciascun Project manager, ciascun Program Manager, ciascun Portfolio Manager abbia necessità di comprendere bene la strategia entro la quale la sua azione è inscritta, per svolgere un continuo ruolo di indirizzamento e allineamento strategico dei team che gestisce, per prendere le decisioni di cui sarà responsabile, per negoziare sulle risorse che gli saranno assegnate, per richiedere un certo supporto alla sua azione, per coordinarsi autonomamente con altri manager.
Ogni manager deve essere padrone dei processi operativi (mastership). Ma deve essere molto consapevole anche dei processi strategici.
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L’evoluzione del PMBoK rende, se possible, ancora più urgente l’acquisizione di competenze di strategia. Il passaggio da un approccio “per processi” ad un approccio “per princìpi” dettato dall’esigenza di agilità strategica e organizzativa, richiede che ciascun manager sia chiamato ripetutamente a domandarsi: “quello che ho fatto sinora, durante lo svolgimento del progetto, ha valore per gli stakeholder?”
Senza una visione strategica del business la risposta può risultare confusa. In ciascun momento il manager di un team agile non deve sapere solo il cosa deve essere fatto e il come, ma anche il perché. Anche perché il cosa, il come e il perché faranno sempre di più parte delle domande che il manager deve fare al suo capo e delle risposte che il manager deve dare ai suoi collaboratori e agli stakeholder.
Tale lucidità strategica del manager andrà a rinforzare la propria autorevolezza nella decisione congiunte, più che sulla negoziazione col capo sulle risorse da assegnare al progetto (span of control), sullo “scope” che deriva dagli obiettivi strategici attesi (span of accountability), sull’autonomia di coordinamento con altre unità organizzative (span of influence), sul supporto da ricevere da strutture e funzioni shared (span of support). Una lucidità che può accrescere anche la propria autorevolezza coi collaboratori e il grado di allineamento dell’organizzazione.
Nei documenti, ovviamente, non è spiegato come si elabora una strategia. Non fa parte, programmaticamente, del Body of Knowledge. Ma se si inseguono le migliaia di occorrenze dei termini che fanno riferimento alla dimensione strategica, si scoprono mille criticità e mille possibili fonti di bias, che vanno a cumulare rischi di progetto, a minare il clima di fiducia nei team, a rendere faticoso il lavoro manageriale, a indebolire la leadership del senior management e dei manager intermedi.
Nella tabella balza agli occhi l’ ”importanza” del concetto di strategia nello Standard per il Program Management (15 occorrenze ogni 10 pagine).
Leggiamo, nella presentazione dello standard:
"Programs have proven vital to implementing strategic initiatives—and critical to organizational success. The Standard for Program Management – Fourth Edition is the definitive guide for individuals and organizations seeking to mature their program management practices. It is principle-based, making it a powerful tool for a broad range of organizations, regardless of project delivery approach".
Come si legge nell’appendice X1, relativa agli aggiornamenti della quarta edizione dello standard, il documento, a differenza degli altri, si è orientato da essere “principle based” più che “process based”.
Questa sarà l’impostazione anche per la Bibbia dei PM: il PMBoK settima edizione, che sarà pubblicato quest’anno.
Come riassume molto bene Andrea Innocenti su SIC-DIXIT, la newsletter del PMI Southern Italy Chapter, a proposito del nuovo standard per la gestione dei progetti:
“Anche una semplice scorsa allo standard permette di rendersi subito conto che il nuovo PMBoK sarà molto diverso dal precedente. Il PMBoK 7th edition nella parte standard si concentrerà sulla descrizione di principi e non di processi, con evidente ispirazione al manifesto Agile. Le 24 pagine della bozza di standard trattano sostanzialmente due punti: il delivery value system e i 12 principi".
"Il delivery value system è definito come “the holistic system through which projects deliver business value”; volendo coglierne l’essenza, è il maggior orientamento ai risultati e al valore piuttosto che ai deliverable".
"La nuova versione dello standard, infatti, sottolinea che i progetti non producono semplicemente deliverable, ma, soprattutto, consentono a tali deliverable di raggiungere risultati che forniscono valore all'organizzazione e ai suoi stakeholder: “…empowering individuals to make ideas a reality” recita la brand positioning del PMI.”
Per il futuro, dunque, sarà necessaria una crescente competenza dei PM nell’ambito dei principi “olistici”, che fanno parte del pensiero strategico applicato al business. Spostando il focus del PM dai deliverables ai risultati, in termini di creazione del valore per gli stakeholder.
Dal post successivo vorrei presentare una serie di recensioni di libri e articoli che parlano del legame tra strategia e Project Management.
EU GRANT MANAGER - FOSSR Project Manager - EU Climate Pact Ambassador - Membro GDL CNR PNRR - CEDEFOP VET AMBASSADOR- PRINCE 2 Certification
4 anniDavvero interessante. Sarebbe interessante fare delle sessioni con PM e con la tecnica dello storytelling capire effettivamente quante decisioni "strategiche" prendono!!
Project Manager
4 anniGrazie Enrico, per gli spunti che hai voluto condividere, certamente capaci di stimolare l'approfondimento, e per sottolineare l'importanza della visione "dall'alto". #strategia #pensierostrategico