Quanto è difficile delegare...
Da circa un paio di anni ho ripreso una mia vecchia passione: l’arrampicata sportiva.
L’arrampicata sportiva si distingue dall’alpinismo per l’ambiente in cui si svolge: non si affrontano alte quote, le pareti sono attrezzate con ancoraggi estremamente sicuri e c’è sempre la possibilità di abbandonare la via in sicurezza.
Si tratta di uno sport estremamente sicuro ma potenzialmente mortale. Una contraddizione ? non proprio. Se le procedure di sicurezza sono rispettate con assoluto rigore i rischi di infortunio grave sono paragonabili a quelli di qualsiasi altro sport ma, a differenza degli altri, qui la minima disattenzione o leggerezza si può pagare con la vita. Non esistono vie di mezzo.
La sicurezza nell’arrampicata si basa su un concetto estremamente semplice: sei legato ad un compagno di cordata a cui affidi letteralmente la tua vita. Mentre sali ti devi preoccupare solo (o quasi) dei movimenti necessari alla progressione mentre un altro deve garantire la tua sicurezza: non puoi vedere cosa fa, se esegue tutto correttamente, se è concentrato, se ha il controllo della situazione; devi riporre una fiducia cieca ed assoluta nel tuo compagno di cordata.
Potremmo definirla DELEGA 2.0.
Fidarsi è bene, non fidarsi è peggio
Nell’ambito professionale, così come nella vita quotidiana, ci sono cose che non si possono fare da soli e, anche per i più attivi, le giornate durano ventiquattro ore quindi è semplicemente impossibile pensare di riuscire a fare tutto.
La delega non è una scelta, è una necessità.
Chi non riesce ad accettare questo passaggio, di fatto impedisce la crescita alla propria area di competenza limitandone le capacità a ciò che può gestire personalmente. Immaginate se l’Amministratore Delegato di Toyota pretendesse di controllare di persona ogni auto, difficilmente la produzione potrebbe superare i 2-3 pezzi al giorno (mentre credo che si aggiri attorno ai 37.000 pz).
Ebbene, se non delegate state facendo esattamente questo !
Quindi per progredire è necessario imparare a fidarsi di qualcuno: un amico, un collega, un compagno e quando impari ad affidare la tua vita a qualcuno, fidarti di un collega o di un collaboratore diventa un processo mentale naturale.
È proprio questa la parte più complessa del meccanismo di delega: ha senso solo quando il collaboratore diventa autonomo nello svolgimento di un compito ma questo implica che chi delega non può più controllare come le cose vengono svolte.
Nell’esempio iniziale è evidente come sia impossibile controllare che il compagno di cordata svolga tutte le operazioni necessarie: quando si inizia a salire una parete uno sguardo, un cenno, una battuta bastano a far capire: “Vai tranquillo. Ho il controllo della situazione”. E tanto basta.
Il corretto meccanismo di controllo di attività delegate non risiede più nella verifica dell’operatività, caratteristico della semplice assegnazione di compiti, ma nel rapporto con la persona a cui si è delegato; un reciproco rapporto di fiducia che deve essere costruito (non nasce dal nulla, come per magia): il responsabile deve sapere che il collaboratore perseguirà l’obiettivo secondo i criteri stabiliti e, se si presentasse un problema, il collaboratore si sentirà libero di confrontarsi con il responsabile.
Non si tratta di comunicazione ma di consapevolezza: un livello più profondo della nostra mente.
Accettare la diversità
Quando decidiamo di delegare, il primo ostacolo che incontriamo è il timore di perdere il controllo: sapere che un'attività viene eseguita esattamente come se la facessimo noi stessi ci dà molta sicurezza ma questo non significa che quello che abbiamo sempre scelto sia il metodo migliore.
La difficoltà maggiore si incontra quando il nostro metodo è frutto di anni di esperienza: diventa sempre più complicato accettare che ci siano altre strade per raggiungere lo stesso obiettivo. In realtà spesso le condizioni mutano nel tempo quindi il frutto di tanta esperienza può diventare obsoleto; si devono inoltre valutare le attitudini personali: ad esempio la confidenza con gli strumenti informatici, una diversa capacità creativa, ecc…. possono rendere inefficienti processi che funzionano benissimo per altre persone.
Bisogna quindi accettare l’eventualità che le attività possano essere svolte in modo diverso da quello che si ha in mente o si è fatto in precedenza: approcci differenti non ne pregiudicano necessariamente la buona riuscita, potrebbero anzi rappresentare un’evoluzione.
Nella definizione di una delega devono essere concordati gli obiettivi e gli ambiti di azione dell’attività delegata. tutto quanto rientra in questi ambiti deve essere lasciato alla libera interpretazione del collaboratore.
In fin dei conti, non mi importa se il mio compagno tiene la corda con la destra o con la sinistra, basta che non molli la presa !!
La prossima settimana: La favola del Bel Paese
Scientific Tech House Ceo
8 anniComplimenti. Ben pensato ben scritto
VP Supply Chain & Operations at DEDAR MILANO
8 anniGrazie guido per il tuo contributo. In particolare il primo punto: una buona delega innesca un circolo virtuoso che permette a tutti di crescere. Per questo è così importante
Guida alpina (UIAGM), facilitatore team building, organizzazione e gestione eventi outdoor, formazione e sicurezza in cantiere. Perché limitare le competenze della gestione del rischio all'ambito alpinistico?
8 anniCiao Federico, molto bello e molto ben pensato. Con questo tuo scritto sulla delega verso il proprio "assicuratore" o "collaboratore", mi hai fatto riflettere su altri aspetti che mi piace condividere con te: 1. nell'affidarti il compito di gestire la mia vita, da una parte lascio effettivamente a te il completo controllo di un incombenza tanto importante, contestualmente però, non smetto di farti percepire la mia presenza e quindi l'importanza della tua missione. Immagina in azienda: delegando a qualcuno gli dimostro completa fiducia, conseguentemente non sono sempre a controllare se mi tiene con la mano destra o sinistra, contestualmente però, non mi disinteresso ne di lui ne della missione delegata anzi, continuo ad essere interessato al suo compito, mandando piccoli segnali di presenza, essendo in gioco la mia vita, il mio lavoro, la mia occupazione, progetto; Nell'arrampicata sono principalmente segnali verbali: "occhio, tieni, tira"; così in azienda il contatto deve essere mantenuto altrimenti la delega diventa uno "scarico di responsabilità". 2. ora tocca a me , dopo a te! Nell'arrampicata si è sempre deleganti o delegati, in ogni momento. Così succede che io ho sempre la tensione di fare il meglio che posso, in quanto mi è chiaro che il fallimento di uno è il fallimento della coppia. In azienda la mia delega funziona solo se mi dimostro capace, io stesso, di ricevere deleghe da altri. Solo se sono in grado di ricevere compiti sono in grado di consegnare compiti, a qualunque livello della scala gerarchica. 3. in ultimo. solo se sono davvero capace di delegare, posso ottenere un buon risultato dalla persona a cui ho delegato; cioè: devo accettare il rischio e devo assumermi la responsabilità di poter cadere più del dovuto. ciao
VP Supply Chain & Operations at DEDAR MILANO
8 anniVero Davide Baccan, il punto è scegliere bene a chi delegare. Però devo dire che quando la gente si sente responsabilizzata nel modo giusto può rispondere in maniera sorprendente: guardare negli occhi il tuo compagno di cordata e fargli capire l'importanza di quello che sta facendo trasforma le persone. Lo stesso vale nel lavoro: come dicevo, il rapporto di fiducia si costruisce. E nella mia carriera ho incontrato pochissime persone (forse 2, 3) completamente refrattarie, ma probabilmente io non sono stato in grado di trovare la giusta chiave
Senior Sales Account Manager presso Information Consulting srl
8 anniCredo che il punto vero sia riuscire a valutare le reali capacità del nostro compagno di cordata. Affidare la nostra vita ad una persona incapace di "tenere salda la fune" equivale ad un suicidio! Quindi, la credibilità che attribuiamo al nostro compagno di cordata ci permette si di affidare a lui la nostra vita, ma se non siamo in grado di valutare correttamente la sua credibilità, rischiamo la vita.